Recensione Breach - L'infiltrato (2006)

La più grande fuga di segreti nella storia dell'FBI diventa un thriller psicologico che mette sulla graticola le due spie e ne rivela tutte le fragilità, impegnati come sono in giochi forse troppo grandi per due semplici uomini.

Spiando la spia

A vent'anni dalla fine della guerra fredda, la trionfale America continua ad essere ossessionata dalla minaccia rossa. Le alte sfere del potere operano in un clima costante di sospetto che li impegna in cacce interne ai traditori invisibili che mettono in pericolo quella che dovrebbe essere l'amata patria, vendendosi per qualche spicciolo agli odiati sovietici. Nel 2001, a pochi mesi dalla tragedia dell'11 settembre che farà concentrare l'attenzione su un nuovo nemico, l'FBI scova e neutralizza la sua più velenosa serpe in seno: Robert Hanssen, agente speciale accusato di aver passato, per oltre vent'anni, importanti informazioni segrete all'ex Unione Sovietica, provocando al paese danni non ancora quantificabili che lo hanno portato ad un passo dalla pena capitale. Ad incastrarlo Eric O'Neill, un giovane agente in prova piazzato ad arte alla scrivania dell'ufficio di Hanssen, assoldato dal Bureau per conquistare la fiducia del suo nuovo capo e smascherarlo con le mani nel sacco. Questa la storia vera raccontata in Breach - L'infiltrato, ennesima pellicola di spia contro spia che all'azione predilige la costruzione delle atmosfere e l'impegno dei suoi protagonisti.

Non succede granché in Breach: il segreto di stato che ancora vige sul caso impedisce al regista di raccontare i dettagli del tradimento di Hanssen, e nelle due ore di film si racconta la sottile guerra di nervi tra i due protagonisti e il periodo di vigilia dell'arresto della spia dal punto di vista del giovane O'Neill, impegnato in una lotta intima che sospende il giudizio sul suo superiore: da una parte c'è l'uomo con le sue apparenze, un cattolico integralista che svolge il proprio lavoro con estrema precisione; dall'altra c'è la spia spietata, così come viene dipinto dai piani alti dell'FBI, un viscido traditore col vizio della pornografia. La battaglia psicologica in cui viene a trovarsi (lui che sognava di diventare un agente speciale, ma che alla conclusione del caso sceglierà di terminare i suoi studi in giurisprudenza e fare l'avvocato) imporrà ad O'Neill di agire, commettendo sebbene qualche piccolo errore, per capire finalmente quale è la verità, e portandolo proprio lì dove gli altri volevano.

La più grande fuga di segreti nella storia dell'FBI portata sul grande schermo da Billy Ray diventa così un thriller psicologico che mette sulla graticola le due spie e ne rivela tutte le fragilità, impegnati come sono in giochi forse troppo grandi per due semplici uomini. La mancanza di azione finisce col pesare inevitabilmente sul ritmo della pellicola, ed anche i momenti di tensione, fondamentali per la riuscita di un film così strutturato, sono rari, anche se ben calibrati, senza eccessi a farli risultare poco credibili. Breach è un'opera monca, che deve raccontare una storia senza però svelarne i segreti, concentrata su un uomo dipinto come un mostro, ma incapace di spiegare le motivazioni dietro i suoi gesti. Buone le prove di Chris Cooper nei panni del glaciale Hanssen e di un Ryan Phillippe che però ancora stenta a trovare il ruolo giusto per un salto di qualità nella sua carriera.