Recensione Tre cuori (2014)

Un uomo si innamora all'istante di una sconosciuta che poi perde di vista; ripiegherà, senza saperlo, sulla sorella della donna e metterà la sua vita a repentaglio in una situazione claustrofibica. L'amore secondo Jacquot, in concorso a Venezia 71, è un sentimento mellifluo e inappagante.

Le luci di Parigi non illuminano la vita di Marc, revisore delle tasse abituato a calcolare tutto senza lasciar spazio ad imprevisti. Eppure, anche un uomo come lui deve fare i conti con l'ineffabile, un amore non previsto. In trasferta di lavoro in un piccolo paese della provincia francese, Marc perde il treno che dovrebbe portarlo a casa. Così, in una notte quieta, finisce per incontrare lo sguardo triste di una bella sconosciuta. La abborda, chiacchiera con lei, forse si innamora all'istante di quella donna di cui sembra sapere tutto. L'appuntamento tra i due, che non si scambiano nemmeno un bacio, è per il venerdì successivo, nel giardino delle Tuileries, a Parigi.

Per Sylvie, imprigionata in una relazione senza più sussulti con Christophe, quella è l'occasione per fuggire da una prigione dorata. Lascia il compagno, torna a casa dalla madre e si prepara ad una nuova, possibile, vita. Il caso, però, lo stesso che aveva fatto incontrare i due, tesse la sua trama con crudeltà inaudita. Marc, colpito da un grave malore, non arriverà mai sul luogo dell'appuntamento, e Sylvie si sentirà abbandonata e sola. Mesi dopo, l'uomo sembra non pensare più alla misteriosa signorina del treno perso ed è pronto a palpitare per un'altra donna, Sophie, un'antiquaria che incontra negli asettici uffici in cui lavora. Non è amore, non è passione, è un sentimento strano che facilmente può essere scambiato per qualcosa di più grande, ma riesce a pacificare tutti. Sembrano felici, fino a quando Marc non scopre che Sophie è la sorella di Sylvie.

Un uomo, due donne

Un dramma sentimentale, con pochi sprazzi di umorismo, un omaggio ai grandi film d'amore del passato, con personaggi tormentati e sentimenti destinati ad esplodere in maniera distruttiva. Avrebbe dovuto essere un'opera dalle grandi tematiche, ma la nuova fatica del francese Benoît Jacquot, Tre cuori, presentata in concorso alla 71.ma Mostra Internazionale Cinematografica di Venezia, è in realtà un film che non scalda il cuore, piuttosto rattrappito sulla propria volontà di parlarci delle vite e delle scelte di tre personaggi in realtà anonimi.

Se non stiamo insieme ci sarà un perché

Benoît Poelvoorde e Chiara Mastroianni in Tre cuori
Benoît Poelvoorde e Chiara Mastroianni in Tre cuori

Quando si affrontano determinate storie, la descrizione dei personaggi, o meglio la loro resa sul grande schermo, deve essere quanto più possibile emozionante e vera; Jacquot, che pur dimostra abilità nel descrivere certe dinamiche emotive, ci consegna invece tre protagonisti piuttosto monocordi, pienamente attaccati ad un'immagine di sé codificata e quindi irreale per chi vede. Marc, interpretato dal belga Benoît Poelvoorde, attore comico non pienamente a proprio agio in un genere che ne imbriglia il naturale umorismo, è un uomo che "vorrebbe ma non può", tipico rappresentante di una categoria maschile fastidiosa e nociva. Sylvie, una Charlotte Gainsbourg in perenne stato di stupor, è invece una donna tenebrosa e irrisolta, incapace di affrontare di petto una situazione, abile nelle fughe, meno nei rapporti. Chiude il tris Chiara Mastroianni che col suo volto angelico e glaciale poco aggiunge alla sua eroina, creatura fragile e delicata che non riesce a comprendere quanto sta succedendo alla sua vita.

Tre destini che si uniscono

Tre cuori: Charlotte Gainsbourg e Chiara Mastroianni in una scena del film
Tre cuori: Charlotte Gainsbourg e Chiara Mastroianni in una scena del film

La visione del film di Jacquot non può quindi lasciare completamente soddisfatti e sono molteplici i fattori che ce lo fanno considerare non riuscito. In primis la volontà di condurre per mano lo spettatore, instradandolo sui binari voluti, in maniera didascalica. Ecco quindi un'incomprensibile musica minacciosa che sottolinea con pesantezza gli snodi narrativi di una certa rilevanza, siano essi incontri, scontri, treni perduti o amplessi furtivi. Ancora peggiore, se possibile, è l'utilizzo di una voce off, completamente slegata dal contesto e inserita a metà film a spiegare, raccordare, cose che non dovrebbero essere commentate, con un tono falsamente e fastidiosamente poetico. Con ogni probabilità, la presenza di questa entità suprema, una sorta di coscienza non richiesta, cerca di rattoppare qualcosa che lo stesso regista giudica carente.

Il risultato di questa "gestione" molto calcolata di un materiale narrativo che al contrario avrebbe dovuto parlarci di passioni e sentimenti viscerali, è una freddezza di fondo che lascia stupefatti. Un film che come dice il titolo dovrebbe analizzare, mostrare, i patimenti dei protagonisti, diventa un'operazione un po' sterile, vacua, per nulla palpitante. Ed è un vero peccato, considerato il fatto che in certi momenti, specialmente all'inizio, nell'incontro tra i due sconosciuti, il gioco sui primi piani, certe piccole finezze, ad esempio il gioco con l'accendino e la sigaretta, facevano presagire uno sviluppo della storia meno piatto di quanto poi sia risultato alla fine.

Conclusione

Le intenzioni di Benoît Jacquot sono più che nobili, riportare in auge un certo dramma sentimentale, leggiadro e profondo al tempo stesso, che ci faccia innamorare dei personaggi e dei loro struggimenti, ma il risultato è meno significativo di quanto voluto, equiparabile ad un innocuo teatrino borghese.

Movieplayer.it

2.0/5