Recensione Wuthering Heights (2011)

La Arnold sacrifica in parte tutto l'aspetto sanguigno e violento della storia, creando una sorta di bolla protettiva davanti alle vicende raccontate, con una climax narrativa che sembra non arrivare mai ad una conclusione soddisfacente.

Black is the colour

Il signor Earnshaw è un agricoltore dello Yorkshire che vive per essere un buon cristiano. Quando, di ritorno da un viaggio a Liverpool, incontra per strada un ragazzino di colore orfano e senza casa, decide di adottarlo e di farlo vivere con la sua famiglia. Apertamente osteggiato dal primogenito Hindley, che lo picchia selvaggiamente, trattandolo come ospite sgradito, Heatchcliff, questo il suo nome, si innamora ricambiato di Catherine, l'altra figlia di Earnshaw. Il loro è un sentimento puro, totalizzante, che non ammette intrusi e che viene messo alla prova ogni giorno dalle violenze e dai pregiudizi degli altri. Nonostante questo, però, la loro non è una storia destinata ad avere un lieto fine; dopo l'incontro fortuito con il giovane e ricco Edgar Linton, Catherine decide di sposarlo, pur ammettendo di amare solo Heatchcliff. Sentitosi rifiutato, il ragazzo fugge dalla tenuta per ritornare anni dopo, ricco e spietato, per vendicarsi dei torti subiti. Il nuovo incontro con Catherine, in attesa di un figlio, riaccende una fiamma mai del tutto sopita e innesca un meccanismo che porta ad una tragica conclusione per tutti.

Non è affatto semplice adattare per il grande schermo un classico della narrativa ottocentesca come Cime tempestose di Emily Bronte, una difficoltà dimostrata bene dal film diretto da Andrea Arnold, presentato in concorso al Festival di Venezia. Assumendosi tutti i rischi del caso, la regista del celebrato Fish Tank rilegge in maniera personalissima il romanzo della Bronte, trasformando lo 'zingaro' Heathcliff in un ragazzo di colore venuto da un paese lontano e restituendo ai protagonisti una giovane età, stranamente mai sottolineata nelle altre numerose trasposizioni cinematografiche e televisive. Nonostante le rigide convenzioni sociali dell'epoca, l'amore tra i due ha i connotati della passione adolescenziale, assoluta e senza mezze misure. Quello che poteva essere (ed in parte è) l'aspetto più riuscito della pellicola diventa un limite nel momento in cui la regista concentra su di esso tutta la narrazione, tagliando una sostanziosa parte del libro, quella relativa alle conseguenze nefaste del rapporto sentimentale di Catherine e Heatchcliff sulla vita delle rispettive famiglie. Mitigata nella sua forza distruttrice rispetto alle pagine scritte, è la figura maschile ad aver quindi subito i cambiamenti più sostanziali.
Operando un netto lavoro di sottrazione, con dialoghi ridotti all'osso, per non parlare della colonna sonora (fatta eccezione per alcuni canti tradizionali britannici e per i rumori minacciosi della natura, sempre in primo piano) la Arnold sacrifica in parte tutto l'aspetto sanguigno e violento della storia, creando una sorta di bolla protettiva davanti alle vicende raccontate, con una climax narrativa che sembra non arrivare mai ad una conclusione soddisfacente. A funzionare meglio, quindi, è la prima metà del lungometraggio, quella che vede come protagonisti i giovanissimi Catherine e Heathcliff, due ragazzini destinati ad essere separati dalla società per il diverso colore della pelle, la cui storia d'amore ben rappresenta i turbamenti e le scoperte di un'età di per sé problematica, spunto che la Arnold non monopolizza di certo ma che contribuisce a dare pathos al racconto, grazie anche alle buone interpretazioni di Solomon Glave e Shannon Beer. Nella seconda, in cui avrebbe dovuto prendere il sopravvento la follia vendicativa di Heatchcliff, l'acerbo e monocorde James Howson, il ritmo si allenta e si resta in attesa di un'esplosione che non arriva mai, ammaliati dai paesaggi dello Yorkshire che in Wuthering Heights diventano quasi dei personaggi aggiunti. Bella e imperfetta, l'opera di Andrea Arnold, della quale non possiamo non sottolineare e apprezzare il rigoroso lavoro di messa in scena, riesce parzialmente, com'era invece nell'idea della stessa autrice, a mettere tra parentesi il classico racconto dell'amore immortale tra Catherine e Heatchcliff, per esaltarne invece la carica di estrema crudeltà emotiva, restituendo solo a tratti quell'intensa visionarietà che ha fatto di Cime tempestose un classico.

Movieplayer.it

3.0/5