The Witch, il Male proviene dal bosco nell’horror di Robert Eggers

L'inquietante opera prima del regista Robert Eggers è un horror metafisico ambientato nel New England del diciassettesimo secolo: un film tenebroso e originalissimo, in cui l'elemento della stregoneria e la presunta presenza del Maligno fungono da grimaldelli per scardinare una dopo l'altra le certezze dello spettatore.

I hear her voice/ And start to run/ Into the trees

Fra tutti i generi cinematografici, l'horror sembra essere il più adeguato a indagare i meccanismi della dicotomia tra la realtà e il fantastico, mettendo alla prova i rapporti di forza tra le due rispettive sfere, nonché giocando a delineare - e spesso anche a ridefinire - i confini fra l'una e l'altra. Un'operazione condotta chiamando in causa lo stesso spettatore, esortato ad attribuire statuto di verità o di finzione all'oggetto del proprio sguardo: cosa c'è di reale, dunque, nelle leggende sulle congreghe di streghe (in inglese, i cosiddetti coven) nei boschi del New England?

Leggi anche: All of Them Witches: l'ABC delle streghe sullo schermo

The Witch: una scena del film
The Witch: una scena del film

È l'interrogativo che, in maniera implicita, ci troviamo ad affrontare costantemente nel corso della visione di The Witch, la stupefacente opera prima del regista e sceneggiatore trentunenne Robert Eggers. Già applaudito dalla critica nel 2015 al Sundance Film Festival, con tanto di premio per la miglior regia, e lanciato nelle sale americane un anno più tardi, The Witch, a dispetto (o forse in virtù) di un approccio al genere di appartenenza che non avrebbe potuto essere più anomalo e anticonvenzionale, si è rivelato un piccolo fenomeno in patria, coronato da un cospicuo responso commerciale (venticinque milioni di dollari) per il distributore A24. Ad ennesima conferma che il futuro dell'horror, perlomeno nelle sue ambizioni artistiche, risiede proprio nel cinema indipendente, come già dimostrato un anno fa dall'eccelso It Follows.

Leggi anche: 10 film indipendenti che hanno trasformato il cinema horror

Quella casa nel bosco

The Witch: Ellie Grainger e Lucas Dawson in una scena del film
The Witch: Ellie Grainger e Lucas Dawson in una scena del film

A distinguere The Witch dalla maggioranza dei film dell'orrore contemporanei è innanzitutto l'ambientazione: gli anni Trenta del diciassettesimo secolo, quando William (Ralph Ineson), autoritario padre di famiglia connotato da un estremismo religioso che sfocia nel fanatismo, viene ostracizzato della propria comunità, una colonia di puritani giunti nel New England dalla Gran Bretagna. William, sua moglie Katherine (Kate Dickie) e i loro cinque figli devono perciò allontanarsi dal "mondo civilizzato" e ricostituire un nuovo microcosmo nell'angusto spazio di una fattoria alle soglie di un bosco. Al tema dell'emarginazione sociale, imposta da William a tutti i suoi familiari, si aggiunge così un ulteriore esempio di conflitto: quello tra la fattoria, ovvero lo spazio domestico, estremo baluardo di sicurezza, e la foresta, luogo archetipico dell'ignoto, della minaccia e della perdizione: si pensi del resto al valore della foresta nell'intera tradizione fiabesca europea, ma pure nell'epica cavalleresca dei secoli precedenti.

The Witch: Kate Dickie in una scena del film
The Witch: Kate Dickie in una scena del film

Ed è appunto sul limite fra questi due mondi, la casa e il bosco, che si verifica la prima manifestazione del paranormale, in una scena tanto essenziale nella sua costruzione (una semplice alternanza di campi e controcampi) quanto angosciante nei suoi effetti: la sparizione del neonato Samuel sotto gli occhi sgomenti della primogenita Thomasin (Anya Taylor-Joy). L'evento, nella sua incomprensibilità, provoca le reazioni più disparate tra i vari membri della famiglia; e mentre il secondogenito Caleb (Harvey Scrimshaw), condizionato dal padre, pare sempre più ossessionato dall'idea del peccato originale, e quindi dell'inevitabile dannazione del fratellino non battezzato, Thomasin diventa il bersaglio degli strali della madre, turbata dai primi segni della pubertà sul corpo della figlia, nonché delle accuse dei due maliziosi gemellini Mercy (Ellie Grainger) e Jonas (Lucas Dawson), i quali dichiarano di aver parlato con il loro caprone, Black Philip. Da qui in poi, il racconto procede in precario equilibrio fra l'iperrealismo della ricostruzione d'epoca e dei dettagli ambientali e le innumerevoli suggestioni - stregoneria, satanismo - offerte ad ogni minima svolta della trama.

