Recensione La reconstrucción (2013)

Un film intenso, capace di regalare momenti di profonda commozione, un'opera adulta ed emotivamente trascinante che lascia parlare principalmente i volti, i gesti e i paesaggi lasciandoci nel cuore una sola grande certezza: le cose succedono, ma poi passano.

Distacchi e ritorni

Eduardo è un uomo burbero e trascurato che vive in solitudine nella sua casa di Rio Grande, in Patagonia, e se non fosse per il suo lavoro alla piattaforma petrolifera, che svolge in maniera quasi ossessiva, i contatti con il resto dell'umanità sarebbero ridotti quasi allo zero. Nulla di ciò che gli accade intorno sembra catturare la sua attenzione, nulla riesce a toccare i suoi sentimenti, raramente risponde al telefono o parla con qualcuno, talvolta non riesce nemmeno a guardare negli occhi le persone che provano a stabilire con lui un contatto umano. Eduardo si è annullato, vive nell'abbandono di se stesso, quasi allo stato brado, e rifiuta le emozioni per evitare ulteriori sofferenze. Ma il suo non è egoismo, è solo il suo modo di sopravvivere al dolore, il suo modo di reagire ad una perdita che lo ha segnato e gli ha devastato il cuore. La sua routine solitaria viene bruscamente interrotta proprio in concomitanza con l'inizio di un breve periodo di ferie quando il suo carissimo amico ed ex-collega Mario, che ora gestisce un negozio di souvenir a Ushuaia, gli chiede di raggiungerlo con urgenza perché ha bisogno di una persona che si occupi dell'attività mentre lui è in ospedale per problema di salute piuttosto serio. E' inverno a Ushuaia, la città più meridionale del mondo, ma l'atmosfera calda e familiare che si respira a casa di Mario mette a disagio Eduardo che preme per tornarsene a casa il prima possibile senza neanche immaginare quello che accadrà di lì a pochi giorni. D'improvviso quell'uomo dimenticato dal mondo diventa indispensabile e il dolore altrui diventa per lui un invito alla ricostruzione di sé attraverso le emozioni ed i sentimenti più puri, perché talvolta è sufficiente scoprire di essere ancora in grado di amare gli altri per tornare ad amare sé stessi.

La reconstrucción è il racconto autentico e palpitante del ritorno alla vita di un uomo finito per sua stessa volontà ai margini della realtà ma è anche un emozionante viaggio nell'animo umano alle prese con l'elaborazione del lutto di una persona cara e con il senso di colpa. Cullato dalle meravigliose musiche di Alexi Murdoch (la sua Wait nel finale toglie letteralmente il fiato) e dalla splendida fotografia di Nico Hardy, il quinto film del versatile e talentuoso regista argentino Juan Taratuto, anche sceneggiatore del film, rappresenta un cambio di genere e di toni assai radicale per l'autore di Un novio para mi mujer (attualmente in fase di remake nostrano ad opera di Davide Marengo) che sembra aver voltato pagina ed aver accantonato la commedia leggera per dedicarsi a nuovi e più impegnati terreni narrativi.
Senza mai sconfinare nel melodramma e senza mai essere scontato, La reconstrucción mette in scena con sobrietà ed estremo realismo le brutture di una vita sospesa nel presente in attesa dell'occasione giusta per poter proseguire la sua strada ma anche le bellezze di un ricostruzione fisica e sentimentale che nella sua essenza racchiude qualcosa di miracoloso. A dir poco straordinaria l'interpretazione di Diego Peretti, capace di restituire al meglio il ritratto di un uomo totalmente disconnesso dal mondo, suscettibile e in qualche occasione persino odioso, che per la prima volta dopo anni riesce a riprendere possesso della sua vita e a far ripartire un meccanismo che si era pericolosamente inceppato. Un film intenso, capace di regalare momenti di profonda commozione, un'opera equilibrata, adulta ed emotivamente trascinante che lascia parlare principalmente i volti, i gesti e i paesaggi lasciandoci nel cuore una sola grande certezza: le cose succedono, ma poi passano. Al contrario dei bei film, che rimangono scolpiti nel cuore come un abbraccio d'amore.

Movieplayer.it

4.0/5