Sherlock: un 'fedele' Mastino per Mark Gatiss

Una pericolosa avventura nella brughiera per il tormentato consultant detective e per il suo socio Watson, e un episodio più a stretto contatto con il canone holmesiano rispetto al formidabile predecessore 'A Scandal in Belgravia'.

"Quando si elimina l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, è la verità".

Sfida vinta per Mark Gatiss. Lo sceneggiatore, impeccabile interprete di Microft 'The Iceman' Holmes, si confronta col canone sherlockiano scegliendo di firmare l'episodio ispirato a Il Mastino dei Baskerville, opera più nota del corpus che vede protagonista il celebre investigatore inglese. Dopo il famosissimo cappello, appartenente da sempre all'iconografia di Sherlock Holmes e inserito con grande nonchalance da Steven Moffat nel precedente capitolo (l'eccezionale A Scandal in Belgravia), Gatiss riesce nell'impresa di mettere in bocca a Holmes/Benedict Cumberbatch la celebre battuta posta in apertura di questo pezzo e contenuta, in realtà, ne Il segno dei quattro. A questo punto nel terzo e ultimo episodio, The Reichenbach Fall, dobbiamo aspettarci la comparsa della pipa?

Se il brillante Moffat manipola la tradizione a suo piacimento prendendosi notevoli libertà e reinventando temi, personaggi e situazioni con un eccezionale senso della modernità, il tutto condito con una buona dose di ironia, Gatiss cerca un contatto più stretto col canone (un'altra celebre battuta rivolta da Holmes a Watson in apertura del romanzo, "Può essere che lei non sia di per se stesso luminoso, ma indubbiamente è un conduttore di luce", torna nel finale dell'avventuroso episodio a rivendicare il rapporto di filiazione a tratti letterale). Il suo processo di adattamento è forse meno innovativo e frenetico di quello applicato dal collega, ma si dipana lungo i 90 minuti di durata della puntata in maniera puntigliosa, mutuando dal celebre romanzo di Conan Doyle nomi, accadimenti e plot per poi riplasmarli in un contesto contemporaneo. Così la misteriosa luce intermittente nella brughiera, proveniente dalla candela di un detenuto, si trasforma in un segnale per coppie che si appartano in auto per fare sesso, lo spaventoso mastino truccato ad hoc col fosforo stavolta assume tratti demoniaci a causa di una sostanza chimica inalata inconsapevolmente e l'antico maniero dei Baskerville diventa una base militare che contiene al suo interno laboratori destinati a esperimenti genetici top secret sugli animali. I riferimenti politici rappresentano senza dubbio uno dei risvolti più interessanti dell'episodio che, nel costruire una trama gialla di sicuro appeal, non manca di denunciare le aberrazioni della ricerca scientifica per scopi militari (non passa inosservata la natura della password che permette di accedere al fascicolo riservato sull'operazione HOUND e che ammicca all'Inghilterra thatcheriana anni '80).
La seconda serie di Sherlock si fa più matura e predilige toni cupi, lontani dalla vivacità e dalla giocosità che caratterizzava il precedente tris di episodi. Il rapporto tra Holmes e Watson, man mano che si fa più stretto, diviene anche più problematico. L'Holmes incarnato da Benedict Cumberbatch perde un po' del suo allegro egocentrismo e della spavalderia che lo contraddistingueva per ripiegarsi in dolorose e solitarie elucubrazioni. Dopo averlo visto suonare malinconicamente il suo violino di fronte alla finestra, stavolta lo ritroviamo a vagare nella brughiera del Devon e a ergersi meditabondo sulle rocce come il viandante nel mare di nebbia di Caspar Friedrich. Sperimentato l'amore nel precedente episodio, adesso Sherlock impara a conoscere la paura e il dubbio, diviene vulnerabile e umano, anche se per una parentesi temporale limitata. Al suo fianco Watson (interpretato da un Martin Freeman sempre più formidabile) appare preoccupato, ma non cessa di dimostrarsi rispettoso delle umorali eccentricità del coinquilino, oltre che adempiere al ruolo di solida spalla su cui fare affidamento per risolvere una delicata indagine. Dal canto suo il consultant detective, per non smentirsi, usa il compagno per i suoi scopi e stavolta lo sottopone a un test che metterà a dura prova la sua pazienza e il suo coraggio. Ma questa è normale routine. Il giorno in cui Sherlock anteporrà i sentimenti di un altro essere umano al buon esito di un'indagine, ecco, allora sì che sarà il caso di preoccuparsi!
Accantonato momentaneamente l'arcinemico Moriarty, l'entità da combattere per sfuggire alla noia che rischia di far ricadere Sherlock Holmes nelle dipendenze, in questo capitolo è un feroce mostro con le fattezze canine la cui presenza, alimentata da dicerie che hanno favorito il turismo locale, cela un terribile esperimento scientifico durato più di vent'anni volto a creare una terrificante arma chimica. Qualche lieve incertezza nel plot e un ritmo più blando rispetto al rutilante A Scandal in Belgravia si fanno comunque perdonare grazie alla sapienza mostrata ancora una volta nella fattura di una serie che è una delle cose migliore viste da tempo in televisione e non solo. Ultimamente la BBC non perde un colpo e neppure Sherlock. Da un po' il pallido investigatore è impegnato a vedersela coi suoi demoni personali, ma ora lo attende la sfida più pericolosa, la resa dei conti finale col folle Moriarty. A ricordarcelo ci pensano pochi fotogrammi posti a conclusione dell'episodio che rappresentano il gancio per il gran finale della serie. Il pubblico è avvisato.

Movieplayer.it

4.0/5