Recensione Home for the Weekend (2012)

Il film di Hans-Christian Schmid non si perde mai in smancerie o in inutili leziosità ma col suo incedere rigido, minimalista e nostalgico, grazie ai movimenti puliti e lenti della macchina da presa che indugia sugli ambienti e sui silenzi più di quanto faccia sui volti dei protagonisti, regala emozioni a non finire.

Risvegli

Marko e Jakob sono cresciuti in Germania, in una famiglia benestante ed apparentemente serena. Il primo, il maggiore, vive a Berlino dai tempi dell'Università, ha ampiamente superato i trent'anni ed ha appena pubblicato il suo primo romanzo mentre l'altro ha studiato da dentista ed ha appena aperto uno studio in provincia, nella cittadina in cui vive a due passi dalla casa dei genitori Gitte e Günther, quest'ultimo importante imprenditore editoriale. Separato dalla moglie ormai da mesi, Marko vede il figlioletto Zowie solo durante i weekend ed è proprio durante uno di questi fine settimana che decide di portare il bambino a trovare i nonni. Le sue speranze di passare qualche giorno di tranquillità immerso nella natura e nell'atmosfera familiare della casa della sua infanzia crollano improvvisamente al suo arrivo perchè durante la cena, cui partecipano anche il fratello Jakob e la fidanzata Ella, la madre comunica a tutti di aver preso un'importante decisione: dopo trent'anni di cure ha smesso di prendere gli psicofarmaci che tenevano sotto controllo la sua malattia mentale passando alle terapie omeopatiche. Non ne può più di sentirsi esclusa da tutte le questioni importanti, non riesce più a sopportare di vivere sotto una campana di vetro senza mai partecipare attivamente alla vita e alle problematiche della famiglia. Preoccupati delle possibili gravi conseguenze, per lei e per l'equilibrio della famiglia, Günther e Jakob cercano di dissuaderla mentre Marko decide di rispettare la scelta di sua madre. Le tensioni che si scatenano in casa assumono però presto un'altra dimensione, perchè la salute di Gitte passerà in secondo piano per lasciar posto agli egoismi, ai problemi e agli interessi individuali di chi per tanti anni ha convissuto con la necessità di dover sempre nascondere la verità per evitare di incrinare i suoi delicati equilibri psichici. Le verità a lungo nascoste verranno così finalmente a galla provocando un vero proprio terremoto, una scossa che porterà Gitte a fuggire via da casa senza lasciare traccia.

Rapportarsi con la propria famiglia non è mai facile, specialmente quando il dolore e la malattia hanno affaticato e logorato i sentimenti per tanti anni e quando si appartiene ad una generazione che ha superato i trent'anni, ha dei figli, ma non è riuscita ancora a scrollarsi di dosso la sensazione di sentirsi figlia dei propri genitori e di non essere mai all'altezza delle loro aspettative. Questi gli argomenti principali al centro dell'intenso dramma familiare diretto dal tedesco Hans-Christian Schmid, un film semplice che racconta uno spaccato di vita familiare di grande impatto emotivo sullo spettatore, posto di fronte a questioni vitali come il senso di responsabilità, la verità, la dignità dell'essere umano e la condivisione di gioie e dolori, la base di qualsiasi rapporto d'amore sano ed equilibrato. Paradossalmente è proprio nel momento in cui Gitte decide di provare a risvegliarsi dal torpore di una vita vissuta a metà che i suoi familiari entrano in crisi. Sono preoccupati per lei ma sono forse più preoccupati per loro stessi e per quello che le conseguenze del suo gesto inevitabilmente cambierà nella loro già complessa quotidianità. Il risveglio di Gitte provoca infatti un effetto a catena inarrestabile. Jacob ha gravi problemi finanziari e pochissimi pazienti ed aveva scelto proprio quel weekend per parlare al padre della sua difficile situazione. Marko ha pubblicato a fatica il suo primo libro ed è in cerca di un modo per riconquistare il rapporto con la moglie ma di questo non ha mai fatto parola con i suoi genitori, completamente all'oscuro della separazione. Anche Günther è preoccupato per la decisione di Gitte, non per il fatto in sé ma soprattutto perchè tutto accade alla vigilia della sua partenza per la Giordania, terra in cui inizierà le ricerche per il suo nuovo libro incentrato sulle civiltà dei Sumeri e degli Assiri.
Punto di forza di questo tesissimo dramma dai risvolti thriller la perfetta prova attoriale di tutto il cast, misurato in ogni situazione e abile nel restituire il ritratto di una famiglia che nasconde al suo interno segreti e repressioni, che fatica a comunicare con l'esterno e a comprendere le ragioni dell'altro. Home for the weekend non si perde mai in smancerie o in inutili leziosità ma col suo incedere rigido, minimalista e nostalgico, grazie ai movimenti puliti e lenti della macchina da presa di Schmid che indugia sugli ambienti e sui silenzi più di quanto faccia sui volti dei protagonisti, regala emozioni a non finire. Contribuisce alla resa di un'atmosfera fredda e allo stesso tempo rilassante, la location scelta dallo scenografo, una splendida villa arredata in stile anni '60, austera e sempre in perfetto ordine, in contrasto con la confusione che regna sovrana nella mente dei turbolenti protagonisti. Un risveglio quello di Gitte che a sua volta scatena il risveglio della coscienza, quello della verità e della dignità per tutti i suoi familiari. Uno shock ma comunque una rinascita per la donna, che convinta di fare un grande regalo alla sua famiglia si ritrova a fare i conti con una triste realtà: sarebbe stato meglio per tutti se avesse continuato a imbottirsi di pillole e a passare le sue giornate stordita sul letto. La sua uscita di scena è silente, catartica quanto veemente, l'ennesimo gesto d'amore verso la sua famiglia. Accettare l'idea di essere l'unico ostacolo sulla strada della felicità di tutti è difficile, togliere il disturbo in questi casi è l'unico modo per ricominciare.

Movieplayer.it

3.0/5