Recensione Fire with Fire (2012)

Uscito negli USA direttamente in homevideo, il film di David Barret nulla aggiunge e nulla toglie al genere action-thriller, rimanendo piuttosto anonimo nella scrittura, nell'ambientazione e nei volti dei protagonisti, nonostante l'azione e l'ultraviolenza.

Al fuoco si risponde col fuoco

Jeremy (Josh Duhamel) è un integerrimo pompiere che ha dedicato la sua vita a preservare la memoria dei suoi genitori defunti, un tipo tranquillo che ama trascorrere il suo tempo libero in compagnia dei suoi amici più cari. Proprio mentre si trova insieme a loro, durante una sosta in un piccolo negozio, Jeremy assiste a un brutale omicidio compiuto dal gangster Neil Hagan (Vincent D'Onofrio), leader di una gang legata alla fratellanza ariana, il cui destino in passato si è incrociato anche con quello del detective Mike Cella (Bruce Willis), a cui il criminale ha ucciso il partner. Accettando di testimoniare contro Hagan, Jeremy viene inserito nel programma di protezione testimoni, si trasferisce dalla California alla Louisiana, e gli viene assegnata la scorta del supervisore federale Talia Durham (Rosario Dawson), con la quale intreccia una relazione. Quando i sicari assoldati da Hagan, tra cui il micidiale killer Robert (Julian McMahon), cominciano a uccidere i più cari amici di Jeremy e attentano alla vita di Talia, il vigile del fuoco si rende conto non è più possibile seguire la strada della legalità per fermare il boss, e decide di tornare in California e farsi giustizia da solo, con l'aiuto del detective Cella e di un capobanda (Curtis Jackson alias 50 Cent, qui anche produttore) rivale di Hagan, combattendo letteralmente il fuoco con il fuoco.


Fire with Fire è una della tante produzioni di intrattenimento senza grandi ambizioni, che annoverano stelle hollywoodiane magari un po' appannate che necessitano di rilancio o invogliate piuttosto da un cachet generoso, come in questo caso Bruce Willis in una performance infatti piuttosto pigra e anonima. Il film cerca di compensare la piattezza della sceneggiatura e l'anonimità delle situazioni ponendo un forte accento sulla violenza e nondimeno su un esasperato feticismo per armi e pistole. L'essere anonimo appunto, è forse il problema principale del film, che negli Stati Uniti è stato pensato e destinato direttamente al mercato homevideo, un prodotto come tanti altri, un film qualunque che non ha elementi che lo distinguono, un action thriller che non si discosta mai dalla routine del genere. Il regista veterano della televisione David Barrett, in mezzo a tanto fuoco non accende mai la scintilla, perdendo anche l'occasione di sfruttare le location e le forti caratterizzazioni che potrebbero offrire, come in questo caso il profondo sud degli States, per conferire maggiore personalità a una storia incolore e già vista e rivista.

Rinunciando dunque a particolari velleità di scrittura e all'esplorazione del contesto, ci si affida al cast che risulta eclettico ma alquanto inefficace. Vincent D'Onofrio è sicuramente quello più degno di memoria anche se caricatissimo fino a diventare caricaturale, mentre Duhamel proprio non lascia il segno e al suo posto potrebbe esserci qualunque altro attore che nessuno se ne accorgerebbe: anche lui piuttosto anonimo, nel classico ruolo dell'uomo qualunque improntato alle regole trasformato in spietato vendicatore per proteggere ciò che ama ancor prima di se stesso. In mani più esperte e raffinate nascono personaggi interessanti dalle molteplici sfaccettature, altrimenti si passa bruscamente da un momento all'altro dall'essere la vittima indifesa di un gruppo di psicopatici che non sa neanche tenere in mano una pistola, al diventare un brutale e violento assassino più psicopatico di loro che uccide a sangue freddo come se niente fosse, e né noi né lui ci siamo accorti di quando e come sia successo. Rosario Dawson è bella come al solito e risveglia un po' l'interesse per quanto riguarda la parte romance, ma anche lei rimane un po' troppo in bilico tra la parte della fanciulla in difficoltà e quella della poliziotta tosta, e noi non sappiamo per quale delle due dobbiamo palpitare. Il film in questo senso è decisamente vuoto dal punto di vista emotivo e l'empatia coi personaggi latita quasi del tutto; manca anche quella trasgressiva originalità per farne un onesto b-movie genere hard boiled, i cui ingredienti tra esplosioni, pallottole in soggettiva e ultraviolenza ci sarebbero tutti. Quindi poca la carne in mezzo a tanto fuoco, al di là di quello che il bel titolo, che nel finale diventa addirittura letterale, lascerebbe sperare.

Movieplayer.it

2.0/5