Recensione Hotel Transylvania (2012)

A caratterizzare Hotel Transylvania troviamo un'animazione semplice, lineare e un 3D che, pur arricchendo la narrazione, non punta su effetti proiettivi facili e immediatamente spettacolari, ma lavora in profondità favorendo l'immersione dello sguardo nel resort tenebroso in cui il film è ambientato.

Educazione transilvana

Tutti i genitori vogliono il meglio per i propri figli. Anche quelli mostruosi. No, non ci stiamo riferendo a un giudizio di merito sulle abilità parentali. Qui è di mostri veri che si parla. L'assunto da cui parte Hotel Transylvania è che anche Dracula, Frankenstein, la Mummia, l'uomo invisibile e il lupo mannaro (lui più di chiunque altro) abbiano una prole a cui badare. Una volta raggiunta la maggiore età (si sa che 118 anni sono il minimo utile a un vampiro per godersi la vita), la ribelle Mavis, figlia del Conte vampiro, decide di rivendicare la propria indipendenza scegliendo dove andare e di chi innamorarsi. E se si tratta di un umano? Passata la sorpresa iniziale, poco importa. L'amore è amore e anche i mostri saranno costretti a superare i propri pregiudizi nei confronti del genere umano per vivere sereni.


Da tempo considerato un autore di culto dagli amanti dell'animazione che seguono Cartoon Network, Genndy Tartakovsky debutta nel lungometraggio a 42 anni con una pellicola vivace e divertente. A caratterizzare Hotel Transylvania troviamo un'animazione semplice, lineare e un 3D che, pur arricchendo la narrazione, non punta su effetti proiettivi facili e immediatamente spettacolari, ma lavora in profondità favorendo l'immersione dello sguardo nel resort tenebroso che Dracula gestisce insieme al suo mostruoso personale. La sceneggiatura ruota attorno a un tema universale, lo scontro tra genitori apprensivi e figli adolescenti che sognano l'indipendenza, innestandovi tutto un sistema di riferimenti provenienti dall'horror classico legati alla natura dei personaggi che alloggiano nell'hotel di Dracula. Un hotel, ricordiamolo, 'human-free' fin dal 1898 in cui il cartello 'Non disturbare' è sostituito da teste decapitate appese alle maniglie delle porte e il personale è composto da zombie. L'arrivo delle creature della notte, chiamate a partecipare alla festa di compleanno di Mavis, diventa l'occasione per una carrellata di presentazione dei vari personaggi costellata di scenette comiche. E proprio il ritmo indiavolato è una delle caratteristiche principali di una pellicola che contiene pochissime pause in cui far tirare il fiato al pubblico tra una sequela di gag e l'altra.

La sceneggiatura, firmata da Peter Baynham e Robert Smigel, cresce man mano che la pellicola avanza. Dopo un incipit tenero e delicato che mostra Dracula intento a crescere amorevolmente in solitudine la piccola vampirella, il primo impatto con i balletti dei mostri e qualche scenetta lievemente volgare lascerebbero ipotizzare un target di riferimento decisamente infantile - dubbio legittimo visto che la voce originale di Dracula è affidata ad Adam Sandler, campione di gag scurrili e demenziali - ma questa prima impressione viene spazzata via non appena la storia ingrana. Funziona alla perfezione l'inserimento di un elemento estraneo in questo pazzo mondo di mostri. Nonostante Dracula abbia scovato una dimora isolata in cui far crescere la figlia, proteggendola così dal mondo esterno, l'arrivo dell'ignaro Jonathan proprio alla viglia della festa di compleanno della ragazza sconvolge la situazione mettendo a confronto due universi in rotta di collisione fino a poco tempo prima. Gli sforzi di Dracula per nascondere la vera natura del giovane (che, a dirla tutta, è assai più bizzarro di mummie e lupi mannari) agli altri, e soprattutto a Mavis, che di Jonathan si invaghisce immediatamente facendo "zing", danno vita alle scene più esilaranti del film. Si passa così da un'indiavolata corsa sui tavoli volanti, molto disneyana, allo scontro con il severo chef che, grazie all'aiuto del suo topo da guardia, è il primo a scoprire che Jonathan è umano, e non manca neppure una strizzata d'occhio a Twilight. Il finale, in crescendo, è davvero scoppiettante, contiene più di una sorpresa - che non vi sveleremo - e riesce anche a strappare una lacrimuccia. Un plauso ai doppiatori italiani del film, a Cristiana Capotondi, ma soprattutto all'ottimo Claudio Bisio, capace di trovare il giusto tono per il suo funambolico e umorale Conte Dracula.

Movieplayer.it

3.0/5