Torchwood, stagione 4: Captain Harkness and the Miracle Day

Dopo l'esordio in sordina delle prime due stagioni di Torchwood su Fox Italia, sbarca in prima serata la quarta inedita nata dallo sforzo congiunto di BBC e StarZ.

Vivere per sempre? No, grazie. Lo pensano in molti che l'immortalità non sia questo grande affare. Fossimo vampiri oppure il Dottore, il cruccio maggiore sarebbe la consapevolezza di essere privati dagli amati, destinati a invecchiare e morire. Per i semplici umani che popolano l'affollata Terra di Torchwood: Miracle Day - su Fox da lunedì 12 settembre alle 21, appena concluse le repliche delle prime due stagioni già trasmesse da Jimmy - l'immortalità non coincide con il non invecchiare o il non soccombere alla malattia, ma semplicemente con il non morire. Non immortali, ma solo non mortali, gli abitanti del pianeta blu diventano da un giorno all'altro prigionieri dei propri corpi, non importa quanto grave e debilitante sia la malattia o l'incidente di cui sono vittime. La distopica Torchwood, spin-off della ben più ottimista Doctor Who, approda alla quarta stagione dopo che la terza, Children of Earth, si era conclusa con il più spietato e crudele dei finali, e lo fa fondando la propria esistenza sulla negazione: della Vita, della Morte. Torchwood: Miracle Day mantiene la formula di un'unica storyline spalmata su un'intera stagione (come già per la terza) rinnegando il format a trama verticale delle due precedenti, dieci episodi frutto della neonata co-produzione tra l'inglese BBC e l'americana StarZ. La cable che ha fatto di sesso e violenza in salsa trash il suo marchio di fabbrica si accaparra staff e cast (quello sopravvissuto: solo i personaggi di John Barrowman e Eve Myles sono scampati ai mostri del passato) messi insieme da BBC quattro anni fa.

