Recensione Identikit di un delitto (2007)

Un thriller decisamente torbido che gioca con ossessioni assai radicate nell'immaginario a stelle e strisce: gli omicidi seriali, la detection spinta oltre i confini stabiliti dalla legge, l'investigatore che usa metodi poco ortodossi per torchiare i criminali, alla cui mentalità finisce per accostarsi pericolosamente.

Stop the serial killer(s)

Crimini a sfondo sessuale per l'esordio americano di un cineasta made in Hong Kong, che ha già dimostrato di poter affrontare con successo svariati generi cinematografici. Nella formazione del poliedrico Andrew Lau, alias Wai Keung-lau, spiccano le doti di direttore della fotografia, messe alla prova da registi del calibro di Ringo Lam, Ronny Yu e Wong Kar-wai, col quale ha collaborato per pellicole ormai leggendarie come As Tears Go By (1988) e Hong Kong Express (1994). Passato alla regia nel '90, Andrew Lau si è rivelato piuttosto prolifico, spaziando attraverso progetti di natura assai disparata: dai numerosi capitoli di Young and Dangerous, saga in cui giovani ribelli affiliati alle "triadi" si scontrano ferocemente, fino a commedie romantiche molto glamour come Dance of a Dream; da fumettistici film di arti marziali farciti di effetti digitali come A Man Called Hero e The Storm Riders, per arrivare al pittoresco horror The Park. Ma la consacrazione, a livello internazionale, è giunta con un'altra saga cinematografica, Infernal Affairs, il cui spessore non è sfuggito all'occhio di Martin Scorsese, che ne ha diretto personalmente il remake americano (The Departed - Il bene e il male).
Viste le premesse, si può dire che lo sbarco negli States di Andrew Lau sia avvenuto sotto i migliori auspici. Il risultato, però, conferma solo in parte le aspettative.

Identikit di un delitto, titolo originale The Flock, è un thriller decisamente torbido che gioca con ossessioni assai radicate nell'immaginario a stelle e strisce: gli omicidi seriali, la detection spinta oltre i confini stabiliti dalla legge, l'investigatore che usa metodi poco ortodossi per torchiare i criminali, alla cui mentalità finisce per accostarsi in modo anche pericoloso, ed altre situazioni ampiamente codificate che rimandano alla sfera sessuale. Sì, il sesso visto come tabù da infrangere, ma anche e soprattutto quale fonte di scandali, depravazioni, atti immorali rispetto ai quali la società americana, con un certo tasso di ipocrisia, sembra voltare le spalle sdegnata. Quest'impronta fondamentalmente sessuofoba è evidente già dalla trama, che ha per protagonista Errol Babbage, un funzionario di polizia incaricato di tenere sotto sorveglianza soggetti già arrestati in passato per reati sessuali. Tra costoro spicca la figura di Viola Gerarg, ex moglie di un perverso serial killer la cui condanna a morte è stata eseguita tempo addietro: il sospetto che la donna sia stata non solo vittima, ma anche complice del consorte, sembra spingere verso una parziale identificazione della coppia cinematografica con due serial killer realmente esisti, i coniugi canadesi Paul Bernardo e Karla Homolka. Ma altri soggetti dalle inclinazioni non meno preoccupanti, tra guardoni, stupratori seriali, adescatori di minori e casi affini, trovandosi nella lista di predatori in libertà vigilata ribattezzati in gergo "Flock", fanno parte integrante del giro di visite condotto con notevole zelo da un Babbage che ha il volto serio e fascinoso di Richard Gere. Proprio nel momento in cui i colleghi lo stanno scaricando per via di metodi ritenuti troppo brutali e ostili alla privacy dei sorvegliati, il rapimento di una ragazza dell'alta società, Harriet Wells, risveglia l'istinto investigativo dell'attempato Errol; il quale si trova a portare avanti le ricerche con l'ausilio della giovane donna destinata a prenderne il posto, ovvero quella Allison Lowry interpretata col consueto appeal da Claire Danes. I due andranno incontro insieme a scoperte raccapriccianti.

Ecco, l'impressione è che Andrew Lau si trovi a gestire un materiale fin troppo convenzionale, finendo così per cedere alle tentazioni moralisteggianti di un poco elastico script a tesi; tutto ciò contraddicendo in parte quell'approccio al genere, che è sì di solido mestiere, ma che sa esprimersi in modo decisamente più libero, aperto, quando il regista di Hong Kong può ispirarsi a temi meno vincolanti. Se le battute conclusive di Identikit di un delitto appaiono sufficientemente e giustamente crude, serrate, nonché fonte di una comprensibilissima inquietudine, il precedente accanirsi di Errol Babbage/Richard Gere contro i sospettati del rapimento, coi loro possibili fiancheggiatori, assume proporzioni eccessive, a partire da dialoghi e reazioni psicologiche costantemente sopra le righe. La regia di Andrew Lau prova comunque a legittimare il clima teso con inquadrature angolate, arditi stacchi di montaggio, fotografia sporca e altre soluzioni tecniche che l'autore padroneggia con indubbia destrezza, ma i limiti della storia si fanno sentire ugualmente, appiattendo situazioni che potrebbero essere molto più emozionanti e veritiere.