Clash ci trasporta e ci imprigiona nel caos dell'Egitto in rivolta

Messa in scena spettacolare e di grande effetto, per un film duro e dal grande valore politico e sociale, che si prepara a far discutere in Patria, ma aiuta anche a far capire cosa è successo nell'estate del 2013 in Egitto.

Nel luglio 2013, a due anni dalla rivoluzione che portó alla caduta e all'esilio di Mubarak, l'Egitto è nel bel mezzo della guerra civile dopo il golpe ai danni del nuovo Presidente Morsi e la lotta tra due fazioni, coloro che sono a favore dell'esercito e del governo e i Fratelli Musulmani che lo combattono.

Clash: una scena del film
Clash: una scena del film

Il secondo film di Mohamed Diab - uno dei fautori della rivoluzione del 2011 grazie alla sua prima opera Cairo 678 e alla sua partecipazione attiva alla causa - apre la sezione Un Certain Regard di Cannes 69 con un film duro e dal grande valore politico e sociale ancor prima che artistico, un film che sicuramente farà molto discutere in patria nel momento in cui verrà proiettato ma anche un'opera può far capire meglio al pubblico internazionale cos'è davvero accaduto quell'estate di 3 anni fa.

Nessuna via d'uscita

Clash: una donna circondata da poliziotti in una scena del film
Clash: una donna circondata da poliziotti in una scena del film

Il film racconta una giornata della guerra civile vista dall'interno di un blindato della polizia: quando il film comincia, la cella è vuota, ma ben presto le forze dell'ordine imprigionano due giornalisti (tra cui un americano); a loro seguiranno diversi manifestanti a favore dell'esercito ed infine anche un significativo numero di rivoltosi musulmani. Se di quello che avviene all'esterno vedremo ben poco, diventa subito evidente che una vera e propria guerra civile ci attende anche qui, nello spazio limitato e claustrofobico della cella blindata.

L'aspetto che immediatamente colpisce del film è ovviamente la scelta di mostrarci sempre e solo quello che avviene all'interno della cella e di "spiare" all'esterno sempre e comunque attraverso le sbarre. Si tratta di una scelta che non può che ricordare un Leone d'oro di qualche anno fa, Lebanon - in cui un intero giorno di battaglia veniva raccontato esclusivamente dall'interno di un carro armato - ma al tempo stesso rappresenta qualcosa di differente.

Clash: un'immagine del film
Clash: un'immagine del film

Apocalisse, ora

In Lebanon gli abitanti del carro erano soldati, e noi spettatori insieme a loro combattevamo e ci difendevamo in prima persona (spesso anche attraverso l'uso della soggettiva per guardare attraverso il periscopio); qui invece lo spettatore è sì prigioniero ma non chiamato a "partecipare" all'azione, ma piuttosto testimone dell'inferno in cui protagonisti si trovano coinvolti loro malgrado e che rispecchia metaforicamente quello dell'intera nazione.

Clash: un'immagine tratta dal film
Clash: un'immagine tratta dal film

La messa in scena di Diab è a tratti spettacolare e di grande effetto per tutto ciò che riguarda quello che avviene per strada; all'interno del furgone invece non tutto funziona per il meglio, alcune dinamiche tra i personaggi risultano spesso artificiose e superficiali e atte a cercare una sorta di sensazionalismo piuttosto che documentare la realtà dei fatti raccontati, ma comunque non mancano momenti particolarmente intensi ed emozionanti. Il finale poi è da brividi, e ricorda quasi un film horror; non ci sono mostri, non esiste un solo cattivo, ma mostra la vera faccia di uno degli orrori più grandi di tutti, la guerra civile, quella che non guarda in faccia nessuno e che non conosce alcuna pietà.

Movieplayer.it

3.0/5