Protagonisti, quindi, il capitano Jack Harkness, uomo del futuro immortale e pansessuale, e unico membro della Torchwood (l'organizzazione che la regina Vittoria ha fondato a protezione del Regno Unito dagli extra-terrestri) di Cardiff assieme all'ex-poliziotta gallese Gwen Cooper. Russell T. Davies e Julie Gardner - capo-sceneggiatore di Doctor Who 2005 (fino alla quarta stagione) e Torchwood il primo, produttrice di entrambi la seconda - approfittano senza remore della libertà concessa dalla cable; Davies non solo può dare estesamente sfogo alla sessualità di Jack (che finora, sulla BBC nazionale, non aveva potuto esibirsi appieno) ma mette in scena l'osceno, la negazione del compimento della Vita. L'esecuzione della pena capitale su un pedofilo assassino, Oswald Danes, coincide con la fine della Morte: il suo corpo si rifiuta di spegnersi, seguito da quelli del resto dell'Umanità; per quanto martoriati, gli uomini non abbandonano quello che resta dei loro involucri, incapaci di guarire o morire.
Tra questi, Rex Matheson, agente della CIA sbrigativo, insensibile e sfacciatamente omofobo che sopravvive con un buco nel petto dopo essere stato trafitto da un tubo. Lui e la collega Esther, timida e insicura, diventano loro malgrado i nuovi operativi di Torchwood, assieme ai due membri superstiti e da tempo latitanti. Il nome dell'agenzia paragovernativa britannica fa capolino nella Rete in concomitanza con il Giorno del Miracolo, e la connessione tra l'evento e l'istituzione appare sicuro quanto imperscrutabile. Gwen, che vive in una casetta sperduta con il marito Rhys e la figlia neonata Anwen nascondendosi e sopprimendo la nostalgia per l'esistenza avventurosa e rischiosa di un tempo, si unisce al ritrovato Jack e ai due nuovi agenti per svelare il nesso tra Torchwood, la fine della Morte e lo stesso Harkness, il quale ha perso la sua immortalità diventando l'unico uomo della Terra in grado di morire.
Con la migrazione Oltreoceano - Torchwood resta co-prodotta da BBC ma il set rimane solo parzialmente in Galles, il più è ambientato e girato negli Stati Uniti - lo staff degli sceneggiatori si fa a stelle e strisce: accanto a Davies spiccano la Doris Egan di Dr House: Medical Division, ispirata narratrice di relazioni sentimental-affettive con declinazioni bromance, e la Jane Espenson di Buffy, Battlestar Galactica e Caprica. Davies è un grande fan di Buffy - la presenza di James Marsters nella seconda stagione di Torchwood è un omaggio al cult di Whedon - e della Espenson, qui sia sceneggiatrice che co-produttrice nonché responsabile degli episodi più riusciti. Suo lo script della puntata migliore, Nel cuore della notte (la terza), infarcita di velati riferimenti a fatti accaduti e al Dottore (la stagione prodotta da StarZ non è un reboot, ma evita citazioni esplicite legate alla serie madre e al passato dello spin-off), e costellata da deliziose battute basate sulle curiose differenze tra l'inglese americano e quello britannico (come verranno in italiano?) parlato dai vari membri del rinato Torchwood.
Lascia estasiati i geek whoviani e dimostra un'attenta e appassionata conoscenza della serie, la Espenson, tanto che al cospetto delle puntate scritte da lei quelle - la season prèmiere e la season finale - in cui figura Davies come sceneggiatore risultano nettamente inferiori: come al solito il britannico non si regola e svilisce l'esordio americano con scene al limite del sopportabile (l'autopsia sul corpo esploso). Al contrario, si dimostra uno showrunner saggio nel ritardare fino alla terza e settima puntata (Immortal Sins, anche questa della Espenson) l'esibizione esplicita della gaiezza sessuale di Harkness, che con l'avvento di StarZ perde le connotazioni omnisexual (per Jack è appetibile qualsiasi individuo di qualsiasi genere di qualsiasi pianeta) a favore di una più sobria e mirata omosessualità. Le effusioni del Capitano sono state censurate su BBC, emittente nazionale su cui Miracle Day è andata in onda con sei giorni di differita rispetto alla programmazione americana, e resta da vedere che destino subiranno qui in Italia.
Raggiunte le vette della crudeltà, Jack è tornato tra i comuni mortali con un senso di colpa nel cuore che solo l'assassino di bambini Oswald Danes - personaggio che trascende l'ambiguità diviso tra anelito all'autodistruzione e spirito di conservazione - cui basta un attimo per riconoscere in Harkness un'oscurità comune. La figura di Oswald - che ha il volto di un Bill Pullman tutto smorfie e ghigni grotteschi -, dell'ambiziosa e nevrotica PR Jilly Kitzinger - la rossa Lauren Ambrose di Six Feet Under - e dell'immigrato italiano Angelo Colasanto - Daniele Favilli, in grado di riabilitare gli attori compaesani considerati dal pubblico Oltreoceano incapaci di mettere insieme due parole in inglese grazie alla folgorante comparsata della Canalis in Leverage - Consulenze illegali - sono fra loro connesse: tutte sono legate ai responsabili del Miracle Day. Nell'occhio del ciclone, come auspicabile, Jack, ignaro dei termini del suo coinvolgimento nella pandemia, ma risoluto nello scoprire la verità e disposto a rincorrerla da un capo all'altro del mondo, dalla California al Galles, da Shangai a Buenos Aires, mentre la popolazione planetaria aumenta vertiginosamente e i governi mutano in dittature.
Mentre l'economia mondiale collassa, l'umanità deve imparare a convivere con un'immortalità che coincide con un dolore senza fine: a guadagnarci sono le industrie farmaceutiche, come l'onnipotente e potentissima Phicorp, destinata a diventare il fornitore mondiale di antidolorifici e... la padrona del mondo. Il nuovo ordine costituisce l'aspetto più interessante di Torchwood: Miracle Day. Fondato sulla sopravvivenza, scaturisce dal bisogno di ogni singolo governo, il cui Paese si sta sovrappopolando di moribondi che non producono, non muoiono e sono bisognosi di costanti cure mediche, di evitare il collasso a qualsiasi costo.
La soluzione è terrificante quanto prevedibile, specchio di un mondo distopico che trasuda cinismo politico ed economico. Torchwood: Miracle Day è una parabola lunga (troppo) dieci puntate sulla natura più abbietta dell'Uomo, dove le miserie dell'Umanità sono stemperate da rari momenti di affezione e altruismo che soli possono salvare la specie. La stagione costituisce una storia compiuta con un finale chiaro e risolutivo (ma non conclusivo) à la Doctor Who, dove le new entry del cast - l'irritante Mekhi Phifer di Lie to Me, la scialba Alexa Havins, la plasticosa Arlene Tur ai cui personaggi è impossibile affezionarsi e dove le guest - Dichen Lachman (Dollhouse), Nana Visitor (Star Trek - Deep Space Nine), John de Lancie (Star Trek: The Next Generation), Frances Fisher (Eureka), tutti volti noti della fantascienza televisiva - alzano sensibilmente con la loro presenza il gradimento nei confronti degli interpreti.
Avrebbe fatto la differenza, probabilmente, James Marsters (presente nella Top 100 delle icone della Fantascienza del XXI secolo di SFX sia come Spike di Buffy - l'ammazzavampiri che come Capitano Hart di Torchwood; in classifica figurano anche Jack, Ianto e Gwen alle posizioni 3, 6 e 44) ), grande assente di Miracle Day. La presenza di James "Spike" Marsters di nuovo nella divisa del capitano John Hart, l'ennesimo amante di Harkness, sembrava scritta nelle stelle, ma del figlio ideale generato dal matrimonio tra Davies ed Espenson non v'è traccia nonostante la dichiarata disponibilità dell'interprete. Quando rivedremo John Hart?