Shutter Island, un'isola per Scorsese e DiCaprio

Lo straordinario regista premio Oscar e l'attore hollywoodiano tra i più talentuosi della sua generazione sono sbarcati a Roma per presentare il loro ultimo lavoro Shutter Island, thriller psicologico intriso di inquietudine che arriverà nelle sale il 5 marzo prossimo.

Il sodalizio continua e entrambi sembrano goderne appieno nonchè trarre enorme giovamento dall'empatia professionale e personale che si è creata tra loro. Non parliamo di Tim Burton e Johnny Depp, che nella prima settimana di marzo tenteranno di rubare le luci della ribalta con l'atteso Alice in Wonderland, bensì di un'altra coppia cinematografica ormai consolidata ed enormemente affiatata, quella composta da Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio, pronta a regalare emozioni e brividi con Shutter Island, uno dei film-evento più attesi di questa stagione che il sessantottenne regista newyorkese di origini italiane è venuto a presentare stamane nella Capitale insieme al suo 'pupillo' in un'anteprima europea che precede sia la presentazione al festival di Berlino sia l'uscita nelle sale americane fissata per il 19 febbraio prossimo. A metà tra il thriller psicologico e l'horror gotico, chiaramente ispirato all'espressionismo tedesco degli anni '30 e '40, Shutter Island è il quarto film insieme per le due star dopo Gangs of New York, The Aviator e The Departed ed è tratto da uno dei best-seller più celebri di Dennis Lehane, straordinario autore di Mystic River e Gone baby Gone, due romanzi che hanno dato vita a due splendidi film.

Ambientato nel 1954, all'apice della Guerra Fredda, il film racconta la vicenda di Teddy Daniels (Leonardo DiCaprio) reduce di guerra ora agente federale inviato insieme al suo partner nell'istituto psichiatrico di Shutter Island, più simile ad una prigione di massima sicurezza per pazienti violenti che ad un centro di recupero mentale. Una delle pazienti più pericolose è infatti misteriosamente riuscita a fuggire dalla sua cella senza lasciare traccia. Circondati da psichiatri che assomigliano ai generali nazisti del campi di concentramento e da pazienti psicopatici i due si troveranno ad indagare sul caso in atmosfere lugubri e oscure, in cui aleggia costantemente il dubbio, per di più nel bel mezzo di un uragano. Quel luogo isolato dal resto del mondo offrirà a Teddy la possibilità di confrontarsi con le sue paure più viscerali e di sconfiggere i suoi demoni, il tutto portando a galla una drammatica verità, qualcosa di talmente spaventoso che potrebbe anche impedirgli di uscire vivo dall'isola.
Shutter Island arriverà in sala il 5 marzo prossimo con oltre 400 copie distribuito da Medusa.

Signor Scorsese, nei suoi film c'è sempre molta violenza, di quella che si mescola al complotto ed è sempre chi detiene il potere a metterla in atto. La nostra realtà è davvero così complessa? E' così difficile discernere il male? Martin Scorsese: Considerate che Shutter Island è tratto da un romanzo, era già tutto scritto e quando l'ho letto ne sono rimasto attratto immediatamente. La paranoia che aleggia in questa storia è impressionante ed è paragonabile alla stessa che viviamo noi oggi di questi tempi. Mi sono infatti sentito subito perfettamente in sintonia con gli argomenti trattati, conosco bene questi sentimenti, questa paura e queste ansie, ricordatevi sempre che sono nato e cresciuto a New York, una città in cui il potere è in mano a chi lo sa gestire, a coloro che fanno un mestiere importante, fondamentale per la nostra sicurezza e per la nostra tranquillità. Per questo forse questi sono aspetti che mi piace inserire nei miei film.

Signor Di Caprio, cosa l'ha affascinata di più del suo personaggio? Come ha lavorato per entrarci?

