Recensione Two Mothers (2013)

Da un racconto di Doris Lessing, la storia dell'amicizia simbiotica di due donne e la successiva relazione che ciascuna instaurerà con il figlio dell'altra. A tratti intrigante, il film sembra però a volte rinchiuso nella sua trama da racconto morale, dimenticando di tratteggiare a dovere i personaggi.

Due donne imprevedibili

È un oggetto in fin dei conti strano questo Two Mothers, nuova regia di Anne Fontaine (Nathalie..., Coco avant Chanel - L'amore prima del mito, Il mio migliore incubo!), una sorta di satira e/o di parabola anti-borghese in un luogo così eccentrico - almeno per questo tipo di racconti - come le spiagge dell'Australia. Qui, in uno spazio incontaminato e lontano dall'unico paesino della zona, vivono Lil e Roz - le cui ville sono a pochissima distanza l'una dall'altra. Le due donne si conoscono sin da bambine, avendo sviluppato un rapporto strettissimo di amicizia, una condivisione totale di sensazioni e umori. Crescendo, le due partoriscono due figli che, raggiunta la maggiore età, hanno cementato a loro volta un'amicizia profonda, creando così sostanzialmente una sorta di famiglia a quattro. Le cose vanno poi tanto in là che Roz fa sesso e sviluppa una storia d'amore con il figlio di Lil, e viceversa. Superato l'iniziale imbarazzo e sconcerto, i quattro decidono di accettare la situazione, anche perché hanno scoperto di non essere mai stati così felici...


La particolarità di questa vicenda, tratta dal racconto Le nonne di Doris Lessing, è tale che richiede tutta una serie di elementi in grado di convincere lo spettatore: in primis, far accettare in modo non meccanico che i quattro siano davvero così felici tra di loro. Per raggiungere questo obiettivo, non aiuta la necessità di fare una serie di ellissi - dalla sequenza delle protagoniste ancora bambine, a loro giovani con i figli piccoli, ai figli cresciuti, ecc. - che, ovviamente, rompono l'unità narrativa e lo sviluppo psicologico dei personaggi. In effetti, sembra essere questo il difetto maggiore di Two Mothers: la necessità di costruire un racconto a-morale e tutta la complessità dei suoi risvolti mette in secondo piano la costruzione dei personaggi e le loro psicologie. Ciò non toglie che vi siano nel film anche momenti sinceramente riusciti e che, nel complesso, si respiri un'aria intrigante giocata sul sottile filo dell'equilibrio tra incredulità e adesione ai personaggi. Ma, probabilmente, è proprio la complessità e l'ambizione del racconto a far sì che qualcosa resti per strada. Chissà, forse, solo un grandissimo regista, un Bergman o un Rohmer, sarebbe stato in grado di mettere in scena una vicenda così articolata.

Buona, ovviamente, l'interpretazione di Naomi Watts e Robin Wright, con quest'ultima che riesce a fare qualcosa in più, anche perché il suo personaggio ha una complessità maggiore di quello della Watts. Ottimo invece il contributo di Ben Mendelsohn (Come un tuono, Cogan - Killing Them Softly) che, nei panni del marito della Wright, sembra essere l'unico ad avere gli strumenti per giudicare, osservare e indovinare quanto accade in questa famiglia a quattro da cui lui è sempre stato escluso. Ma, forse, quel che più resterà nella memoria di [bTwo Mothers è proprio la particolarità dell'ambientazione: queste spiagge isolate e meravigliose dell'Australia, dove forse il contatto quotidiano con una natura così meravigliosa e così libera autorizza ancor di più a relazioni e amicizie tutt'altro che canoniche.

Movieplayer.it

3.0/5