Recensione The Man in the High Castle 3: la serie trova il suo equilibrio, tra distopia e realtà

La recensione della terza stagione di The Man in the High Castle, progetto di Amazon tratto dal romanzo di Philip K. Dick.

The Man in the High Castle torna sugli schermi con la terza stagione della serie prodotta da Amazon Studios tratta dal romanzo di Philip K. Dick La svastica sul sole. Gli eventi al centro dei nuovi episodi sono ambientati in una realtà alternativa in cui gli Stati Uniti non esistono più e il territorio è stato suddiviso tra gli Stati Giapponesi del Pacifico e il Grande Reich Nazista, due realtà divise dagli Stati delle Montagne Rocciose, una Zona Neutrale.
Juliana Crain (Alexa Davalos) nella prima stagione conduceva una vita tranquilla a San Francisco insieme al fidanzato Frank (Rupert Evans), ma tutto è cambiato quando la sua sorellastra Trudy le ha affidato la pellicola di un filmato intitolato La cavalletta non si alzerà più in cui si mostrano gli Alleati sconfiggere la Germania e il Giappone, prima di essere uccisa dalla polizia giapponese.

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The Man in the High Castle: un'immagine tratta dagli episodi della terza stagione

La trama dei nuovi episodi tra eroi nazisti e ricordi inaspettati

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The Man in the High Castle: un'immagine della terza stagione

Quell'evento ritorna al centro della storia nelle puntate inedite in cui la protagonista cerca di capire come sia possibile il ritorno di Trudy (Conor Leslie) nella sua vita e il fatto che la sorella pensasse che fosse stata lei a morire. Il percorso che compierà Juliana per far emergere ricordi inaspettati e capire la situazione sarà assolutamente centrale nella nuova stagione, conducendo a un cliffhanger riguardante il personaggio principale che suscita la voglia di scoprire la continuazione della storia nel già annunciato quarto ciclo di episodi.
Nel frattempo John Smith (Rufus Sewell), pur compiendo un'ascesa nella gerarchia nazista, deve fare i conti con chi vorrebbe arrestarne la carriera e con il dolore causato dalla morte del figlio, diventato un simbolo di eroismo tra le fila dei nazisti. Sua moglie Helen (Chelah Horsdal), invece, inizia a cercare una via d'uscita che permetta alle figlie di vivere al sicuro e sembra incapace di accettare la morte di Thomas (Quinn Lord).
La trama della terza stagione di The Man in the High Castle approfondisce anche la storia di Nicole (Bella Heathcote), al lavoro per la propaganda nazista, ma la cui vita sentimentale potrebbe diventare per lei un problema, senza dimenticare nemmeno Ed McCarthy (Dj Qualls), Frank (Rupert Evans) e Robert (Brennan Brown) che cercano di capire che direzione dare alla propria vita, o del ministro Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa) che potrebbe rischiare molto per proteggere una persona speciale.

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Una sceneggiatura ben strutturata che conduce ad un finale emozionante

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Il gran numero di personaggi e storie da seguire in parallelo, come già accaduto in precedenza, rende la prima parte della stagione piuttosto intricata e frammentata, tuttavia la scelta di far vivere a Juliana un'inaspettata reunion permette di gettare le basi per un'evoluzione più coinvolgente nella parte finale di questo capitolo della storia, conducendo lo spettatore a due episodi finali che emozionano, sconvolgono e convincono.
Dal punto di vista narrativo, oltre ai dilemmi personali e sociali affrontati dai protagonisti, la serie tv approfondisce in queste dieci puntate l'idea che i nazisti ritengano necessario distruggere e cancellare gli elementi storici più iconici della storia americana per impossessarsi totalmente della nazione. In questo contesto risultano particolarmente potenti a livello visivo il destino di due dei simboli della storia e dei valori statunitensi come la Liberty Bell e la Statua della Libertà, al centro di due delle sequenze più forti e significative della stagione. Gli autori, con molta intelligenza e un pizzico di tragica aderenza alla realtà contemporanea, trasportano il pubblico in un mondo in cui terrore, anti-semitismo e omofobia, ma non solo, sono la norma e hanno tragiche conseguenze su più di uno dei protagonisti.
Gli elementi sci-fi, tipici delle opere di Philip K. Dick, continuano comunque a essere sviluppati e il mistero delle due dimensioni viene affrontato in modo progressivo fino al season finale in cui non mancano azione e momenti drammatici.