Leonardo Di Caprio: Sono stato attratto dal dualismo di Teddy e prima di iniziare le riprese ho deciso insieme a Martin di provare a sperimentare vari estremi del suo comportamento. E' un uomo disposto a tutto per riuscire a scoprire la verità, uno che ha già un suo programma in mente e sa cosa vuole perseguire, come se avesse un piano da portare avanti. Shutter Island è sì un horror gotico ma al suo centro, nel nucleo più profondo, ha il dolore, la tragedia umana, la perdita e il trauma. Mi ha affascinato il percorso del protagonista, il modo in cui Teddy affronta se stesso, i suoi limiti, la sua sofferenza. Per entrare nel personaggio ho fatto ricerche sulle cliniche psichiatriche, ho visto molti documentari sulle malattie mentali ma non mi è servito tanto sforzo perchè l'autore del romanzo aveva già di suo scritto qualcosa di estremamente toccante e profondo.

Signor Scorsese, lei cita Kafka, Lang, Murnau e Tourner, ci sono molte inquadrature che ricordano Metropolis, qual è il suo debito nei confronti del cinema europeo e in particolare tedesco degli anni '20, '30 e '40? Martin Scorsese: Fritz Lang è stato uno dei registi più importanti per me, una grande presenza nel cinema degli anni '30 e '40, ho amato molto questo cinema perchè è stata una parte importante della mia vita professionale e personale. Non posso negare una fortissima presenza del cinema tedesco nel mio background formativo, erano gli anni della mia crescita professionale e negli anni della mia giovinezza in America venivano realizzati moltissimi film da registi immigrati dalla Germania e dall'Austria, poi ci sono stati i film post Seconda Guerra Mondiale, il periodo d'oro di Billy Wilder, di Otto Preminger, di Jacques Tourner. Erano questi i registi che mi piacevano di più, ai miei tempi ho adorato i loro film ed è nato un grande amore per il cinema tedesco, ma anche inglese e italiano, di quei tempi.

Signor Di Caprio, lei è una grande star, un sex-symbol e un grande attore, che obiettivi si pone oggi? Ha qualche nuova sfida all'orizzonte? Magari qualche nuovo progetto, o un cambio di genere? Leonardo Di Caprio: Quando mi fu offerto il primo ruolo da protagonista avevo quindici anni, ricordo che feci un anno di ricerche prima di girare, per cercare un modello di riferimento nei miei idoli cinematografici, De Niro, Lee Van Cleef o James Dean. Quello che era più importante per me era riuscire a realizzare qualcosa di positivo che rimanesse impresso nella storia come avevano fatto loro, probabilmente sarà un processo che mi richiederà tutta la vita ma mai ho avuto la sensazione di sentirmi già arrivato, non ho di certo ancora chiuso il cerchio. Al momento non ho specifici obiettivi da realizzare né un genere particolare che prediligo, la verità è che sono attratto da protagonisti che mi toccano l'anima, tragici, incasinati, oscuri. Non so bene il perchè ma è così.

Le è mai capitato di sentirsi inadeguato ad un ruolo, magari anche durante le riprese, quando non poteva più tornare indietro?

Leonardo Di Caprio: Qualsiasi ruolo io interpreti non posso fare a meno di essere nervoso, non è sempre facile trovare la strada giusta per entrare in un personaggio e sentirlo tuo, a volte è lunga e tortuosa ma alla fine questo è un lavoro che io amo moltissimo e che mi gratifica nonostante senta sempre addosso la sensazione di non aver fatto abbastanza. Posso dirvi che tra tante ansie alla fine questo meccanismo di impersonificazione dei personaggi è la cosa che più mi affascina di questo lavoro e quello che mi stimola e mi diverte di più.

Questo è il quarto film che fate insieme, com'è cambiato il suo rapporto con Di Caprio film dopo film? Martin Scorsese: Il nostro rapporto di collaborazione si è trasformato in una grande una profonda fiducia reciproca, personale e professionale. Mi sento di poter dire che siamo rimasti entrambi molto sorpresi dal percorso fatto insieme, dall'intensità che ha caratterizzato il nostro lavoro in Shutter Island. Quello che abbiamo ora é un legame creativo indissolubile, abbiamo similarità e tante cose in comune. Nel passaggio da The Aviator a The Departed ho avvertito chiaramente che sarebbe stato possibile toccare livelli ancora più profondi di empatia ma in questa nuova avventura avevamo una storia che si prestava molto a questa evoluzione. Lavorare con Leonardo è sempre di grande ispirazione per me, è un attore che utilizza tutta la sua esperienza e riesce ad incanalarla nel processo di crescita creativa. E poi abbiamo anche gli stessi gusti, spero di poter esplorare e rafforzare questo rapporto anche in un prossimo futuro.

