Recensione Su Re (2012)

Senza la linearità data dal tradizionale affiancamento dei Vangeli, che compatta e omologa ciò che differisce nello sguardo di ogni singolo testimone, il film di Columbu diventa un'esperienza unica, in cui le immagini, accompagnate dalla melodia della lingua sarda, agiscono ad un altro livello, toccando le corde più profonde dell'animo.

Gesù deve morire

Sarà interessante vedere la reazione del pubblico davanti al bel film di Giovanni Columbu, Su Re ("Il re"), tratto dai Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Presentata in concorso al Torino Film Festival, l'opera, nelle sale il prossimo anno grazie alla Sacher Distribuzione di Nanni Moretti, racconta gli ultimi giorni di vita di Gesù in modo sorprendente e nuovo. Non solo perché la storia è stata trasportata in Sardegna ed è narrata in sardo, salto che ha comunque un valore innegabile e non solo in senso filologico, ma anche per la straordinaria cura della messa in scena, la potenza dei volti che spiccano sul paesaggio quasi fossero i personaggi di un quadro di Caravaggio. L'idea del film nasce circa 15 anni fa quando il regista scopre in una chiesa di Roma una tavola che riportava su quattro colonne i brani dei quattro Vangeli. Tanto è bastato per immaginare di raccontare una storia alternando quei punti di vista. E' una novità sostanziale l'aver dato voce a tutte e quattro le voci degli Evangelisti, ognuna diversa dall'altra, perché diverse erano le loro sensibilità ed esperienze. Senza la linearità data dal tradizionale affiancamento dei testi, che compatta e omologa ciò che differisce nello sguardo di ogni singolo testimone, il film di Columbu diventa un'esperienza unica, in cui le immagini, accompagnate dalla melodia della lingua sarda, agiscono ad un altro livello, toccando le corde più profonde dell'animo.


La ripetizione delle scene è il segno tangibile che il regista sia 'passato' da un Vangelo all'altro, ma il salto non è mai cronologico, descrittivo, lo si percepisce ad un altro livello, quasi fosse un sogno. Il paesaggio maestoso e brullo della Sardegna, sferzato da un vento continuo, il cielo che si stende a perdita d'occhio sono il palcoscenico ideale per questa umana Via Crucis e diventa esso stesso una chiave d'accesso ulteriore alla storia. Columbu si sofferma sui volti dei personaggi, mettendoli in risalto da inedite prospettive, con la purezza e la bellezza di un dipinto. Straordinario quindi anche il lavoro compiuto con gli attori non professionisti, alcuni dei quali pazienti dei Centri di Salute Mentale. Al di là di ogni aspetto religioso, la rappresentazione della Passione di Cristo viene spogliata di ogni sacralità e trasformata nel racconto doloroso della morte di un innocente; senza alcun compiacimento estetico della violenza e del sangue, il Gesù di Columbu, interpretato da Fiorenzo Mattu, è davvero uomo tra gli uomini, perfino goffo nel suo corpo, distante da qualunque rappresentazione canonica del figlio di Dio, aderente invece alle parole del profeta Isaia relative al Messia, "Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere".

Movieplayer.it

4.0/5