Recensione Paranoid Park (2007)

L'utilizzo di un montaggio non lineare e soprattutto un uso originale di musiche ed effetti sonori rendono questo film uno sguardo affascinante ed ipnotizzante, ma anche e soprattutto pessimista, sul mondo degli adolescenti di oggi.

Teenage Wasteland

Un ritorno a Cannes molto atteso quello di Gus Van Sant, vincitore della Palma d'oro nel 2003 con Elephant. Il suo nuovo film, Paranoid Park, tratto dall'omonimo romanzo di Blake Nelson, è di quelli che non passano inosservati, grazie allo stile personalissimo che prosegue e amplifica le sperimentazioni delle ultime opere, ovvero lo stesso Elephant e Last Days, e continua ad esprimere con grande forza il malessere e l'angoscia esistenziale tipica degli adolescenti.

A differenza però dei giovani killer del liceo Columbine o della rockstar suicida Blake, in questo caso il malessere del giovane protagonista del film ha una causa ben precisa. Alex è un ragazzo come tanti; è timido, frequenta il liceo, ha una ragazza con cui non ha niente in comune se non l'attrazione fisica, una migliore amica che ha una cotta per lui, un gruppo di amici con cui allenarsi allo skateboard e dei genitori separati in procinto di divorziare; la sua vita e il suo umore cambiano drasticamente dopo una visita notturna allo skatepark malfamato del titolo, in cui per accidente uccide una guardia giurata.

Discrete le interpretazioni degli attori, in particolare il protagonista Gabe Nevins chiamato alla difficile prova di esprimere i dubbi, i sensi di colpa e l'inevitabile mal de vivre che si porterà appresso molto a lungo: in più punti si nota l'inesperienza tipica del debutto - com'è noto gli adolescenti sono quasi tutti esordienti e selezionati via Internet - e una scarsa naturalezza soprattutto negli insistenti primi piani. Ma non sono certamente questi gli aspetti che interessano al regista, perché fin da subito è la forma a prendere il sopravvento sul contenuto (ma mai a schiacciarlo) e a rendere così personale ed affascinante la pellicola. L'utilizzo di un montaggio non lineare, di numerosi slow motion, il frequente passaggio tra Super 8 (utilizzato per le sequenze sullo skateboard) e 35mm (splendidamente fotografato da Christopher Doyle che torna a lavorare con il regista americano quasi 10 anni dopo Psycho) e soprattutto un uso originale di musiche ed effetti sonori rendono questo Paranoid Park uno sguardo affascinante ed ipnotizzante, ma anche e soprattutto pessimista, sul mondo degli adolescenti di oggi.

Movieplayer.it

4.0/5