Recensione Prime (2005)

L'amore e l'attrazione nel film di Harper sono dati, non richiedono didascalie eccessive, né ginnastiche corporali. Usciamo, incontriamo qualcuno ed improvvisamente la nostra vita muta, qualunque sia la direzione di questo cambiamento.

Sentimenti adulti

Abbiamo una donna e abbiamo un ragazzo. Due diversi stili di vita, quanto le aspettative e le necessità che contraddistinguono il loro percorso. Lei si chiama Rafi ed è una affascinante trentasettenne newyorkese, colta e raffinata, appena divorziata. Lui invece ha ventitré anni, è un bel ragazzo, dolce, educato e dal talento artistico. Ha un amico sfigato un po' sopra le righe e una famiglia un po' pressante che predica l'unità ebrea. La famiglia di lei cinematograficamente non esiste. Ad esistere è il suo mondo lavorativo, il design del suo appartamento e la scorza glamour. Ad ogni modo, ciò che conta e che si incontrino e che la scintilla scatti. Tra lui è lei c'è però una donna di mezza età: l'analista di lei che è anche la madre di lui. Situazione conciliabile o inconciliabile?

Atipico è il primo aggettivo che viene in mente durante la visione di Prime. A film concluso tale sensazione non fa che rinforzarsi; ci si ferma per farsi delle domande. Coraggioso è probabilmente il secondo, di aggettivo, viste le scelte stilistiche e narrative su cui si regge l'opera seconda di Ben Younger, che mica ci aveva tanto convinti con quell'esordio (1 km da Wall Street)un po' ansioso di dimostrare. Però delle tracce si vedevano e quindi siamo anche sorpresi e perché negarlo, ammirati. Prime non è però un capolavoro ci si intenda. La quantità di elogi spesi in queste righe potrebbe portare fuori strada. Di certo sa essere una commedia romantica fuori dai cliché più facili ed abusati e dal tocco leggero e piacevole. Fuori dai tempi con gusto. Con arbitrio.

L'amore e l'attrazione nel film di Harper sono dati, non richiedono didascalie eccessive, né ginnastiche corporali. Usciamo, incontriamo qualcuno ed improvvisamente la nostra vita muta, qualunque sia la direzione di questo cambiamento. Prime quindi indaga altrove e racconta del bisogno di approvazione che ossessiona lo stare insieme e la responsabilità che deriva dalle proprie scelte sentimentali. Cosa si vuole? Cosa può darci il compagno/a? Dove ci porterà questa relazione? Basta l'amore? Un sottotesto che diviene testo e che - per quanto lucido nella sua grammatica e nella sua scrittura- si tramuta progressivamente in ossessione narrativa dalla problematicità troppo circoscritta e dal classismo involontario. Fortunatamente il registro secco della messa in scena equilibra i fattori e fornisce senso anche a un finale che vive della sua anticonvenzionalità spiazzante, ma che è sintesi di una tesi un po' immobilistica.

Ad ogni modo, plot e gioco sull'equivoco funzionano, creano immedesimazione e strappano qualche bel sorriso, privandoci per una volta dal volgare siparietto grottesco benstilleriano ed epigoni o dall'ammiccamento sistematico. A questo si somma un uso molto attento del commento sonoro: di rara parsimonia, tanto oculato che a volte la regia sembra perdere di agilità. Insomma, il film merita decisamente un'occhiata attenta. Dimenticavo: Uma Thurman è di una bellezza disarmante, come e più del solito. Anche questo ha il suo peso, più del professionismo e del talento a volte un po' esasperante di [PEOPLE]Meryl Streep>/CAST>.