Recensione Matrimonio alle Bahamas (2007)

Il film di Risi si propone chiaramente come una commedia disimpegnata che mira soltanto a far divertire il pubblico senza troppa volgarità, senza nudi o scene di sesso, cercando di puntare sui buoni sentimenti.

Te presento i miei

Sfornato con largo anticipo rispetto alla classica distribuzione natalizia, il cinepanettone di Massimo Boldi e soci continua anche quest'anno la tradizione del film comico italiano dal sapore esotico. Matrimonio alle Bahamas, ambientato tra Roma, Miami e le isole del titolo, prova a coniugare l'umorismo più becero della commedia italiana (o sarebbe meglio dire della televisione italiana) con i college movie demenziali americani e i film di Ben Stiller, più un'immancabile dose di comiche per giocarsi la carta della risata anche sulla goffaggine di gesti e movimenti dei protagonisti.

Due anni dopo il divorzio dal socio storico Christian De Sica, Boldi ci riprova ed insieme ad un gruppo collaudato di amici attori che parlano per barzellette lancia la sua personale sfida al botteghino pre-festivo, sostenendo la presunta diversità del suo nuovo film rispetto alle classiche commedie natalizie senza storia. Scritto dai fratelli Vanzina e diretto da Claudio Risi, che torna al cinema sedici anni dopo la sua ultima fatica e che ricordiamo soprattutto per essere stato il regista del telefilm cult di fine anni '80, I ragazzi della 3 C, Matrimonio alle Bahamas ha come protagonista una strampalata famiglia di casa a Roma ma proveniente da diverse parti d'Italia. Figlia della strana coppia Massimo Boldi - Anna Maria Barbera è una studentessa di economia che si è appena vista spezzare il cuore da un bellimbusto milanese, ma trova rapido conforto tra le braccia di un ricchissimo rampollo dell'alta società americana. La ragazza si è infatti trasferita a Miami per proseguire i suoi studi universitari e lì ha incontrato quel ragazzo che la porterà all'altare nientemeno che alle Bahamas, che diverranno così teatro dello scontro di classe tra i ricchi e viziati americani e la povera e cafona grande famiglia italiana.

Il film di Risi si propone chiaramente come una commedia disimpegnata che mira soltanto a far divertire il pubblico senza troppa volgarità, senza nudi o scene di sesso, cercando di puntare sui buoni sentimenti e sull'esaltazione della condizione "poveri ma felici". Scopiazzando qua e là pellicole come Ti presento i miei e Tutti pazzi per Mary, i Vanzina creano una storia così banale che non può che puntare sui luoghi comuni, sui conflitti più stereotipati tra poveri e ricchi, tra italiani e americani, ma che anestetizza immediatamente ogni ipotesi di coinvolgimento facendo morire presto l'interesse verso simili sciocchezze. Non giovano certo al film gli abbondanti ed evidenti tagli operati in fase di montaggio, che si fanno beffe di personaggi e storie di contorno, e non possiamo certo pretendere per pellicole del genere che sia la storia ciò che conti veramente, perché dovrebbero essere in primis le varie gag messe insieme a suscitare il nostro divertimento, ma di fronte ad un film che non riesce a sfruttare neppure le immense potenzialità del trash per lo spettatore dotato di un minimo di intelligenza (e quindi di pretese rispetto all'opera che vede) non pare esserci nessuna via di scampo. Non c'è un solo guizzo, uno sketch godibile, una battuta degna d'essere accolta con una risata ed una simile operazione non può che provocare in noi solo tanta tristezza, pensando soprattutto a come vadano sciupati attori capaci come la Barbera, intrappolati nel solito personaggio-mostro che non riescono più a scrollarsi di dosso. E cosa dire di quei camei dalle tinte decisamente horror di personaggi che col cinema non c'entrano davvero nulla, come Gigi Marzullo e Solange?

E' imbarazzante guardare un film come Matrimonio alle Bahamas perché, di fronte ad una comicità così spicciola e riciclata, non ci sfiora mai il brivido del divertimento, ma sorgono spontanei soltanto inquietanti interrogativi: ma perché in America tutti parlano un italiano perfetto e l'unica ad avere quell'artificioso accento americano è solo Victoria Silvstedt, la Barbie tutta plastica e niente cervello che torna sempre buona quando si mettono in piedi film simili? Perché i personaggi di tali commedie sono costretti sempre a comportarsi nel modo più stupido possibile per conquistarsi le nostre simpatie? E perché gli incassi danno sempre ragione a simili operazioni? Alla fine però anche queste domande non hanno una reale importanza, perché non c'è nemmeno il tempo di digerire il cinepanettone d'antipasto di questo Natale che già ce ne sarà uno pronto da mandar giù il prossimo anno. Ah le tradizioni, come possono essere indigeste certe volte.