Recensione Venezia Salva (2012)

Il principale elemento significante diviene l'immagine, la ricerca di bellezza si fa ossessione contenutistica e il destino dei congiurati veneziani assume una valenza universale tra gli splendori di palazzi e monumenti.

Spendore e tormento della Serenissima

La tragedia di Simone Weil Venezia Salva prende vita sullo schermo grazie all'impegno della regista veneziana Serena Nono che, per la terza volta, torna a collaborare con la Casa dell'ospitalità di Venezia e Mestre. La struttura, che ospita persone senza fissa dimora, fornisce materiale umano per la pièce e, come nel caso dell'acclamato Cesare deve morire, vede attori non professionisti infondere nei loro personaggi un surplus di spessore e verità derivante dalle loro drammatiche esperienze di vita. Come nel film dei Taviani, anche qui ci troviamo di fronte a una messa in scena teatrale in cui finzione scenica e riflessioni metateatrali si fondono e si alternano. Stavolta però, alla claustrofobica ambientazione carceraria, si contrappone quel maestoso palcoscenico di acqua e marmo che è la città di Venezia. Grazie al sostegno della città e della Regione Veneto palazzi, chiede, calli e canali divengono scenografia naturale del dramma della Weil liberamente rivisto e digerito dagli interpreti non professionisti, affiancati da David Riondino.

La tragedia di Simone Weil, ambientata nel 1618, si consuma nel corso delle ventiquattro ore che precedono la Festa della Sensa. Un gruppo di congiurati manovrato dall'ambasciatore spagnolo e dal vicerè di Napoli organizza il sacco di Venezia per consegnare la città nelle mani della Spagna. La missione viene affidata all'esperto Pierre, ma la notte del previsto sacco l'uomo viene chiamato a prestare servizio per la repubblica marinara e si fa sostituire da Jaffier, ufficiale provenzale innamorato della bella figlia del segretario dei Dieci. A causa dei sentimenti nei confronti della giovane veneziana, Jaffier farà fallire il piano tradendo i compagni. Tutti i congiurati verranno tratti in arresto e puniti con la morte.

Venezia Salva rispetta la struttura classica della tragedia: il film è rigorosamente diviso in tre atti, separati da frammenti di backstage, incontri e riflessioni sul lavoro della Weil e sul senso dell'arte. Cuore dell'opera filmica, che prova a reinventare la profondità del testo drammaturgico a cui si ispira, è la collisione tra tradimento e senso di colpa, tra incanto e distruzione. A fagocitare tutto la bellezza estetica di una città eternata nel suo antico splendore, ma al tempo stesso in bilico su un precipizio. La consapevolezza del dramma e il senso del pericolo che incombe vengono resi con efficacia grazie ai ritmi lenti e dilatati con cui la telecamera si prende tutto il tempo necessario per esplorare le straordinarie location. Le meraviglie veneziane fagocitano l'elemento umano. Gli interpreti, la cui recitazione amatoriale o la pronuncia incerta (molti degli attori non sono italiani) talvolta distrae dal cuore delle vicende, ben rendono l'idea di quel crogiolo di viaggiatori, soldati di ventura e mercanti che popolavano la Repubblica della Serenissima nel '600, ma mancando di forza interpretativa non riescono a restituire la potenza della parola teatrale. Di conseguenza il principale elemento significante diviene l'immagine, la ricerca di bellezza si fa ossessione contenutistica e il destino dei congiurati veneziani assume una valenza universale tra gli splendori di palazzi e monumenti.

Movieplayer.it

3.0/5