Recensione Timeline - ai confini del tempo (2003)

Tanta azione, zero originalità: questo Timeline resta lontano dal livello dei migliori film di Richard Donner.

Ritorno al passato

Il cinema, con le diverse vicende che ci propone per immagini in movimento, ambientate tra presente, passato e futuro, è da sempre la macchina che ci concede di visitare virtualmente epoche che non abbiamo vissuto, o di immaginare società futuristiche che magari non esisteranno mai. Ma se ai primordi della pellicola questi film raccontavano episodi che iniziavano e terminavano nel periodo storico preso di volta in volta in questione, col passare degli anni si è cominciato a fare strada, come già era successo anche nel campo della letteratura, il tema del viaggio nel tempo, con protagonisti che, grazie a particolari macchine o invenzioni, riuscivano a spostarsi, partendo dal presente, da un'epoca all'altra.

Ed un argomento del genere non poteva certo sfuggire a Michael Crichton, uno degli autori letterari più saccheggiati dalla celluloide, ispiratore di veri e propri blockbuster cinematografici come Jurassic park (1993) di Steven Spielberg, che, nell'introduzione al suo romanzo Timeline, dice: "Se nel 1899 qualcuno avesse detto a un fisico che... cento anni dopo satelliti nel cielo avrebbero trasmesso immagini in movimento nelle case di tutto il mondo, il fisico quasi certamente avrebbe pensato che fosse matto. E' quindi corretto dire che anche lo scienziato più documentato, sulla soglia del ventesimo secolo, non aveva idea di ciò che sarebbe venuto dopo".

Oggi, grazie a Richard Donner, regista de Il presagio (1976), Superman (1978) e i quattro Arma letale, il romanzo si trasforma in questo Timeline - ai confini del tempo, un lungometraggio cinematografico interpretato da Paul Walker (2 fast 2 furious), Frances O'Connor (Windtalkers), Gerard Butler (Trainspotting), Billy Connolly (L'ultimo samurai), Anna Friel (Tutto per amore), Neal McDonough (Minority Report) e Ethan Embry (They - Incubi dal mondo delle ombre).

Valle del Dordogna, Francia. Il professor Edward Johnston, insieme ad una squadra di studenti di archeologia, sta cercando di riportare alla luce le rovine di un castello del XIV secolo. Sospettoso nei confronti del patrocinatore dello scavo, la International Technology Corporation (ITC), e del suo direttore Robert Doniger, il professor Johnston si reca al quartier generale della ITC, nel New Mexico, alla ricerca di alcune risposte, ma, nel corso della sua lontananza, i suoi studenti prima scoprono una sala che è stata sigillata più di 600 anni fa, poi trovano una moderna lente bifocale al suo interno ed un'implorazione di aiuto datata 2 aprile 1357. Recatisi anch'essi alla ITC, vengono a conoscenza della nuova invenzione di Doniger: una macchina che, inventata nel tentativo di rivoluzionare i trasporti, con un sistema che riesce a trasmettere oggetti tridimensionali attraverso lo spazio, ha inavvertitamente aperto una galleria che conduce nel XIV secolo, dove ora il professor Johnston, che aveva insistito per sperimentarla di persona, si trova intrappolato.

"Scrivendo la storia, ho immaginato una tecnologia che avrebbe reso possibile trasformare le persone in informazioni e spedirle attraverso un passaggio molto stretto nell'universo chiamato 'galleria del verme'. In questo modo ho potuto raccontare la storia di persone del XXI secolo che si ritrovano in un'epoca dominata da cavalieri in armature luccicanti e damigelle in difficoltà".
Al di là degli inevitabili rimandi al capolavoro zemeckisiano Ritorno al futuro (1985), il quale, come in questo Timeline, ci proponeva un personaggio del presente che, incastrato nel passato, doveva trovare il modo per tornare nella sua epoca, da questa affermazione di Michael Crichton è deducibile che vi siano alcuni riferimenti anche a La mosca (1986).

Donner, purtroppo, si riconferma il mestierante di sempre, la cui filmografia si alterna tra opere particolarmente ispirate (I Goonies) e vere e proprie aberrazioni su celluloide (Assassins). Anche questo Timeline, che nelle sequenze di guerra, in cui si ricorre all'ampio sfoggio di effetti pirotecnici, ricorda non poco il terzo Evil Dead (in Italia lo si conosce con il titolo L'armata delle tenebre) di Sam Raimi, non rientra tra i suoi migliori lungometraggi. Nonostante si basi quasi esclusivamente sull'azione e i momenti spettacolari, risulta noioso, in quanto, totalmente infarcito di luoghi comuni e situazioni già viste, manca di quell'elemento che il più delle volte rende apprezzabili i film: l'originalità. E perfino il messaggio romantico, che ci comunica ancora una volta che l'amore comporta grandi sacrifici, comincia a stancare.