Recensione The Butterfly Effect (2004)

Dagli esordienti Eric Bress e J. Mackye Gruber, un medio prodotto di intrattenimento, cha lascia l'amaro in bocca per il sostanziale spreco di un'idea affascinante.

Rievocazioni pericolose

Cambiare il proprio passato. Modificare alcune scelte fatte. Tornare indietro nel tempo con la consapevolezza dell'oggi. E' un desiderio che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo provato. Ma quali sarebbero gli effetti indesiderati di una possibilità del genere? Quali imprevedibili ripercussioni finiremmo per provocare nel presente? I registi esordienti Eric Bress e J. Mackye Gruber provano a dare una risposta a queste domande, con un film che ipotizza la possibilità, attraverso la lettura un semplice diario scritto nel passato, di ritornare a quel periodo e modificare le proprie scelte, cambiando il corso degli eventi. E' questa la "capacità" che scopre di possedere il giovane protagonista, che soffre di vuoti di memoria e conserva l'intuizione di eventi orribili legati alla sua infanzia, di cui però non ha un ricordo chiaro. Il tentativo di tornare ad alcuni di questi eventi-chiave per porvi un rimedio, e modificare così lo stato presente delle cose, creerà una reazione a catena con conseguenze imprevedibili.

I due registi, già autori della sceneggiatura di Final Destination 2, partono quindi da un soggetto di sicuro interesse, cercando di svilupparlo secondo i dettami del thriller sovrannaturale ai quali il cinema statunitense ci ha abituati negli ultimi tempi: regia effettistica e vagamente videoclippara, "salti" temporali, rapide e oniriche visioni che rappresentano gli "squarci" di memoria del protagonista. Il film, dopo una prima mezz'ora in cui vengono poste le premesse della vicenda, e viene descritto sufficientemente bene l'"ambiente", si incarta purtroppo in uno script poco convincente, in cui convivono buchi di trama, dialoghi spesso ai limiti del grottesco, e situazioni che risultano scarsamente credibili anche volendo accettare le premesse sulle quali si basa la storia. E' proprio la "trattazione" dell'argomento a non convincere: se infatti la prima parte (identificata con i primi due "piani" temporali) è tesa e coinvolgente quanto basta, e la rappresentazione della problematica infanzia del protagonista riesce a suscitare un certo interesse, una volta tornati al presente il tutto si affloscia in un tipico film ad ambientazione universitaria, in cui l'elemento fantastico appare mal inserito e poco organico alla storia. Molti snodi della sceneggiatura appaiono del tutto forzati, mentre a un certo punto l'interesse dello spettatore resta stimolato solo dalla curiosità di sapere quali devastanti effetti provocherà il prossimo "ritorno" al passato. A causa dello script inconcludente e poco approfondito, il tutto assume insomma più i connotati del "gioco" che della riflessione filosofica stimolata dal fantastico, possibilità, quest'ultima, in cui era lecito sperare data la particolarità del soggetto.

Gli attori non fanno molto per elevare la qualità del film: il protagonista Ashton Kutcher (proveniente dalla commedia), appare poco ispirato, a volte inutilmente sopra le righe, mentre i suoi tre compari, nei continui cambiamenti che la sceneggiatura impone loro, riescono a svolgere bene il compitino, senza tuttavia distaccarsi dalla media. Senza infamia e senza lode anche gli attori più giovani, che interpretano i quattro protagonisti negli altri due "piani" temporali del film; da notare la scelta, a parere di chi scrive, del tutto sbagliata per il ruolo del personaggio principale all'età di sette anni: l'attore scelto è anagraficamente troppo "grande", e questa differenza di età appare abbastanza chiara sullo schermo. Non male invece Eric Stoltz, in un ruolo che, tuttavia, poteva forse essere approfondito maggiormente.

Un medio prodotto di intrattenimento, insomma, per certi versi anche gradevole da guardare, ma che non può non lasciare l'amaro in bocca per le potenzialità sprecate del suo soggetto: in definitiva, quindi, un'occasione persa.

Movieplayer.it

3.0/5