Recensione I soldati dell'imperatore (2012)

Sontuosa coproduzione cino-hongkonghese, The Guillotines è un'opera epica ed avvincente, specie nella seconda parte, ma sofferente di un sottotesto politico davvero troppo esplicito, ideologicamente (a dir poco) discutibile.

Il dissenso decapitato

Cina, fine XVIII secolo. L'imperatore, appartenente alla dinastia Qing, mantiene l'ordine nel regno facendo uso delle Ghigliottine, una squadra segreta di assassini che si servono di una mortale arma che decapita il nemico. Il gruppo mette a segno un importante risultato con la cattura di Wolf, un rivoluzionario appartenente alla dinastia Han, ispiratore di un vero e proprio movimento di guerriglia che si propone di abbattere il potere dei Qing. Il giorno previsto per la sua esecuzione, però, Wolf riesce a fuggire, prendendo prigioniera Musen, membro delle Ghigliottine e figlia del loro comandante in capo. Sei membri della squadra, così, vengono inviati presso le terre degli Han per recuperare il corpo della donna (da tutti creduta morta) e chiudere definitivamente i conti con Wolf. Ma, a quanto pare, il vero scopo dell'imperatore è quello di liberarsi delle Ghigliottine, che rappresentano ormai un segreto sempre più ingombrante, e i cui servigi sono facilmente sostituibili da un esercito dotato di moderne armi da fuoco...
Il genere del period action cinese, spesso avvalentesi di co-produzioni tra Cina e Hong Kong, ha avuto quest'anno una delle sue principali espressioni in questo The Guillotines, diretto dal veterano Andrew Lau. Il film di Lau sfrutta un tema, quello delle letali Ghigliottine, che è motivo topico per il cinema di genere hongkonghese, in passato espresso in classici quali la serie de La ghigliottina volante dei fratelli Shaw. Qui, Lau contestualizza storicamente l'azione della micidiale squadra, si avvale di un imponente apparato produttivo, per rappresentare (in forma di action movie) l'affresco storico di un cambio d'epoca, che porta con sé il sacrificio dei simboli del periodo precedente. Uno dei temi a cui il film ruota intorno, in effetti, è proprio il contrasto tra passato e presente, l'evoluzione che coincide con l'occidentalizzazione (metafora, forse, dello stesso cinema di genere di Hong Kong), il crepuscolo di eroi tragici ormai considerati reietti. L'ultima missione delle Ghigliottine assume infatti (o vorrebbe assumere) valenze alla Sam Peckinpah, quelle di un gruppo di uomini che, ormai traditi e ripudiati dallo stesso potere che servivano, restano legati solo dall'amicizia e dalla lealtà reciproca.

Proprio su questo aspetto, tuttavia, il film di Lau mostra la prima, grave, pecca: tutta la prima parte si rivela abbastanza confusa, con i personaggi appena abbozzati, e i motivi della loro azione che restano piuttosto oscuri. Vengono fuori, tra i sei guerrieri, solo le figure dei fratelli adottivi Haidu e Leng, attraverso i quali la sceneggiatura porta avanti il motivo dei legami fraterni e del tradimento: questo assume qui la doppia valenza del tradimento del figlio legittimo verso il fratello adottivo, ripudiato e ingannato per la brama di potere, e di quello del secondo, di sangue Han, verso la propria stirpe, ripudiata per servire i nemici. Su tutto, il tradimento principale è quello dello stesso imperatore, che inganna il gruppo che per anni lo aveva servito fedelmente, e che aveva sacrificato tutto per una lealtà incondizionata. Nella seconda parte, quando il film si concentra sul contrasto sempre più serrato tra i due fratelli, e sul confronto di Leng con un Wolf di cui iniziamo (tardi) a comprendere le reali motivazioni, il film prende quota: il ritmo, inizialmente latitante, diventa più incalzante con il delinearsi del dramma, di doppia matrice affettiva e politica, che assurge al centro della narrazione. La regia riesce a organizzare il materiale (comunque non nuovo) a disposizione in un climax abbastanza convincente, che carica di epicità gli eventi.

Tuttavia, anche nella sua frazione narrativamente più riuscita, The Guillotines dissemina dubbi ed elementi problematici, legati anche al sottotesto politico che porta con sé. Se, a suo tempo, un film come Hero di Zhang Yimou fu accusato di essere pellicola di regime (e, col senno di poi, va riconosciuto che tale accusa non era poi infondata) qui la componente propagandistica, diremmo persino reazionaria, che sottende tutta la narrazione, appare davvero troppo scoperta. La risoluzione della vicenda, che ricalca nel senso (ma in modo ancor più pomposo) quella del citato film di Zhang, mostra con chiarezza la matrice ideologica dell'opera: il messaggio che ne viene fuori (la pace e il benessere sono il mezzo attraverso cui eliminare il dissenso) è espresso in modo talmente esplicito che è davvero impossibile ignorarlo. A tutto questo, va aggiunta l'enfasi "cristologica", anch'essa fin troppo esplicita, con cui viene delineato il personaggio di Wolf: gratuita e poco coerente con la figura di un leader rivoluzionario, a tratti sconfinante nella pacchianeria. Elementi, questi ultimi, che appesantiscono la fruizione del film, e che ne rendono oggettivamente difficile (e forse sbagliata) una lettura libera da considerazioni extra-cinematografiche. Resta comunque, The Guillotines, un buon prodotto dell'industria cino-hongkonghese; la cui fattura, anche nei suoi elementi ideologicamente più discutibili, può gettare una luce sull'attuale realtà delle co-produzioni, e su come anch'esse possano essere influenzate, in maniera decisiva, da logiche politiche e di propaganda ben lungi dall'essersi esaurite.

Movieplayer.it

3.0/5