Il mistero della strega del New England

The Witch: Anya Taylor-Joy e Harvey Scrimshaw in una scena del film
The Witch: Anya Taylor-Joy e Harvey Scrimshaw in una scena del film

The Witch, difatti, fa propria quella dimensione folkloristica e gravida di superstizione espressa fin dal sottotitolo della pellicola, A New-England Folktale, quasi a voler mettere in discussione da subito la veridicità della materia narrativa. Se nel 1999 un'altra strega, ormai proverbiale nell'ambito del cinema horror, sfidava il pubblico ad una sorta di "gioco a nascondino" davanti all'occhio della telecamera nel fortunatissimo The Blair Witch Project, Robert Eggers fa leva su un analogo senso di ambiguità, scegliendo tuttavia di centellinare poche, agghiaccianti sequenze che sembrerebbero denunciare l'effettiva presenza di una strega nelle profondità del bosco. Ma prescindendo da questa rappresentazione demoniaca (per quanto efficace), dove si annida realmente il Male all'interno del film?

The Witch: Ralph Ineson in una scena del film
The Witch: Ralph Ineson in una scena del film

Eggers non ci fornisce facili risposte, preferendo invece disseminare il film di indizi che sta allo spettatore raccogliere e collegare fra loro. Ecco dunque una rete di spunti e di riferimenti che paiono indicare di volta in volta diverse ipotesi di lettura: quella in chiave religiosa, con un padre dispotico, surrogato di un Dio severo e punitivo, che inculca ai suoi figli il dogma della predestinazione delle anime, negando di conseguenza il principio di un'effettiva libertà dell'uomo; il rimando alla mortificazione della carne e ad una sessuofobia di matrice puritana, con il parallelismo tra la figura adolescenziale di Thomasin e la strega, emblema di una femminilità votata al Maligno; e una declinazione dell'orrore dal punto di vista psicologico, laddove il nucleo familiare è trasformato in un coacervo di tabù, di tensioni latenti e di pulsioni inconfessabili.

Leggi anche: The Witch: il primo trailer del film di Robert Eggers

Danzando con il diavolo

The Witch: Harvey Scrimshaw in una scena del film
The Witch: Harvey Scrimshaw in una scena del film

Il Male, pertanto, è un'entità 'aliena', identificabile magari nel sinistro caprone soprannominato Black Philip (sinistro perché noi siamo indotti a considerarlo tale), o è invece endemico all'essere umano e pronto ad affiorare al calar delle tenebre? The Witch non scioglie il dilemma, né tantomeno punta a spiazzare il pubblico con twist improvvisi e capovolgimenti narrativi. Il suo vero punto di forza non risiede nell'intreccio, piuttosto lineare nel suo sviluppo, ma nella capacità immersiva ottenuta grazie ad una straordinaria messa in scena: per il rigore della macchina da presa, per l'inquietantissima colonna sonora di Mark Korven, per il fondamentale apporto dei costumi di Linda Muir, per la fotografia di Jarin Blaschke, con il suo inflessibile utilizzo della luce naturale e i richiami alla pittura olandese del Seicento; insomma, per una rievocazione minuziosa che passa anche per l'assoluta credibilità degli interpreti, i quali si esprimono addirittura in inglese antico.

The Witch: Anya Taylor-Joy in una scena del film
The Witch: Anya Taylor-Joy in una scena del film

La potenza di The Witch, allora, sta proprio qui: nel contrasto stridente fra la materialità impeccabile dei volti, dei corpi, dei luoghi e degli oggetti, una materialità tale da protrarre al massimo grado la nostra sospensione dell'incredulità, e la sua essenza metafisica, in base alla quale ogni elemento presentato davanti ai nostri occhi - il corvo, il caprone, perfino i due gemellini dal ghigno malefico - potrebbe o meno farsi metafora di qualcos'altro. Spingendoci a chiederci se davvero laggiù, in una radura nel bosco, le streghe si riuniscano per danzare insieme a Lucifero, o se il loro sabba non sia invece un parto della mente malata dei protagonisti (e forse della nostra).

Movieplayer.it

4.0/5