The Ring 3 e una maledizione che cerca di ammodernarsi

Un po' sequel e un po' reboot, il terzo capitolo occidentale di The Ring riprende la storia della maledizione che tutti conosciamo e cerca di rilanciarla verso nuovi e più moderni sviluppi.

The Ring 3: un inquietante primo piano di Bonnie Morgan
The Ring 3: un inquietante primo piano di Bonnie Morgan

C'era una volta Ringu, fenomeno dell'horror giapponese datato 1998 e diretto da Hideo Nakata partendo dal romanzo omonimo di Koji Suzuki. Se ne parliamo in termini di fenomeno non è soltanto per il suo interesse puramente cinematografico, comunque presente, ma perché è riuscito a dar vita ad un vero e proprio franchise, con sequel orientali e un remake americano del 2002, The Ring, che a sua volta ha dato vita ad un seguito già nel 2005 (diretto proprio da Nakata, dopo che il precedente aveva visto la firma di Gore Verbinski) per poi raggiungere una fase di quiete.

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Ma come tutti i più pericolosi vulcani, questa quiete era destinata ad interrompersi ed ecco che quest'anno un nuovo capitolo della saga di Sadako/Samara (a seconda di quale filone preferiate, se nipponico o americano) arriva nelle nostre sale, pronto a riprendere ciò che era stato impostato nel decennio precedente e a cercare di modernizzarlo e rilanciarlo per ulteriori sviluppi futuri, guardando al mondo che ci circonda e cercando di accantonare l'iconica VHS a vantaggio di un più contemporaneo file video.

Il ritorno di Samara

The Ring 3: Aimee Teegarden in una scena del film
The Ring 3: Aimee Teegarden in una scena del film

Questo nuovo capitolo, intitolato in modo esplicito The Ring 3 qui in Italia (in originale sfrutta il plurale in Rings), apre con ben tre diversi incipit, dimostrando fin da subito di non avere ben chiaro in mente quale dovesse essere il vero cuore del film: in prima battuta ci troviamo su un aereo, in una scena che sa più di Final Destination che di The Ring e facciamo la conoscenza di un giovane che ha visto la fantomatica cassetta e si trova in procinto di veder scadere i suoi 7 giorni; nel secondo facciamo la conoscenza di Gabriel e la studentessa Skye ad una vendita casalinga, dove l'uomo entra in possesso di un vecchio videoregistratore con al suo interno la videocassetta maledetta; nella terza arriviamo finalmente a Julia e Holt, insieme per gli ultimi momenti prima che lui parta per il college.

The Ring 3: Matilda Anna Ingrid Lutz e Johnny Galecki in una scena del film
The Ring 3: Matilda Anna Ingrid Lutz e Johnny Galecki in una scena del film

Se diciamo finalmente è perché sono questi due, ed in particolare Julia, i veri protagonisti di The Ring 3, perché è attorno a loro che si sviluppa il racconto. Infatti sarà Holt, al college, ad entrare nel giro del già citato Gabriel, suo professore di biologia, che da quella cassetta trovata per caso ha messo in piedi quello che potremmo definire un gruppo di studio, con una vera e propria ricerca scientifica che, con risvolti macabri, si concentra sul video di Samara, instituendo un sistema complesso che offre una copertura, che chiama coda per chi guarda il video ormai digitalizzato su computer per semplificare la diffusione ed ha necessità che un altro lo guardi entro i fatidici sette giorni.
Un sistema che non può, ovviamente, funzionare a lungo, lasciando il campo a tensioni e l'inevitabile reazione di Samara.

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L'approccio scientifico

The Ring 3: Johnny Galecki in una scena del film
The Ring 3: Johnny Galecki in una scena del film

Se questo spunto della ricerca di Gabriel ci è apparso interessante per offrire una variazione sul tema della maledizione già nota di The Ring, così come l'introduzione del file video per proporre una versione moderna dell'ormai obsoleta VHS, si tratta di una ventata di novità destinata a non durare a lungo e venir accantonata piuttosto presto per rientrare su binari narrativi più sicuri e banali, offrendo allo spettatore una seconda parte convenzionale quanto confusa: la seconda metà di The Ring 3, infatti, punta a proporre una non necessaria origin story per Samara e classici spaventi preconfezionati che non rendono giustizia ad alcune scelte visive interessanti che il regista F. Javier Gutiérrez aveva saputo mettere in piedi.

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Vittime dell'incertezza

The Ring 3: Vincent D'Onofrio in una scena del film
The Ring 3: Vincent D'Onofrio in una scena del film

In un film che sembra non sapere esattamente che strada dover prendere, quelli che hanno la sorte peggiore sono i personaggi: se in qualche modo si salva il professor Gabriel, affidato al Johnny Galecki di The Big Bang Theory, sorte peggiore hanno la Julia di Matilda Lutz, l'Holt di Alex Roe e la Skye di Aimee Teegarden, ai quali manca un minimo di background che dia un senso alle loro storie e le loro motivazioni, oltre che creare un minimo di legame empatico con lo spettatore, mentre è assolutamente sprecato Vincent D'Onofrio nel ruolo dell'ex prete Galen Burke, col quale Julia entra in contatto nella sua ricerca per scoprire la storia di Samara e cercare di fermare la sua maledizione.

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Abbiamo accennato alla maggior semplicità di diffusione garantita dal formato digitale ed è un punto che, senza rivelare dettagli importanti, avrà un valore importante in un eventuale futuro del franchise di The Ring. Ammesso che questo terzo capitolo occidentale riesca a racimolare abbastanza introiti da giustificarne uno.

Movieplayer.it

2.0/5