Recensione The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca (2013)

E' questo conflitto il vero centro dell'opera, l'opposizione tra chi crede saldamente in un riscatto sociale da conquistare a sprezzo della propria vita (le nuove generazioni) e chi, come Cecil, preferisce rimanere al proprio posto assecondando una paura diventata ormai una seconda natura.

E dire che solo un anno fa il nostro cuore trepidava per Django, l'eroe capace di elevarsi al di sopra delle violenze e delle discriminazioni razziali picchiando più forte degli altri. Il protagonista del nuovo film di Lee Daniels, The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, non ha certo il furore del pistolero creato da Quentin Tarantino, ma cammina tra i sentieri della storia, con dignità e senza colpi di testa, rendendosi quasi invisibile al cospetto dei grandi per cui lavora. Cecil Gaines è infatti il Maggiordomo della Casa Bianca e il suo unico compito è quello di servire, senza mai fare domande, senza intervenire. Nato in Georgia in una piantagione di cotone, Cecil è costretto ad assistere all'omicidio del padre per mano di un bianco che precedentemente aveva stuprato la madre del ragazzino; accolto in casa dalla padrona che gli insegna come servire in maniera appropriata, Cecil cresce diventando un perfetto maggiordomo e raggiunta la maggiore età è pronto ad uscire dal 'nido'.

Approda a Washington dove lavora in un hotel di lusso; sposa Gloria che dà alla luce due figli, Louis e Charles. Poi, la chiamata della Casa Bianca e l'arrivo al 1600 di Penn Street nel 1957. Nel 1986, le dimissioni dall'incarico. In trent'anni, Cecil è stato il testimone dei grandi cambiamenti sociali e politici degli Stati Uniti, servendo con devozione sette presidenti, da Eisenhower a Reagan, passando per Kennedy, Johnson e Nixon, e soprattutto dei profondi sconvolgimenti che hanno segnato la sua famiglia; delusa da un matrimonio senza brividi, Gloria diventa alcolista, il figlio minore Charles muore in Vietnam, mentre il combattivo Louis dedica l'intera vita alla lotta contro la segregazione razziale, prima al fianco di Martin Luther King, poi con le Black Panthers e infine dai seggi del Congresso.

Coi guanti bianchi

The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: Cuba Gooding Jr. in una scena con Forest Whitaker e Lenny Kravitz
The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: Cuba Gooding Jr. in una scena con Forest Whitaker e Lenny Kravitz

Il film è stato ispirato dall'articolo pubblicato nel 2008 sul Washington Post da Wil Haygood, A Butler well served by This Election, che riporta la vera storia di Eugene Allen, ex maggiordomo della Casa Bianca. L'elezione a cui si riferisce l'articolo è naturalmente quella di Barack Obama, il primo presidente di colore degli Stati Uniti che lo volle come ospite d'onore il giorno dei festeggiamenti per l'insediamento. Per l'uomo, nipote di schiavi della Virginia, al servizio di otto presidenti, di cui si è guadagnato la stima con i modi gentili e affabili, fu il giorno più bella della vita, una sorta di risarcimento per le sofferenze patite negli anni dalla sua gente. Da questo materiale è partito lo sceneggiatore Danny Strong (il Jonathan Levinson di Buffy - L'ammazzavampiri) per creare una storia di fantasia che però mantenesse intatto lo spirito di quell'uomo speciale, scomparso nel 2010.

Il film di Daniels somiglia ad un'Odissea, in cui l'eroe parte da casa e dopo una lunga sequenza di prove giunge finalmente alla consapevolezza di sé, in particolare alla riconciliazione con il figlio. Louis (David Oyelowo), primogenito di Cecil, viene considerato dal padre come una testa calda, ma si dimostra invece un uomo vero, guidato da un senso profondo di giustizia, attitudine acquistata in anni di lotta cruenta sul campo contro i razzisti. E' questo conflitto il vero centro dell'opera, l'opposizione tra chi crede saldamente in un riscatto sociale da conquistare a sprezzo della propria vita (le nuove generazioni) e chi, come Cecil, preferisce rimanere al proprio posto assecondando una paura diventata ormai una seconda natura. Ed è sicuramente questo a rendere più vivace il ritmo interno della narrazione, anche grazie ai continui montaggi alternati che ci mostrano Cecil e Louis nei rispettivi campi d'appartenenza.

