Recensione Neds (2010)

Nel film di Peter Mullan tutto è come deve essere: la descrizione degli ambienti proletari, l'utilizzo del turpiloquio come lingua a sé; se qualcosa non convince, però, è l'accumulo di informazioni che riceviamo sul giovane protagonista, senza che nessun elemento riesca ad essere la chiave giusta per spalancare il suo mondo.

Svegliatevi Neds

John McGill è un ragazzino sveglio e pieno di interessi che a scuola dà il meglio di sé. E' l'esatto opposto del padre, un rozzo e violento fabbricante di arnesi da lavoro e soprattutto dal fratello Benny, il bullo incontrastato del quartiere. John è la dimostrazione che si può essere diversi, che ci si può isolare dalle cattive compagnie, magari leggendo un buon libro o vedendo in tv le avventure di Robinson Crusoe. Poi qualcosa inizia a cambiare. Appartenere ad una famiglia irrimediabilmente segnata agli occhi della società, diventa un peso insostenibile per il ragazzo che decide di saltare lo steccato e di passare dall'altra parte della barricata. "Volevate il delinquente? Eccovi il delinquente", dice con rabbia mentre lancia dei petardi nella ricca casa dell'amico che lo aveva allontanato perché mal visto dalla famiglia. L'escalation di violenza di cui si rende protagonista diventa inarrestabile. Inizia a rubare, usare il coltello, sniffare colla. In un'accesso di ira pesta selvaggiamente il padre e soprattutto riduce in fin di vita Canta, un ragazzino che anni prima lo aveva tormentato a scuola. Ad un passo dal baratro, John cerca di tornare in carreggiata, ma il ritorno in classe non rappresenta il cambio di marcia sperato. Forse la risposta ai suoi tormenti è nella persona che lui ha brutalmente offeso.

Neds è il termine inglese con cui si indicano i "non educated delinquents". La locuzione appare in realtà piuttosto bizzarra, visto che per definizione i delinquenti non sono degli educati; in questo caso Peter Mullan, regista di Neds, presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2010, va oltre le semplici parole, per lanciare un grido d'accusa contro la "non educazione", quella distruttiva mancanza di punti di riferimento che può risultare letale per un giovane poco svezzato. Nella Scozia degli anni '70 le autorità scolastiche si limitano a stilare graduatorie di merito, a classificare gli studenti in base alle loro potenzialità (la classe A è la migliore, la più ambita, la R raccoglie i disadattati), i genitori non si accorgono dei loro figli, ignorandone ogni attività. In questa assenza, la logica del gruppo, della banda, diventa l'humus ideale per la crescita di adolescenti violenti. La città è una giungla (non quella "placida" a cui allude il bel finale del film) in cui anche il più meritevole dei ragazzi può improvvisamente deviare dal suo sano percorso e diventare un criminale.

Peter Mullan, Leone d'Oro nel 2002 per l'ottimo Magdalene, si conferma regista di grande spessore, perfettamente a suo agio nel raccontare storie al limite (con parecchi riferimenti autobiografici), intrise di profonda violenza, cautamente disperate e dipinge il ritratto potente di un giovane che cerca con ostinazione la sua strada. Non ci riesce con la scuola, sebbene sia un secchione, destinato a grandi successi e non ce la fa nemmeno diventando un bullo, ripercorrendo le orme tracciate da un cattivo maestro come il fratello. Deve ripartire allora da un rapporto diverso, finalmente umano, con il ragazzo che, in un modo o nell'altro, ha segnato la sua esistenza.

Tutto nel film è come deve essere: le facce giuste degli attori, la descrizione degli ambienti proletari, l'utilizzo del turpiloquio come lingua a sé, le dinamiche tra i vari membri della famiglia McGill, abituati da sempre a sopportare "cristianamente" i dolori della vita e per questo incapaci di rifiutare davvero quelle situazioni deprimenti (la violenza del capofamiglia, come marito e come padre). Se qualcosa non convince nell'opera dell'autore scozzese, però, è l'accumulo di informazioni che riceviamo sul protagonista, interpretato dal bravo Connor Mccarron. Si dicono tante cose su di lui, tutte importanti, ma nessun elemento riesce ad essere la chiave giusta per spalancare la porta di John McGill. Senza questo approfondimento, Neds resta un film duro, emozionante, in certi punti perfino brillante (la zuffa fra bande al ritmo di Cheek to cheek, la lotta onirica tra il protagonista, ormai in preda ai fumi della droga, e Gesù) ma non completamente "riuscito".

Movieplayer.it

3.0/5