Recensione MultipleX (2013)

Stefano Calvagna fa il suo esordio nel thriller/horror, trasfigurando un luogo "sociale" per eccellenza come un moderno multisala. Il risultato è quello di un gradevole ed efficace intrattenimento di genere.

Non restate in quel multisala

Era un tassello ancora mancante, quello del thriller/horror, nella filmografia di un regista discusso, e catalizzatore di sentimenti contrapposti, come Stefano Calvagna. Il cineasta romano, infatti, ha finora diviso la sua carriera tra drammi sociali, action movie e (in minor misura) commedie, legando il suo modo di fare cinema alla sua controversa figura pubblica. Il recente Cronaca di un assurdo normale, riuscito, metacinematografico racconto dell'odissea giudiziaria che lo ha visto protagonista, è stato probabilmente il punto estremo di questa corrispondenza tra storia personale e cinema, profilo pubblico ed espressione artistica. Le stesse condizioni in cui il film fu girato (così come il precedente Rabbia in pugno, che verrà distribuito a breve) hanno inevitabilmente favorito questa sovrapposizione; sovrapposizione che rappresentava, comunque, uno degli elementi più interessanti di quell'opera. Ora, questo MultipleX (a cui seguirà l'annunciato Tonino, che segnerà il ritorno del regista alla commedia) era probabilmente necessario come "pausa", per la sua natura di opera più disimpegnata e divertita, in grado comunque di dare una scossa vitale al cinema del regista. In questo senso, il film raggiunge sicuramente i suoi obiettivi; offrendo un buon intrattenimento di genere, malgrado l'evidente stereotipizzazione di personaggi e situazioni.


Il plot è quantomai essenziale: un gruppo di giovani, composto da tre coppie, decide per una sorta di "sfida" di fermarsi all'interno di un multisala, dopo la fine della proiezione. Il guardiano del cinema, che già si era rivelato persona instabile e disturbata, si accorge attraverso le telecamere della presenza dei sei nella struttura; tuttavia, anziché invitare i giovani ad uscire, l'uomo inizia con loro un sadico gioco di gatto e topo, cacciandoli ed eliminandoli uno ad uno. Il guardiano ha inoltre un'altra prigioniera, una ragazza da lui catturata e immobilizzata in sala proiezioni: il multisala, da luogo di divertimento, si trasforma così in una trappola mortale, da cui tutti cercheranno una via di fuga.
Al di là di una struttura narrativa non particolarmente originale, frutto di una consolidata tradizione di genere, ciò che colpisce di MultipleX è la claustrofobia dell'ambientazione: funziona bene la trasfigurazione di un luogo "sociale" per eccellenza, quale un moderno multisala, in una trappola deserta, inquietante dedalo di corridoi illuminati solo dalle incerte luci al neon. Il regista coglie bene (e sfrutta narrativamente) il totale cambio di faccia della location, mostrandone il lato minaccioso dopo l'abbandono delle presenze umane che normalmente la abitano. Ciò che funziona, al di là di situazioni da thriller già viste, è proprio questo diverso sguardo su un luogo emblematico della modernità, luogo che risulterà tra l'altro familiare a molti spettatori romani.

La fotografia valorizza bene questa peculiarità dell'ambientazione, fin quasi a fare della location un altro personaggio; più inquietante e minaccioso, in sé, dello stesso villain interpretato da Federico Palmieri. Fondamentale anche il contributo dello score di Claudio Simonetti, che recupera all'uopo le tonalità progressive rock che furono marchio di fabbrica dei Goblin: composizioni che "bagnano" ulteriormente di inquietudine le immagini, al contempo sostanziandole e traendone impatto.
Va comunque detto che il progetto trova i suoi limiti in un gioco sì consapevole, ma a volte un po' troppo insistito, con gli stereotipi, in una recitazione non sempre al meglio, e in un'evoluzione della trama i cui sviluppi (abituati come siamo ai thriller statunitensi degli ultimi decenni) risultano presto intuibili. In ogni caso, colpisce e ispira simpatia la voglia del regista di giocare col genere; rimettendosi anche in discussione dopo essere stato identificato, per anni, con pellicole appartenenti ad altri (e apparentemente lontani) territori cinematografici. L'omaggio ad Al Festa e al suo Fatal Frames, pellicola proiettata prima dell'inizio della mattanza, non fa che strizzare ulteriormente l'occhio all'appassionato. E' già un piccolo miracolo che un film come questo arrivi in sala contemporaneamente a Tulpa - Perdizioni mortali di Federico Zampaglione: due pellicole, di diverse dimensioni, che omaggiano entrambe una tradizione così caratterizzante il nostro cinema, pur se ormai da decenni condannata all'invisibilità. Per ora, ci si può accontentare.

Movieplayer.it

3.0/5