RFF 2012: Il futuro della TV è nel web, parola di Luca Argentero

Con la sua nuova casa di produzione Inside, l'attore torinese guarda all'evoluzione della televisione e alle incredibili possibilità creative da offrire ai giovani artisti

Alla televisione Luca Argentero deve molto, non fosse altro per la partecipazione alla terza edizione del Grande Fratello che, grazie alla presenza costante delle telecamere, gli ha permesso di entrare per la prima volta in contatto con il pubblico. Da quel momento, poi, il piccolo schermo ha continuato a corteggiarlo facendogli indossare la divisa di Carabinieri che, dopo due anni di fedeltà, appende al chiodo per tentare l'avventura del cinema. Francesca Comencini è la prima a volerlo per A casa nostra, mentre Saturno Contro di Ferzan Ozpetek lo avvia a ruoli drammatici. Seguono con grande velocità la commedia Lezioni di cioccolato, Solo un padre di Luca Lucini e Diverso da chi?, che gli regala la soddisfazione della prima nomination al David di Donatello come miglior attore protagonista. A questo punto, Argentero sembra essere diventato uno dei protagonisti più ambiti del nostro cinema, disposto a tornare alla televisione solo per progetti che lo intessano veramente. E' il caso della conduzione del programma Le Iene, accanto ad Enrico Brignano e alla padrona di casa Ilary Blasi, e della fiction Tiberio Mitri - Il campione e la Miss di Angelo Longoni. Oggi, l'ex concorrente di uno dei reality show più longevi della tv arriva al RomaFictonFest per raccontare parte di quest'avventura e per presentare Inside, la sua casa di produzione particolarmente interessata alle web series.

Prima di tornare indietro al tuo passato professionale, proviamo a guardare al futuro e, in modo particolare, a quello della televisione. A livello internazionale già da un po' si parla delle possibilità creative offerte dalle web series. In Italia, però, tu sei l'unico attore di un certo rilievo ad aver investito tempo e denaro in una produzione di questo tipo... Luca Argentero: Questo deriva soprattutto dal fatto di aver investito personalmente nell'impresa. Da un anno è nata una piccola casa di produzione, l'Inside, che forse è stata l'azione più scellerata mai fatta nella mia vita, visto che non ci troviamo nel momento storico migliore per intraprendere un'avventura economica di questo tipo. Dall'altra, però, nuove tecnologie rendono possibile la creazione di un prodotto fruibile. Parlo di Nikon e Canon che sono state utilizzate per girare, ad esempio, puntate di Dr House. E questo succedeva un bel po' di anni fa. La prima proposta, però, mi è arrivata in modo indiretto attraverso The waiting, una serie web che è appena passata on line, facendo più di quattromila visualizzazioni. Si tratta di numeri roboanti che, se fossero tradotti in biglietti staccati al botteghino, sarebbero numeri molto importanti. Naturalmente lo sono anche sul web, perche vuol dire che questo tipo di prodotto ha un vero e proprio riscontro. Certo, quando le piattaforme come Youtube e iTunes si allineeranno con la produzione, permettendo un ritorno economico maggiore, le cose diventeranno sempre più interessanti. Nel frattempo, ho appena partecipato come attore alla puntata zero di un progetto folle di alcuni ragazzi della NUCT, che è una scuola di cinema a Roma, e con la casa di produzione stiamo sviluppando i progetti di altre giovani menti creative.

Quale obiettivi vi siete dati, avete un target da raggiungere? Luca Argentero: Innanzitutto la produzione ha come sogno più ampio quello di diventare un laboratorio interdisciplinare, ossia che faccia comunicare tra di loro varie forme artistiche. Quando ho raccontato di questo progetto a un produttore importante, di cui ora non farò il nome, mi ha guardato e con tempi perfettamente cinematografici mi ha detto che gli sembrava un ottimo modo per buttare quei pochi soldi che avevo guadagnato in questi anni. Lo ha detto scherzando, ovviamente, ma non aveva tutti i torti. Per ora la produzione è una specie di Onlus, un no profit allo stato puro. Ho iniziato scrivendo un piccolo manifesto, almeno per il cinema, dove ho indicato ai miei collaboratori le linee guida. Una su tutte ci ha trovato perfettamente unanimi, ossia che il cinema doveva liberarsi del modo obsoleto di produrre, proiettandosi verso il mondo che sarà.

Ripercorrendo la tua carriera, Il grande sogno di Michele Placido è stato sicuramente un traguardo importante, grazie al quale ti sei trovato a raccogliere le sfide e le delusioni della generazione del sessantotto. Prima di questo film, però, quanto conoscevi dei movimenti studenteschi di quegli anni? Luca Argentero: Per me il sessantotto era rappresentato da una serie di articoli e pagine dei libri di storia, ossia una normale educazione e informazione su un periodo che apparteneva a dieci anni prima della mia nascita. Michele, invece, non l'ha presa così alla leggera, anzi, mi ha sbattuto sul tavolo Il manuale del comunista perfetto e mi ha obbligato a conoscerlo alla perfezione. E' stata una bella full immersion. È stato interessante come ogni volta che si affronta un film in costume. Che sia il sessantotto o la rivoluzione francese, è bello approfondire un argomento che altrimenti rimarrebbe al livello della normale educazione che ognuno di noi ha ricevuto. Questo vale anche per le discipline fisiche, come suonare uno strumento o apprendere le tecniche di uno sport. Una delle grandi opportunità che da questo lavoro è avere la possibilità e l'obbligo di approfondire un argomento.

