The Silent Man: il Watergate e la vera storia di Gola Profonda

A breve distanza da The Post arriva nelle sale un altro dramma ambientato durante la tormentata Presidenza Nixon: The Silent Man di Peter Landesman, un film che racconta lo scandalo Watergate adottando il punto di vista di Mark Felt, l'informatore soprannominato dai media Gola Profonda.

The Post: Tom Hanks e Meryl Streep in una scena
The Post: Tom Hanks e Meryl Streep in una scena

Nel bizzarro gioco delle coincidenze e dei parallelismi involontari, due film usciti a poche settimane di distanza l'uno dall'altro si sono trovati coinvolti in una sorta di "confronto indiretto", accomunati dalla medesima ambientazione: l'America di Richard Nixon, alla vigilia del massimo scandalo nell'intera storia politica statunitense. Ad attirare maggior attenzione, un ampio successo di pubblico e diversi riconoscimenti è stato il più blasonato dei due: The Post di Steven Spielberg, magistrale ricostruzione della vicenda della tormentata pubblicazione dei Pentagon Papers.

Ma in patria, con tre mesi di anticipo su The Post nelle sale era già approdato The Silent Man, in originale Mark Felt: The Man Who Brought Down the White House, stesso titolo del libro autobiografico di uno dei protagonisti 'invisibili' del caso Watergate: Mark Felt, direttore associato dell'FBI (ovvero il numero due nella gerarchia del Bureau), vale a dire l'uomo nascosto dietro il celebre pseudonimo di Gola Profonda.

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The Silent Man: Liam Neeson e Diane Lane in un momento del film
The Silent Man: Liam Neeson e Diane Lane in un momento del film

La talpa

The Silent Man: Liam Neeson in un momento del film
The Silent Man: Liam Neeson in un momento del film

Terza prova da regista dello sceneggiatore Peter Landesman, dopo la ricostruzione dell'omicidio di John F. Kennedy in Parkland (2013) e il dramma giudiziario a sfondo sportivo Zona d'ombra (2015), The Silent Man è passato pressoché inosservato negli USA lo scorso autunno, a differenza di quanto accaduto all'acclamata pellicola di Spielberg. Un insuccesso dovuto probabilmente al ritmo compassato del film e al suo approccio volutamente antispettacolare, tutto imperniato sulla prospettiva del dirigente dell'FBI Mark Felt, interpretato da Liam Neeson, nel periodo compreso fra il maggio 1972, con la morte di J. Edgar Hoover, il giugno del medesimo anno, con l'arresto di cinque intrusi nel Watergate Hotel, colti in flagrante nella sede del comitato nazionale del Partito Democratico, e l'agosto 1974, con le dimissioni del Presidente Richard Nixon nel bel mezzo del suo secondo mandato.

The Silent Man: Liam Neeson e Tony Goldwyn in una scena del film
The Silent Man: Liam Neeson e Tony Goldwyn in una scena del film

In sostanza, nel rievocare una delle pagine più note e più buie dell'America del ventesimo secolo, The Silent Man decide di porsi come ideale 'controcampo' rispetto al più famoso film mai realizzato a proposito del caso Watergate e della Presidenza Nixon: Tutti gli uomini del Presidente. Il classico di Alan J. Pakula del 1976 ricostruiva la vicenda unicamente attraverso le indagini condotte dai giornalisti del Washington Post Carl Bernstein e Bob Woodward; nella pellicola di Landesman, in cui a Woodward è riservata solo una breve apparizione (impersonato da Julian Morris), il tramonto dell'era di Nixon è raccontato invece mediante lo sguardo disilluso e amareggiato di Mark Felt, a cui l'interpretazione di Neeson conferisce una gravitas che riflette il profondo senso morale di questa figura, costretta ad agire nel silenzio e nell'anonimato. Perché Felt, la seconda carica per importanza dell'FBI, è la "talpa" (in inglese il ben più incisivo rat) che farà tremare la Casa Bianca, l'informatore che tradisce il proprio ruolo e i propri colleghi allo scopo di difendere il suo paese.

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L'FBI e l'ombra del potere

The Silent Man: Liam Neeson in una scena del film
The Silent Man: Liam Neeson in una scena del film

The Silent Man ripercorre dunque in un'ora e quaranta di durata le tappe principali del Watergate e le rivelazioni di Mark Felt, senza commettere l'errore di adagiarsi su uno stile eccessivamente didattico e informativo, ma illustrando in filigrana anche il cambiamento radicale della natura stessa dell'FBI subito dopo la morte del super-direttore J. Edgar Hoover, depositario dei segreti più o meno oscuri di quasi tutti gli uomini di potere dell'America di quegli anni. E Landesman sfiora più volte questo intreccio fra i corsi e ricorsi della storia contemporanea e i dilemmi etici di una grande nazione in una drammatica fase di crisi: è, in fondo, l'aspetto più riuscito di The Silent Man, un thriller atipico che si fa apprezzare per il rigore del racconto (pur risultando privo di sequenze davvero memorabili) e per la perenne cupezza delle atmosfere (la fotografia di Adam Kimmel è tutta giocata sui toni della penombra).

The Silent Man: Diane Lane in un momento del film
The Silent Man: Diane Lane in un momento del film

Il maggiore limite dell'opera di Landesman risiede invece in una certa difficoltà nel gestire una materia narrativa tanto complessa, un difetto dovuto probabilmente ad alcune drastiche scelte in sala di montaggio: una serie di tagli dei quali, a fare le spese, è stata in particolare la sezione dedicata alla vita privata e familiare di Mark Felt. Perché dietro The Silent Man a tratti sembra far capolino un altro film, ben più ampio e complesso: un film di cui sono rimasti solo sporadici frammenti, affidati alla presenza dolente di Diane Lane nel ruolo di Audrey, la moglie di Felt. Una donna fragile e tormentata, che nel 1984 si sarebbe tolta la vita con un colpo di pistola, ma a cui la pellicola dedica solo una manciata di minuti; così come risulta poco più di una comparsa, in prossimità del finale, la loro figlia ribelle Joan (Maika Monroe), unitasi a una comunità hippie. Tanti, troppi spunti e percorsi possibili, talvolta appena accennati e condensati a fatica in un film che offre comunque un'interessante 'finestra' su un capitolo fondamentale della storia americana.

Movieplayer.it

3.0/5