Recensione Fuoco cammina con me (1992)

David Lynch smantella la sua cittadina simbolo mattone dopo mattone, distruggendo un mito televisivo e celebrando la morte di Laura Palmer come quella di un'eroina d'altri tempi. Con i tratti più sperimentali del suo cinema presenti sempre in primo piano.

Ritorno a Twin Peaks?

Tra le pellicole più controverse nella filmografia di David Lynch possiamo certamente annoverare la cosiddetta "versione" per grande schermo di Twin Peaks. Controversa soprattutto per chi il regista americano lo ama. Questo perché ad ogni tentativo di collocazione critica, Fuoco cammina con me non riesce mai a sfuggire al paragone con la serie televisiva. Tale approccio è apertamente fuorviante e incoraggia giudizi per lo più affrettati e insinceri.

Innanzitutto la prima parte di Fuoco cammina con me, nell'intento di sterilizzare le movenze melodrammatiche e più lineari del relativo serial televisivo, funziona come cinema sperimentale. La descrizione di una località (Deer Meadow) che sembra essere l'esatto contrario di quella Twin Peaks che abbiamo imparato a conoscere, rappresenta il fulcro intorno al quale, e quasi inconsapevolmente, ruota l'intera storia del film (e del serial?). Ciò fa subire al plot un totale ribaltamento di cognizione e di connotati. L'omicidio di Teresa Banks resta irrisolto per tutto e in tutto, creando una sensazione di straniamento. Tutta la sequenza iniziale non aggiunge quindi nuove informazioni e crea ulteriori interrogativi, preparando il tanto atteso "arrivo" dei protagonisti della serie tv nel modo più spiazzante possibile. La Twin Peaks descritta in Fuoco cammina con me è una cittadina che apparirà irriconoscibile a chi ha seguito, puntata dopo puntata, i vari e appassionanti intrighi. Il cartello di benvenuto, il tema di Angelo Badalamenti funzionano, a posteriori, come finti relitti di una memoria spettatoriale messa alla berlina dall'operazione smitizzante di Lynch. La Twin Peaks di Fuoco cammina con me sembra davvero un alter ego della Deer Meadow della prima parte di pellicola. Ci sono defezioni importanti (la segheria, ad esempio), ma quello che più balza all'occhio è la presenza dei vari protagonisti ritratti quasi come fantasmi, chiusi in loro stessi, come se la disperazione "messianica" di Laura Palmer fosse l'unico specchio possibile dell'anima nascosta e malata di Twin Peaks. E gli stessi luoghi della cittadina sono depauperati delle loro metaforiche relazioni causa/effetto che si scatenavano nella serie televisiva. Questa visione risponde al chiaro tentativo di Lynch di scrollarsi di dosso l'ingombrante peso del serial, legittimandone però le peculiarità e le sovrastrutture. Ingigantendole visivamente, anche se solo per sottrazione.

L'ombra della kitscherie fine a se stessa e l'impostazione scelta da Lynch per il film portano a scoprire repentinamente le carte, rovinando un po' la sottile coltre di mistero che il serial aveva ben creato nell'arco di trenta episodi (incluso quello pilota). Seppur sarebbe un grave errore considerare questo film un completo passo falso. L'esuberante rapporto immagini/suoni (con audace ed inquietante prevalenza dei secondi), le particolarissime angolazioni della macchina da presa che creano continuamente una sensazione di onirica instabilità e il notevole lavoro sui corpi e sugli oggetti (con la sensualità spudorata di Velluto blu presente in filigrana) fanno dimenticare ben presto le suggestioni "tradite" del prodotto televisivo di riferimento, insieme alla banalità di fondo degli assunti di base (lo stupro incestuoso, la cocaina e un omicidio ripreso in modo troppo ritualistico).