Recensione Black Sheep (2006)

Ci si aspetta di più da un'idea, che almeno sulla carta si dimostra accattivante, ma in assenza di una struttura narrativa convincente, e di altri elementi fondamentali, l'idea stessa si spegne prima dei titoli di coda.

Stregati dalla Lana

A conclusione di un'estate cinematografica non particolarmente ricca di titoli horror degni di nota, arriva nelle nostre sale Black Sheep, debutto alla regia di Jonathan King, ambientato nelle verdi distese della Nuova Zelanda, nelle quali fa ritorno il giovane Henry, figlio di un allevatore di pecore, che a causa di uno scherzo di cattivo gusto fattogli da suo fratello, alcuni anni prima, ha sviluppato una vera e propria fobia per questi questi animali. Il fratello di Henry, in collaborazione con un team di studiosi, sta tentando degli esperimenti genetici per creare una razza di pecore eccellente, che porterà il cognome della sua famiglia. Prevedibilmente, la situazione gli sfugge di mano - anche a causa di una coppia di animalisti un po' pasticcioni - e il suo esperimento scientifico ben presto si trasforma in un incubo.

Non è un film facilmente catalogabile, questo Black Sheep, che ha i suoi punti di forza nelle magnifiche ambientazioni e nell'idea di base che incuriosisce lo spettatore, ovvero quella di trasformare un animale-simbolo dell'innocenza e della bontà in una bestia feroce capace di assalire e infettare gli esseri umani con il suo morso, ma allo stesso tempo è privo dell'ironia graffiante di gioielli della horror-comedy come Shaun of the Dead, e della tensione narrativa sempre più crescente di capisaldi del genere come Gli uccelli o Un lupo mannaro americano a Londra.

C'è un po' di tutto in questo calderone horror neozelandese, ma non sembra mai esserci abbastanza, e il risultato è piuttosto insipido. Oltre ad un innocuo tentativo di contestare le sperimentazioni sulla manipolazione genetica (soprattutto in ambito agricolo) con qualche sfottò rivolto ad entrambe le fazioni divise dalla questione, e alcune idee simpatiche - come i tentativi di uccidere una mostruosa pecora mannara con ferri da calza o salsa di menta usata come acqua santa - non c'è nulla in questo film che sia davvero degno di nota. C'è anche un laboratorio scientifico che non ha nulla da invidiare a quello degli scienziati più folli del cinema fantastico, mutazioni mostruose, tante scene di bassa macelleria, e persino una sequenza che si può tranquillamente definire pecoreccia, oltre a qualche immagine suggestiva (quella delle pecore che scendono minacciose da una collina che si staglia su un cielo nerastro). Il problema principale è la struttura narrativa del film, che si mantiene su livelli piuttosto bassi, e la tensione che è praticamente nulla. Anche i personaggi - che in una horror comedy dovrebbero essere messi in risalto e costruiti con attenzione, proprio per dare un supporto valido alla componente umoristica del film - non sono delineati con particolare originalità, e restano schiacciati anche da una recitazione non proprio entusiasmante.

Ci si aspetterebbe di più da un'idea semplice e che almeno sulla carta suscita una certa curiosità e immediata simpatia, ma è anche vero che le idee valide devono essere sviluppate con arguzia, altrimenti tendono a spegnersi molto prima dei titoli di coda.

Movieplayer.it

2.0/5