Recensione Tutte le ex del mio ragazzo (2004)

La morale della pellicola è piuttosto da individuare nell'intento metacomunicativo di sferrare un attacco feroce alla mediocre qualità degli attuali format televisivi che, come dice il nome stesso, si ispirano a fatti reali.

Se la realtà diventa finzione

Difficile dare una valutazione critica a Tutte le ex del mio ragazzo, opera che segna il debutto cinematografico in America del regista televisivo inglese Nick Hurran.
Siamo senza dubbio dinanzi ad un'opera discutibile ma sarebbe errato interpretare il termine "discutibile" come sinonimo di scadente o deludente. E questo almeno per una ragione fondamentale, ossia per il fatto che dopo la visione si ha la sensazione di aver visto qualcosa di buono, almeno nelle intenzioni, pur avendo mandato giù un bel boccone amaro. Morale della favola? Il film vale la pena vederlo o meno? Il consiglio di chi scrive è che tutto sommato il gioco valga la candela.

Qualche spiegazione è comunque d'obbligo. Per circa 60 minuti il film sembra una commediola brillante, a vaghe tinte rosa, come ce ne sono e ne abbiamo vista a centinaia. Caso mai non capiamo molto la presenza di due buone attrici come Holly Hunter e Kathy Bates. Anche la vicenda narrativa appare semplice e banale: la bella Stacy, neo produttore esecutivo di uno show televisivo di successo si mette a curiosare sul palmare del ragazzo e con fare investigativo cerca e trova le ex compagne del fidanzato, nel tentativo di accertarsi della sua fedeltà.
Il punto è che lo spettacolo per cui lavora è un reality show mentre l'ambiente professionale di riferimento è ricco di personaggi che ben descrivono un mondo fatto di sotterfugi, scorrettezze, nefandezze e rapporti di potere. Ed è a questo livello che si percepisce il valore aggiunto del film. La morale non va colta tanto nella dinamica che porterà la protagonista a chiedersi se è giusto che abbia ceduto alla tentazione di entrare laddove non avrebbe dovuto, violando la privacy del suo ragazzo. La morale della pellicola è piuttosto da individuare nell'intento metacomunicativo (il cinema che parla della televisione) di sferrare un attacco feroce alla mediocre qualità degli attuali format televisivi che, come dice il nome stesso, si ispirano a fatti reali. Se si ha ben presente questa prospettiva di interpretazione, ecco allora che gli ultimi trenta minuti della pellicola, che ci consegnano un epilogo scoppiettante con un monologo ed un confronto dialettico (quello della Hunter) davvero convincente, finiscono per conferire un sapore nuovo a ciò che si è appena visto. E perfino le esplicite citazioni ad Una donna in carriera di Mike Nicholsassumono un altro significato.

Non sempre tuttavia Hurran colpisce nel segno e si verifica così che alcuni dialoghi, qualche scena o caratterizzazione risulti decisamente sotto tono. Ricca invece l'offerta musicale che oltre a proporre un ricco repertorio di Carly Simon, annovera tra le file la bellissima Beautiful Boy scritta da John Lennon e la classica Tainted Love eseguita da Soft Cell.