Una pioggia di star

Ignorato dai selezionatori dei Golden Globes, The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca è per sua natura film in grado di accendere di passione i membri dell'Academy, che forse potranno risarcire con una nomination i due interpreti principali, gli impeccabili Forest Whitaker e Oprah Winfrey, quest'ultima di ritorno sul set dopo i due exploit in Il colore viola di Steven Spielberg e Beloved di Jonathan Demme. Quelle di Whitaker e Winfrey non sono le uniche due presenze eccellenti del film che raduna un cast di assoluto livello. Già visti nel lavoro precedente di Daniels, Precious, Lenny Kravitz e Mariah Carey si sono prestati ad interpretare due ruoli piccoli, ma significativi, quello di un collega di Cecil e della madre del protagonista; Robin Williams è il presidente John Eisenhower, James Marsden veste i panni di John Fitzgerald Kennedy, mentre John Cusack è il nevrotico Nixon. Gustosa l'interpretazione di Liev Schreiber che porta sul grande schermo Lyndon Johnson, ripreso da Daniels in un momento molto particolare, seduto cioè sul wc del suo lussuoso appartamento. Da segnalare poi la strana coppia composta da Jane Fonda e Alan Rickman, ovvero i coniugi Reagan. Ci appaiono tutti come degli uomini normali, chiamati ad essere 'straordinari' dalle circostanze politiche e storiche del loro tempo, tuttavia nessuno di loro ci viene presentato con i giusti chiaroscuri.

Commuovere consapevolmente

E' un film che vive di pochi guizzi, The Butler, bloccato com'è da una regia didascalica e di maniera che non è sempre in grado di far risplendere le bruttezze e le bellezze della storia (quella con la S maiuscola e quella privata), ma solo di illustrarle, con lo scopo di intenerirci. La parte migliore, allora, è quella più sporca, meno infiocchettata, in cui si raccontano le oltraggiose violenze razziste, mostrate in parallelo alla 'placida' vita di Cecil all'interno della Casa Bianca. Per inserire una grande quantità di temi e argomenti, Daniels e Strong sacrificano la profondità del racconto e dello sviluppo dei singoli personaggi; il risultato è un film godibile, anche grazie all'interpretazione sentita dei protagonisti, ma che difficilmente si fissa nella nostra memoria.

The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: David Oyelowo in una scena del film
The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: David Oyelowo in una scena del film

Conclusioni

The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: Forest Whitaker in un momento del film
The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca: Forest Whitaker in un momento del film

La confezione è elegante e la storia vera di Cecil, unita al racconto (seppur non dettagliato) delle principali tappe della lotta per i Diritti Civili, rappresentano degli indubbi motivi di interesse della pellicola, ma la sensazione è che regista e sceneggiatore non abbiano voluto prendersi troppi rischi nell'affrontare un tema controverso e dolorosamente sentito, finendo per assumere il punto di vista del protagonista, o meglio la sua volontà di agire senza porsi troppe domande, almeno fino al trionfale epilogo. Ci sono tuttavia genuinità e bellezza in questo signore gentile che svolge alla perfezione il proprio lavoro e che rendendosi indispensabile finisce quasi per essere un sovversivo e quando Cecil, ormai canuto e appesantito dagli anni, fiero di aver appeso al chiodo la divisa che lo aveva accompagnato dalla giovinezza, finisce in prigione col figlio, dopo un corteo di protesta per chiedere la liberazione di Nelson Mandela, la commozione che sentiamo è vera, non pilotata. Sensazione che non possiamo dire ci accompagni per tutto il film.

Movieplayer.it

3.0/5