Signor Di Caprio, cosa la attrae di più dell'universo Martin Scorsese? Leonardo Di Caprio: Lui mi ha dato una cosa che nessun altro regista mi aveva mai dato, la fiducia completa come attore. Qualsiasi altro attore che ha lavorato con lui ve lo può confermare. E' una cosa estremamente importante perchè quando lavoro con lui sento addosso una grande responsabilità, riesce a farmi diventare proprietario del personaggio, ho sempre la sensazione di vivere un'esperienza potente e arricchente. Martin si affida completamente all'attore affinchè sia lui a portare avanti la narrazione a livello emotivo, è però una fiducia che non si deve mai tradire, è l'unico regista che riesce a regalarti un senso profondo di potere nelle tue mani, un'esperienza che aveva già forgiato in passato con De Niro e che con nessun altro attore è mai venuta a mancare. Da parte mia non c'è solo fiducia ma anche una profondissima ammirazione nei suoi confronti come regista.

Nel film c'è un interessante dialogo sulla violenza ed anche una visione alquanto inquietante della stessa, cosa ci può dire su questo argomento? Martin Scorsese: La violenza è una delle cose che mi ha più attirato di questa storia, è una parte imprescindibile della natura umana, è per questo che la lavorazione di questo film mi ha fatto riflettere su di noi, su cosa siamo, sulla nostra natura sul modo di reagire al dolore e alla perdita. Il personaggio di Teddy (il protagonista interpretato da Di Caprio, ndr) mi ha attirato moltissimo, la violenza è parte integrante della sua natura, anche per reazione alla violenza cui ha assistito nei campi di concentramento. Il suo percorso mi ha fatto molto riflettere sulla parte violenta di ciascuno di noi. Mi sono spesso chiesto fino a che punto possa arrivare e se possa veramente essere eliminata attraverso un'evoluzione mentale e terapeutica. Spesso il prezzo che si deve pagare per vivere in questo mondo iperviolento è altissimo...

La sua filmografia è sempre stata ricca di riferimenti religiosi mentre in Shutter Island c'è un unico momento in cui si ha questa sensazione, quella in cui viene inquadrata l'immagine del Cristo con la corona di spine tatuata sulla pelle di uno dei criminali più pericolosi rinchiusi nelle celle. Tutto ciò sta a significare che anche quello di Teddy alla resa dei conti è un cammino di redenzione?

Martin Scorsese: Sono sempre stato attirato da queste storie, sono cattolico ed il crocefisso fa parte di me da sempre. E' dentro la mia psiche perchè lo considero il simbolo della sofferenza umana. E questa storia dolorosa in cui c'è tanta sofferenza si prestava molto a riferimenti del genere. Ho però scelto un'unica immagine in tutto il film perchè mi sembrava quella più significativa. Pensate che l'attore scelto per interpretare il ruolo del paziente tatuato era armeno ed era pieno di tatuaggi in ogni parte del corpo tranne che sulla schiena. Mi venne in mente di fargli tatuare proprio sulla schiena il volto di Gesù Cristo rifacendomi a un'immagine degli anni '40, ma mentre io chiesi di fare un tatuaggio di quelli rimovibili lui insistette per farselo fare permanente.

Quali sono le vostre più grandi paure ad oggi? Martin Scorsese: Le mie paure più grandi sono quelle con cui ho a che fare tutti i giorni, quelle con cui ho imparato a convivere, dobbiamo cercare di superarle perchè non è sano vivere nella paura. Non tutti ci riescono, questo è sicuro, ma in ultima analisi la mia più grande paura in assoluto è data dalla consapevolezza che il mondo che viviamo oggi è quello che erediteranno i miei figli, una cosa mi preoccupa molto.
Leonardo DiCaprio: Credo che i grandi personaggi che Martin riesce a creare e a rappresentare sono sempre violenti per natura, ma la violenza cos'è? Non è forse un dolore interiore che viene rivolto verso l'esterno e verso gli altri incondizionatamente? Mi affascina la sua visione della natura umana e posso dirvi che quello di Teddy è sicuramente il personaggio più complesso, violento e dark che abbia mai interpretato, è stato un grande onore per me.