Recensione In Darkness (2011)

Di contrasti che, gradualmente, si annullano, si veste lo sguardo della Holland, fino a che i due mondi di luce e ombra non si ritrovano per un momento d'ineffabile gioia. Questa è la dualità dell'essere umano, che mai come nei momenti più bui della sua storia è in grado di dischiudere anche un inopinato altruismo.

L'angelo delle fogne

Ispettore della rete fognaria di Lvov, Polonia, nel 1943, Leopold Socha conosce quella rete di fetidi cunicoli meglio delle sue tasche. Per lui sono il pane quotidiano, e anche il luogo dove nasconde il bottino di qualche piccolo furto, ma per una gruppo di famiglie in fuga dai nazisti che stanno smantellando il ghetto ebraico, massacrando la popolazione e deportando i sopravvissuti, sono l'unico rifugio rimasto. Così Socha, uomo con scarsi mezzi, pochi scrupoli e il desiderio di dare una vita migliore alla sua famiglia, si trova ad approfittare dei risparmi di quei disperati, assicurando tuttavia un ricovero, per quanto in condizioni disumane, dalla furia insensata della Soluzione finale.
Assediati dai ratti, affamati, e in qualche caso a un passo della follia, gli ultimi ebrei di Lvov sopravvivono così nell'oscurità, grazie alle magre provvigioni che Socha, attraversando chilometri di fognature e sfuggendo a molti sguardi ostili, avidi e indagatori, riesce a portare loro. E, di fronte alla devozione, alla resistenza, al coraggio, alla sofferenza dei suoi "protetti", un uomo qualunque si scopre eroe, e non solo continua a sfamarli nonostante non abbiano più denaro, ma cerca di offrire tutto il sollievo possibile permettendo loro di celebrare le ricorrenze religiose, proteggendoli ad ogni costo pur sapendo di rischiare financo la vita dei propri cari per quattordici lunghissimi mesi, fino alla fine della guerra. Non soltanto al cinema: perché questa, salvo qualche dettaglio, è una storia vera. E per questo mille volte più tragica e meravigliosa.


In occasione del Giorno della memoria, arriva nelle nostre sale questo In Darkness, candidato polacco lo scorso anno all'Academy Award per il miglior film straniero e diretto dalla raffinata e cosmopolita Agnieszka Holland. Il film è basato sullo script che David F. Shamoon ha tratto dal saggio di Robert Marshall In the Sewers of Lvov: A Heroic Story of Survival from the Holocaust, e divide la sua attenzione tra i tormenti, le tensioni e le speranze degli ebrei sopravvissuti e la parabola morale del loro benefattore. Accanto a una solida, asciutta e ispirata sceneggiatura e a ottime interpretazioni lavora la bella fotografia di Jolanta Dylewska che gestisce sapientemente il chiaro/ scuro e i passaggi dai sotterranei alla superficie, spesso sorprendentemente significativi anche narrativamente: alla luce del sole l'orrore, il tradimento, l'indifferenza, nell'oscurità lo sconforto, ma anche la solidarietà e la speranza.

Di questi contrasti che, gradualmente, si annullano, si veste lo sguardo della Holland, fino a che i due mondi di luce e ombra non si ritrovano già nella scena in cui le preghiere di due religioni diverse si sovrappongono per un momento d'ineffabile gioia. Questa è la dualità dell'essere umano, che mai come nei momenti più bui della sua storia è in grado di dischiudere anche un inopinato altruismo, e così non c'è luogo al mondo più adatto a un eroe delle labirintiche fogne di Lvov.

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4.0/5