Recensione Esterno sera (2011)

Nonostante spunti di indubbio interesse, supportati da uno stile accurato e originale, è la totalità dell'opera a lasciare perplessi, in particolare lo squilibrio sostanziale nello sviluppo della storia.

Porte chiuse

Ha una definizione spazio-temporale ben precisa il titolo dell'opera prima di Barbara Rossi Prudente, Esterno sera; la terminologia tecnica che nelle sceneggiature si riferisce alle sequenze notturne, girate in ambienti aperti, assume nel film della cineasta casertana una ulteriore valenza simbolica. I personaggi della storia, infatti, sembrano agire costantemente in un luogo oscuro, privato della speranza che la luce sa dare, destinati irrimediabilmente alla tragedia. Premiato nel 2009 con il Solinas alla migliore sceneggiatura, il lungometraggio racconta la vicenda di Alba, una giovane donna che vive un conflitto costante con i suoi genitori, Umberto, distante e freddo, un ottico che quasi per contrappasso è incapace di vedere quanto avviene sotto ai suoi occhi, e Angela, asfissiante e materna donna del sud. Non si tratta delle scaramucce che vivacizzano un normale rapporto tra genitori e figli; c'è qualcosa tra loro che non è mai stato detto, un segreto che pesa sulla serenità familiare e su quella della ragazza. Alba, infatti, è una persona disperata e realizza questo suo disagio dedicandosi ad attività pericolose, ad esempio correre bendata e contromano sulle strade affollate di macchine. Quando il cugino Fabrizio arriva improvvisamente a far visita agli zii, Alba si trova faccia a faccia con l'uomo di cui è stata sempre innamorata. E' un sentimento fortissimo quello che lega Alba e Fabrizio, un rapporto esclusivo che non si ferma neppure davanti al grado di parentela. La ragazza infatti lo considera solo un cugino alla lontana, nulla quindi potrebbe ostacolare la rinascita di un'antica passione. Nulla, se non il segreto che Angela e il padre di Fabrizio, Antonio, le hanno sempre nascosto è cioè che Fabrizio sia suo fratello.


Non è certo semplice affrontare un tema scabroso come l'incesto e anche se ignoriamo le motivazioni che hanno spinto la regista ad utilizzare questa chiave particolare per narrare le contraddizioni e le storture di certi microcosmi familiari oppressivi e mortiferi, va detto che la Rossi Prudente evita le trappole del colpo di scena ad effetto, non indugiando mai oltre il dovuto sulle delicate dinamiche che pervadono la storia. La sua mano anzi è ispirata proprio quando si tratta di descrivere la ritualità di questi nuclei composti da persone che preferiscono segregarsi nelle proprie stanze, chiudendo le porte a doppia mandata, piuttosto che confrontarsi sinceramente, tagliando di netto certi rapporti malati; è proprio la freddezza di questi comportamenti, ci suggerisce la regista, la causa principale di un disagio tangibile, culminato in una follia più o meno consapevole. Quello dell'autrice è dunque uno sguardo distaccato ma partecipe, che ci dà la sensazione di una piena conoscenza, da parte sua, del mondo che sta raccontando attraverso una storia costruita a partire da un reale interesse.

Tuttavia, nonostante questi spunti di indubbio interesse, supportati tecnicamente da uno stile accurato e originale (il film è stato girato in un efficace Super 16), è la totalità dell'opera a lasciare perplessi, in particolare lo squilibrio sostanziale nello sviluppo della storia. Se su carta certe libertà funzionano agevolmente, è difficile 'sostenere' un film, seguirlo con interesse, se per quasi un'ora assistiamo solo all'anticipazione della tragedia; la climax in realtà non si evolve in modo da ritenere liberatorio il finale, ma ci fa accumulare indizi, lasciandoci intuire la verità in più di un punto, vanificando l'elemento sorpresa. L'ombra del rapporto incestuoso tra Alba e Fabrizio (interpretati dai fratelli Valentina ed Emilio Vacca) aleggia minacciosa sulle esistenze apparentemente serene dei protagonisti, salvo poi essere svelato in uno straniante pranzo della domenica, tra un piatto di pasta al ragù e di salsicce con le patate; una rivelazione che imprime un'accelerazione innaturale della storia verso un epilogo chiaramente non pacificante, con tanto di agnizione e sparatoria davanti al santo patrono. La riproposizione della tragedia greca mal si contamina con il noir; Alba diventa una femme fatale sui generis, che manipola a proprio piacimento il giovane vicino di casa, gettando nel baratro tutto e tutti, in una volontà autodistruttiva che non tiene conto di nulla. La città diventa un palcoscenico in cui le ombre dei personaggi avanzano lentamente verso il pubblico, in un finale pirandelliano in cui ognuno sembra essere colpevole.

Movieplayer.it

2.0/5