Recensione Transformers 4: L'era dell'estinzione (2014)

L'eccentrico scienziato Cade Yeager si imbatte nei resti di Optimus Prime e si trova coinvolto in un pericoloso programma di costruzione di un esercito robotico di Transformer voluto da un alto funzionario della CIA. E' solo l'inizio del più classico dei film di Michael Bay....

E' l'atavico dilemma che si pongono i creatori di un prodotto cinematografico di successo: continuare sullo stesso percorso, confermando gli attori e le storie amate dal pubblico o rischiare qualcosa e cambiare la squadra? Michael Bay ha provato a risolvere la questione ponendosi a metà strada tra le due scuole di pensiero e con Transformers 4: L'era dell'estinzione ha dato vita ad un semi-reboot, ovvero, un film in continuità con i tre precedenti capitoli della saga ispirata ai giocattoli della Hasbro, ma con personaggi e interpreti diversi.

Un rischio assolutamente calcolato, quello che si è preso, visto che l'autore di Los Angeles è stato premiato dal pubblico americano con un primo solidissimo posto nella classifica dei film più visti negli States. Via Shia LaBeouf, dunque, dentro Mark Wahlberg, ovvero, fuori lo spirito guascone, temerario e un po' insolente di Sam Witwicky, via libera ai tormenti di uno scienziato, inventore pasticcione e in crisi, con figlia adolescente a carico. E' uno spostamento impercettibile in una storia che resta sostanzialmente fedele a se stessa, lo diciamo subito, e in cui ritroviamo tutti gli stilemi del Bay Touch (tramonti compresi).

Di uomini e robot

Transformers: Age of Extinction: Mark Wahlberg e Jack Reynor in una scena
Transformers: Age of Extinction: Mark Wahlberg e Jack Reynor in una scena

Si ricomincia a quattro anni dalla furiosa battaglia tra robot che ha raso al suolo Chicago. Un inventore un po' naif, il dottor Yeager, ritrova in un cinema abbandonato (purtroppo il grande pubblico ama solo le schifezze e i sequel da quattro soldi...) i resti di Optimus Prime. Nel frattempo un alto funzionario della CIA, Harold Attinger (Kelsey Grammer), inizia la sua lotta serrata ai Transformer, ormai considerati la più grossa minaccia dell'umanità, e si fa affiancare nella sua caccia da un misterioso cacciatore di taglie alieno. Ma non saremmo in un film di proporzioni extralarge se a queste due linee narrative non ne trovassimo un'altra che riguarda proprio la megalomania di Attinger, deciso a costruire un esercito di robot multifunzionali, fondendo le vecchie macchine e sfruttando la testa del malvagio Megatron (mai risvegliare le teste dei cattivi). E c'è anche il ritrovamento di una terza classe di robot che affiancano gli Autobot e i Decepticon, i Dinobot, chiamati a supportare i buoni nella lotta contro il male. Ciliegina finale, la resa dei conti ad Hong Kong. In fondo bisogna sempre tener conto dei nuovi mercati.

Breve storia di un ingranaggio

Prima di approdare nelle mani di Michael Bay, forse uno dei più grandi creatori di blockbuster di Hollywood, i Transformers hanno accompagnato intere generazioni di bambini che negli anni '80 giocavano con le macchinine mutaforma, fantasticando avventure straordinarie. I giocattoli della Hasbro sono poi approdati in televisione, grazie ad una collaborazione nippo-americana datata 1984 e sui fumetti, dove i Transformers, mantenendo fede alla propria natura mutevole, sono stati raccontati in una versione Manga, ispirata principalmente ai cartoni, e con delle serie volute dalla Marvel Comics. La rinascita su carta dei Transformers, voluta dalla Dreamwave prima e dalla IDW Publishing poi, è stata solo l'anticipazione dell'epica cinematografica voluta da Michael Bay, che ormai dal 2007 è saldamente al timone di questa barca che non conosce mari agitati.

"E' una cattiva idea, ma io sono tutto una cattiva idea"

E' un film che non fa della tenuta narrativa il punto di forza e lo conferma in ogni scena. Si resta talmente storditi dal profluvio di bombe, inseguimenti, botte da orbi, da non sapere più cosa si stia guardando. Il bello è che le cose funzionano anche (almeno fino a quando non ci si prende sul serio) sfruttando le doti naturali di un umorista come Stanley Tucci, che interpreta con grande leggerezza il tecnocrate milionario che supporta Attinger nella creazione del corpo militare robotico. Passata la tempesta di emozioni, la scarica di adrenalina, si ritorna al punto di partenza. Bay, insomma, porta la palla e gioca da solo, certo di essere il padrone totale della sua creatura, indifferente alle incoerenze dello script e all'ambiguità sotterranea della trama, anzi, divertito dalla possibilità di ingrandire a dismisura il racconto. Tralasciamo appositamente ogni discorso sulle figure femminili stereotipate e sulla misoginia di fondo della storia della ragazzina che viene "affidata" dal papà al fidanzato, perché non è questo un terreno su cui il regista si avventura con disinvoltura, tenendo conto del modesto contributo di Nicola Peltz.

Conclusione

Chi ama questo genere di film ne amerà fatalmente anche i difetti strutturali, anzi, preferisce non rendersi conto della sparizione di alcuni personaggi, della banalità degli stereotipi e di uno stile ridondante. Tutti gli altri ravviseranno in questo quarto capitolo un'accozzaglia di divertenti sequenze senza grosso significato, diluite in una durata mostruosa (quasi tre ore).

Movieplayer.it

2.0/5