Recensione Midnight in Paris (2011)

Non è certamente il messaggio o il plot il punto forte di questo nuovo film di Allen, ma sono gli ironici incontri, spesso surreali, del protagonista con tante personalità del passato, figure iconiche che il regista e scrittore tratteggia con la consueta (auto)ironia e in maniera irresistibile.

Mezzanotti magiche

Che Parigi fosse per Woody Allen una città magica lo sapevamo già dai tempi di quel gioiellino spesso sottovalutato che è Tutti dicono I Love You: nel film del 1996 il regista e attore newyorchese faceva elegantemente volteggiare per aria Goldie Hawn nel bel mezzo di un ballo sul lungosenna, potere del romanticismo innato della capitale francese e del genere musical a cui si rifaceva. Con questo Midnight in Paris scopriamo che l'incantesimo si estede ben oltre dei semplici passi di danza, ma anzi allo scoccare della mezzanotte avvolge l'intera città permettendo agli abitanti e ai turisti più sognatori di viverla costantemente al suo meglio, nella sua epoca d'oro, al di fuori dal tempo.


La condizione ideale per godersi questo nuovo film di Woody Allen, evento di apertura di questo 64. Festival di Cannes, sarebbe quella di sapere il meno possibile delle trovate del regista e godersi la lenta e progressiva trasformazione da tradizionale commedia romantica a "commedia in costume", ma è anche vero che senza quantomeno sfiorare il cuore del film non si riuscirebbe a rendere giustizia ad una pellicola che sebbene non priva di qualche momento fin troppo didascalico (e ovviamente lontano dai fasti dei capolavori della filmografia alleniana) riesce certamente a far ridere e divertire di gusto, soprattutto il pubblico di una certa cultura, amante dell'arte in tutte le sue forme, a cui evidentemente si rivolge.

La storia dello scrittore/sceneggiatore Gil e della sua fidanzata Ines in vacanza nella Ville Lumière con i genitori di lei non è infatti altro che una scusa per raccontare la romantica fiaba di un uomo che vive perennemente nell'illusione che la sua vita in un'altra epoca e in un altro luogo sarebbe certamente migliore. E quando come per magia la città sembra aprirgli le porte alla sua più grande fantasia, ovvero quella di poter finalmente incontrare gli scrittori e le persone che per tutta la vita ha sognato di conoscere, capisce che non è necessariamente il passato ad essere migliore, ma forse il presente a non essere vissuto al meglio.

Non è certamente il messaggio o il plot il punto forte di questo Midnight in Paris - anche se sarebbe interessante approfondire il perché di questo slancio di ottimismo da parte di un regista notoriamente cinico e cupo - ma sono gli ironici incontri, spesso surreali, del protagonista con tante personalità del passato quali Ernest Hemingway, Scott e Zelda Fitgerald, Gertrude Stein, Pablo Picasso, Cole Porter e un irresistibilmente folle Salvador Dalì a regalare fragorose risate grazie a dei ritratti certamente macchiettistici ma non per questo meno irresistibili. Merito certamente della scrittura di Allen che regala a queste figure iconiche molto della sua (auto)ironia e della sua idolatria, ma anche dei tanti attori che - da una perfetta Kathy Bates al meno noto ma affascinante Corey Stoll, così come i giovani e promettenti Tom Hiddleston e Alison Pill ed un esilarante Adrien Brody costantemente sopra le righe - con questi piccoli ritratti finiscono a rubare la scena non solo ai pur bravi protagonisti Owen Wilson, Rachel McAdams e la sempre più incantevole Marion Cotillard, ma anche alla tanto chiacchierata presenza della première dame Carla Bruni, che in realtà se la cava anche meno peggio di quello che si poteva temere, ma volete mettere con divi del calibro di Hemingway, Picasso e Dalì!

Movieplayer.it

3.0/5