Recensione Manuale d'amore (2005)

Si ride e si sorride con facilità, senza pretese, con il supporto di interpretazioni di buona levatura anche se stereotipate che vanno da sole, recitando quasi su un canovaccio che conoscono a memoria.

Sentimenti all'italiana

La commedia all'italiana è un genere cinematografico che riscuote ancora un discreto successo nel pubblico. Insito nel nostro DNA, l'elemento amoroso e un cast dei "soliti noti" si fondono con una trama non certo innovativa e ci consegnano Manuale d'amore, rappresentazione dei momenti chiave di una relazione sentimentale.
Il primo personaggio che incontriamo è Tommaso (Silvio Muccino), ragazzo senza lavoro nonostante numerosi e improbabili colloqui. La fortuna gli è avversa, e per di più non ha nessuna intenzione di stuzzicarla attraversando la strada dopo che è passato un gatto nero. Questo momento, senza saperlo, gli cambierà la vita. Il gatto è di proprietà di una bella fanciulla, Giulia (Jasmine Trinca), della quale Tommaso si innamora fin dal primo momento. Riuscirà il nostro eroe a conquistarla?

Marco (Sergio Rubini), all'opposto, vive già con la sua "preda". Barbara (Margherita Buy), ma sua moglie è insoddisfatta dalla vita di coppia. Troppa routine, troppe situazioni scontate. Anche con gli amici le affinità fra i due sembrano non esistere. C'è una soluzione? Non è quella del tradimento, che vive la vigilessa Ornella (Luciana Littizzetto) cornificata dal marito, e convinta di doversi vendicare contro il genere maschile. Fra cui c'è Goffredo (Carlo Verdone), abbandonato dalla moglie e in cerca di una propria identità e dell'anima gemella che sopporti le sue manie e le sue fobie.
Si parte quindi dall' "innamoramento" e si chiude con l' "abbandono".

L'operazione di Giovanni Veronesi (il regista) e Vincenzo Cerami (lo sceneggiatore) di sviluppare una storia di storie universale riesce a metà, per una scenggiatura banalizzata per raggiungere ogni tipologia di spettatore (scatta l'identificazione), così come il cast rappresenta ogni età e ogni problematica o classe sociale (l'artista, il giovane disoccupato, la coppia borghese, l'istituzionale, il medico, l'avvocato). Le situazioni attingono da film dei tempi passati (un esempio su tutti, nell'episodio di Verdone, è La signora in rosso) e assegna agli attori, personaggi consoni al loro modo di essere.
Il risultato è che si ride e si sorride con facilità, senza pretese, con il supporto di interpretazioni di buona levatura anche se stereotipate (Muccino fa il Muccino, la Littizzetto fa la Littizzetto, Verdone fa il Verdone) che vanno da sole, recitando quasi su un canovaccio che conoscono a memoria.

Nel panorama del cinema italiano c'è sicuramente di meglio, e anche di molto peggio, e lo spettatore, se deciderà di andarlo a vedere, saprà cosa aspettarsi. Un confortevole piatto di spaghetti al ristorante sotto casa.