Recensione King of Thorn (2009)

Trasposizione su grande schermo di una serie manga di grande successo, King of Thorn non ha il tempo di concedere la giusta attenzione ai pur interessanti sviluppi della trama e alla riflessione di fondo che anima la pellicola: il ruolo dell'immaginario come via di fuga ma anche come creatore di mondi e realtà.

Sogno e apocalisse

Virus letali, meteoriti, catastrofi naturali: la fine del mondo in tutte le sue forme ha sempre scatenato le fantasie degli autori e solleticato gli appetiti degli spettatori di cinema. Forse perché poter assistere all'apocalisse ha un effetto rassicurante, quasi fosse un esorcismo con cui scongiurare ogni possibile catastrofe, o forse perché è semplicemente divertente, il genere non sembra incappare mai in un momento di stanca, grazie anche all'apporto garantito dall'animazione, specie quella giapponese, da sempre una vera specialista nell'architettare sempre nuove e terribili minacce alla sopravvivenza dell'umanità.
Una di esse è il virus, soprannominato Medusa per la sua capacità di pietrificare il corpo umano attraverso un anomalo indurimento cellulare, che impazza sul pianeta tutto e per il quale, nonostante molteplici sforzi, non è ancora stato trovato un rimedio. La multinazionale Venus Gate, però, ha escogitato un escamotage per bypassare il problema: attraverso la criogenizzazione, alcuni fortunati, per la precisione centosessanta, potranno sopravvivere al sicuro, addormentati e protetti, in attesa che la scienza trovi una risposta efficace all'emergenza sanitaria. Nonostante i sospetti che aleggiano sulla società, considerata da molti la vera responsabile della diffusione del Medusa, il progetto va in porto con successo; al risveglio dei dormienti, però, la struttura in cui erano alloggiati si presenta in rovina, invasa dai rovi e da inquietanti animali, tutt'altro che amichevoli. Dopo il primo, inaspettato attacco, saranno soltanto in pochissimi a sopravvivere, e il compito di scoprire quanto tempo sia trascorso e cosa sia successo al pianeta durante la loro assenza forzata sarà affidato a un rude galeotto, un ragazzino espertissimo nei videogame e un'adolescente timida e insicura, preoccupata per le sorti della sorella gemella rimasta nel mondo esterno.

Il lungometraggio King of Thorn è tratto da una serie manga di grandissimo successo in Giappone, e che si sta facendo strada anche nel mercato editoriale italiano: ma se nei sei tankobon di cui si compone la versione cartacea ci sono tempo e spazio materiali per sviscerare la ridda di sottotrame che gli autori hanno inserito lungo il procedere della storia, nel film questo lusso non è per forza di cose concesso. Risulta difficile ed estremamente macchinoso, quindi, riuscire a dipanare la matassa delle tante ipotesi che si susseguono sulla causa e le modalità della catastrofe: derive mistico-religiose, contributi alieni, aberrazioni scientifiche sono soltanto alcuni degli spunti offerti dall'ipertrofica sceneggiatura. A complicare ulteriormente il già oneroso lavoro dello spettatore è la volontà, di per sé positiva, di dotare ogni personaggio di un particolare background e di arricchirlo con una personalità sfaccettata e complessa, ricca di punti oscuri da chiarire. Ma tutto questo sforzo immaginativo è sprecato in una messa in scena forzatamente sbrigativa e raffazzonata, che non lascia la possibilità di approfondire il pur interessante concetto che, con una certa macchinosità, il regista Kazuyoshi Katayama sceglie di portare avanti. Il potere creativo dei sogni, l'influenza che essi possono esercitare sulla realtà, il ruolo della solitudine, del senso di colpa, della paura nel plasmare la volontà e il futuro di un individuo e, con esso, del mondo, sono tutti temi interessanti e meritevoli di una riflessione, ma a cui qui è stato dedicato uno spazio del tutto insufficiente, come del resto anche ai restanti snodi interessanti della trama, abbandonati con nonchalance sulla via.

Con tutta probabilità, una serie animata sarebbe stata più efficace di un unico lungometraggio nel trasporre degnamente le tante idee portate avanti dal manga. Nella volontà di non scontentare i lettori, la necessaria operazione di taglio e riarrangiamento dei contenuti sembra essersi risolta in una semplice "compressione" degli stessi in un contenitore che non poteva dare il giusto spazio a nessuno; un peccato, perché anche la componente visiva della pellicola è accattivante e ben realizzata. Non a caso l'animazione è stata affidata allo studio Sunrise, creatore di Gundam, ma che qui non trova una vicenda altrettanto ben calibrata su cui innestarsi.