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Uno degli aspetti che, rispetto alle precedenti puntate, viene valorizzato meglio e con più attenzione è il valore della speranza e della capacità di non rinunciare alla propria unicità e identità, concetto che viene sviluppato in modo convincente tramite la storia di alcuni personaggi come Frank ed Ed, e grazie ai dilemmi della moglie di Smith e dello stesso leader nazista, posto di fronte alle conseguenze della morte di Thomas. I tentativi di Juliana di convincere altre persone a provare a lottare per trasformare la propria realtà in quella mostrata nei filmati, una protesta che termina nel fuoco e nel caos, e il desiderio di ribellarsi appendendo delle immagini "vietate" portano a far emergere con realismo il modo in cui l'uso delle immagini acquista un ruolo fondamentale, in entrambi gli schieramenti, analizzando il modo in cui i mezzi di comunicazione e i simboli possono plasmare la società o, al contrario, alimentare una ribellione che vada contro le autorità.
Gli sceneggiatori hanno poi continuato a sviluppare in modo interessante l'approccio politico dei personaggi, come accade con Tagomi che cerca di trovare una soluzione pacifica ai conflitti, essendo a conoscenza di quello che è accaduto nelle dimensioni parallele, pur prendendo una posizione netta se le persone che ama sono in pericolo. Sewell rende invece Smith un protagonista assoluto di questa stagione con una performance ricca di sfumature in cui emergono i suoi dubbi, una grande malinconia pensando al destino del figlio, e problemi nel rapportarsi ai metodi del Reich, seguendo però al tempo stesso la sua ambizione e capacità di sfruttare ogni situazione a proprio favore.

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The Man in the High Castle: una foto della terza stagione

Juliana, una protagonista femminile convincente

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The Man in the High Castle: una foto di Alexa Davalos

La buona riuscita degli episodi è legata però ancora una volta ad Alexa Davaloss e alla sua Juliana, presenza fondamentale per far compiere dei passi in avanti alla storia seguendo in modo parallelo la costruzione della Resistenza e i piani dei nazisti. L'attrice sostiene con bravura il peso posto sulle sue spalle rendendo il personaggio complesso e credibile nella sua voglia di lottare e nelle sue fragilità emotive, sottolineando la forza dei legami con le persone che ama e il suo spirito ribelle che la portano a rischiare tutto pur di provare a cambiare il proprio mondo. Le nuove puntate continuano inoltre a trovare il modo di proporre dei personaggi femminili non stereotipati e interessanti: da Helen che si ritrova alle prese con il lutto e con una situazione in famiglia da cui cerca una via d'uscita, all'affascinante Nicole la cui storia apre nuovi scenari narrativi.

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The Man in the High Castle: Bella Heatchote in una foto della terza stagione

Dispiace invece un po' che lo spazio dedicato a Stephen Root e Ann Magnuson sia forse meno di quanto ci si potrebbe aspettare, considerato il ruolo essenziale di Hawthorne e Caroline nel mistero al centro della trama, mentre è estremamente piacevole l'inserimento di alcune parti più leggere e divertenti grazie alle interpretazioni di DJ Qualls e Brennan Brown in alcune scene di passaggio all'interno di una storia così tanto ricca di spunti seri. The Man in the High Castle non esista infatti a portare in scena amori che sfidano le convenzioni sociali, le conseguenze del razzismo, i tentativi di affrontare il lutto e sacrifici estremi, cercando sempre una chiave per rendere gli eventi attuali e significativi per lo spettatore. Il mix di elementi sci-fi, come i viaggi tra le varie dimensioni, e rappresentazione accurata di come sarebbe stata la vita se la seconda guerra mondiale avesse avuto un esito diverso continua a funzionare in modo quasi impeccabile, pur dovendo fare i conti con una struttura costruita senza mai affrettare i tempi o l'evolversi della situazione, scelta che potrebbe non conquistare il pubblico poco disposto ad apprezzare una narrazione che possiede un proprio ritmo e non cerca scorciatoie e colpi di scena sconvolgenti, preferendo invece curare in ogni minimo dettaglio la costruzione del mondo creato tra le pagine da Dick e sfruttare nel migliore dei modi il proprio cast, arricchito anche dall'arrivo di Jason O'Mara con il ruolo di Wyatt Price, di cui è affascinante scoprire le alleanze e le motivazioni puntata dopo puntata.

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Una terza stagione convincente e stimolante

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The Man in the High Castle: una foto della terza stagione

Dopo due stagioni in cui la necessità di costruire un mondo così complesso aveva penalizzato un po' la narrazione, The Man in the High Castle ha trovato finalmente il suo ritmo e un equilibrio in grado di dare il giusto spazio a entrambi gli schieramenti politici, ai tanti personaggi e agli elementi sci-fi inseriti nella narrazione. L'ottimo livello tecnico e artistico raggiunto dalla produzione targata Amazon riesce a trasportare gli spettatori in un mondo distopico contraddistinto da tanti legami con la realtà contemporanea e in cui tematiche ancora attuali, nonostante la loro ambientazione nel passato, spingono a riflettere sulle conseguenze delle scelte politiche e sociali compiute dagli individui, attraverso ritratti di persone alle prese con una quotidianità complessa in cui anche i rapporti umani subiscono le ripercussioni delle strategie dei potenti. I dieci nuovi episodi sanno mantenere alta l'attenzione e una serie di rivelazioni e di svolte inattese stabiliscono le fondamenta su cui verrà innalzata la trama della quarta stagione che già si preannuncia molto intrigante e interessante, anche grazie ad alcuni nuovi arrivi tra i personaggi la cui evoluzione potrebbe essere centrale per la vita dei protagonisti.