Saturno contro di Ferzan Ozpetek ti ha proposto una doppia sfida, quella di un film drammatico e l'interpretazione di un gay, da cui, solitamente, i giovani attori sfuggono per non mettere in pericolo la loro immagine. In quel momento non hai avuto paura per la tua carriera ? Luca Argentero: No, anzi cinicamente poteva solo amplificare il momento e l'occasione. Già essere scelti per un film di Ferzan è una grande opportunità, interpretare un omosessuale è sicuramente qualche cosa che fa eco. Però, si sarebbe potuto anche trasformare facilmente in un'arma a doppio taglio. Se l'interpretazione non avesse supportato il clamore della notizia, tutto si sarebbe potuto trasformare in un'ecatombe.

Come scegli i progetti che ti vengono sottoposti? Luca Argentero: A Roma il novanta per cento delle persone hanno una sceneggiatura nel cassetto ed io, per cortesia, leggo ogni cosa che mi viene proposta. E qui avviene la prima scrematura. Poi ci sono altri fattori. Ad esempio, dei progetti che rappresentano un'occasione unica, come, ad esempio, è stato la mini serie Tiberio Mitri - Il campione e la Miss. Mi viene in mente questa fiction, perché nell'immaginario di ogni attore c'è il sogno di interpretare un pugile e non è un'occasione che in Italia si propone così facilmente. Per questo motivo, quando ti trovi di fronte ad una possibilità del genere, la afferri senza tentennamenti. Anche il regista, poi, è un fattore di valutazione. A parità d'interesse, solitamente si sceglie la condizione umana che ci tranquillizza di più e in questo influisce anche il resto del cast coinvolto. Però, è talmente un lusso lavorare che non c'è nulla di doloroso in tutto questo. E' una scelta che viene fatta sempre con gli occhi pieni di felicità.

Fino ad ora ti sei sentito più a tuo agio con i toni leggeri della commedia o con quelli più pesanti del dramma? Luca Argentero: E difficile rispondere a questa domanda. Se tu scegli un film come Solo un padre sai perfettamente che andrai incontro a due mesi intensi e particolarmente pesanti. Se, invece, accetti la proposta di Diverso da chi? a Trieste, in riva al mare con la Gerini a fare i cretini, è ovvio che si tratta un'esperienza completamente diversa. Alla fine, però, dipende sempre dalla qualità progetto. In realtà, però, la commedia ti offre la grande opportunità di regalare una risata. E oggi abbiamo bisogno di ridere.

C'è qualche attore del passato e del presente che hai utilizzato come riferimento? Luca Argentero: Mi viene difficile pensare agli attori del passato Quando ti chiedono un attore di riferimento se non dici Volontè e Mastroianni rischi di passare per eretico. Io, però, preferisco avere una fonte di ispirazione moderna come, ad esempio Kim Rossi Stuart. Quando osservo le sue interpretazioni, il mio desiderio è di arrivare un giorno al suo livello.

Nel corso di questi anni hai ricevuto dei consigli utili per affrontare il mestiere di attore? Luca Argentero: Certo, uno dei più utili è arrivato proprio da Pierfrancesco Favino mentre eravamo sul set di Saturno Contro. Mi disse che mi sarei dovuto preoccupare veramente quando, dovendo affrontare una nuova scena, non mi fossi più sentito nervoso. Questo voleva dire che, fino a quando mi fossi stato in dubbio e in tensione per il mio lavoro, lo avrei affrontato sempre con il massimo della serietà. Questo mi ricollega a una seconda grande citazione, che non dimenticherò mai. Ero sul primo set cinematografico della mia vita, ossia quello di A casa nostra di Francesca Comencini, e mi sentivo veramente terrorizzato. Prima di allora avevo vissuto solo l'esperienza di Carabinieri e sentivo tutta la pressione di un'occasione importante. In quel momento mi è venuto in aiuto un macchinista romano che, per definizione di categoria, è in grado di dispensare vere perle di saggezza. Ricordo che mi venne vicino e, senza troppi giri di parole, mi disse di non fare "cazzate" perché il film rimane. E questa è una sacrosanta verità. Quando arrivi sul set, tu devi pensare che ogni singolo fotogramma rimarrà fino a quando ci saranno i supporti digitali e avremo traccia dell'uomo su questo pianeta. Da quel momento cerco di lavorare con la massima concentrazione, sapendo di vivere un'occasione unica.

Ripensando a progetti come Tiberio Mitri, Oggi sposi e la Contessa di Chiarini anche tu hai avuto la possibilità di misurarti con scene di azione. Come ti sei preparato fino ad ora e, soprattutto, ti piacciono? Luca Argentero: A chi non piacciono. Diciamo che con la boxe ho un po' esaurito la volontà di mettermi alla prova e anche di farmi male. Durante la lavorazione di Tiberio Mitri mi sono fratturato due costole e la mano. Quest'anno però ho partecipato a due progetti che sono tornati a stuzzicare la mia voglia di action. Si tratta dell'ultimo film di Placido, Le Guetteur, totalmente francese. Gli unici italiani eravamo io e Michele che parlavamo come Toto e Peppino a Parigi. Una cosa veramente imbarazzante. Qui faccio parte di una banda di rapinatori di banche e il film si apre con una sparatoria che dura più di nove minuti con pallottole ovunque e macchine che saltavano in aria. Insomma il vero action. Il secondo, invece, è il film di Marco Risi Cha Cha Cha, dove mi trovo dall'altra parte della barricata nel ruolo di un ispettore privato. Quando devi affrontare questi ruoli, ti prepari tecnicamente con i maestri d'armi e, con molta precisione, cerchi di non ferirti in nessun modo. Un'altra cosa che non si percepisce, è che un attore infortunato rappresenta per la produzione un grande problema. Basta un occhio nero o un labbro spaccato per fermare per interi giorni un film. E questo è un vero disastro.