Recensione Stop the Pounding Heart (2013)

Struggente documentario rurale che scava nelle profondità dell'animo umano osservandone le fragilità e i bisogni primordiali.

Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla

Sara ha diciotto anni e vive in Texas nella fattoria di famiglia insieme ai genitori e ai suoi undici fratelli. Da sempre i Carlson allevano capre, producono latte e formaggio ed educano i figli in casa senza l'aiuto della scuola, seguendo unicamente i rigorosi precetti imposti dalla religione cristiana. La vita della ragazza è scandita dal silenzio, dal duro lavoro casalingo, dalla mungitura delle capre che si trasforma in un tenero rituale, dalla preparazione dei formaggi per il mercato e da lunghe passeggiate. In attesa di un uomo che la prenda in moglie e la renda madre, Sara ha assecondato l'obbligo morale di mantenersi pura nel corpo e nello spirito imposto dai suoi genitori e dal suo credo. Si accorgerà ben presto che fuori dalla fattoria il mondo è vivo, pieno di sorprese e di sentimenti da esplorare, ma a turbarla in maniera particolare sarà l'incontro con Colby, un giovane allevatore di tori e campione di rodeo che ricambia la curiosità di Sara facendola precipitare in una crisi esistenziale in cui il dubbio e lo smarrimento la fanno da padroni. Non si possono ignorare i fremiti del cuore, non è nella natura umana farlo, sarebbe come chiedere a un toro selvatico di lasciarsi cavalcare senza opporre resistenza e senza sferrare nemmeno un calcio.


Con Stop the pounding heart il quarantatreenne Roberto Minervini, cineasta originario di Fermo ma trapiantato negli States, conclude la trilogia sul Texas (tre film in tre anni) iniziata nel 2011 con The Passage e proseguita l'anno successivo con Low Tide, presentato lo scorso anno a Venezia nella sezione Orizzonti. Il suo struggente documentario rurale scava nelle profondità dell'animo umano osservandone le fragilità e i bisogni primordiali, un'opera che indaga in maniera incantevole sul senso della vita, sulla spiritualità, sulla solitudine e sull'amore introducendo con discrezione lo spettatore nell'esistenza dimessa di Sara al fine di mettere in luce quanto sia difficile la convivenza tra giovinezza e religione nell'America conservatrice del sud. Un luogo in cui le tradizioni sono ancora profondamente radicate, in cui i ruoli di genere sono ancora alla base del tessuto sociale e in cui convivono tante diverse comunità spirituali; è qui che l'amore si fa nozione, che il silenzio vince sulle parole, che le lacrime offrono l'unico sfogo possibile e l'abito bianco diventa sinonimo di salvezza.

Movieplayer.it

4.0/5