Recensione Black Block (2011)

La visione del film di Bachschmidt non può lasciare indifferenti e ed è facile prevedere che il film, distribuito il 15 settembre, scatenerà nuove polemiche mettendo il dito in una ferita che non accenna a richiudersi.

Quella notte alla Diaz

La Fandango di Domenico Procacci si è spesso distinta per l'impegno nel sostenere opere di valore politico, opere 'scomode' per alcuni, a giudicare dall'appassionata reazione del pubblico alla fine della proiezione ufficiale di Black Block. Il documentario di Carlo Augusto Bachschmidt dedicato alla ricostruzione dei fatti avvenuti alla scuola Diaz durante il G8 del 2001 è stato presentato a Venezia nella sezione Controcampo italiano. Il film, realizzato da un giovane architetto e regista genovese, è un lavoro lucido e toccante che, attraverso una serie di interviste a sette dei novantatre manifestanti arrestati dopo l'irruzione della polizia nella scuola adibita a dormitorio, ricostruisce i fatti della notte maledetta del 21 luglio 2001. Il calore e la solidarietà dimostrati dal pubblico veneziano ai giovani protagonisti della storia sembrano aver infastidito qualche quotidiano appartenente a una certa tendenza politica che ha denigrato tali reazioni nate sulla scia emotiva della proiezione. Va detto però che la visione del film di Bachschmidt non può lasciare indifferenti e ed è facile prevedere che il film, distribuito il 15 settembre in confanetto DVD in libreria, scatenerà nuove polemiche mettendo il dito in una ferita che non accenna a richiudersi.

Black Block si apre con una breve parentesi dedicata alla genesi del movimento no global, ricostruita dalla voce di uno dei protagonisti dei drammatici fatti di Genova, il berlinese Muli che, di fronte alla macchina da presa, parla della sua esperienza all'interno del movimento, delle motivazioni che lo hanno spinto ad aderirvi e della sua vita post G8. Dopo la parentesi berlinese Black Block si sposta a Genova, nei locali della scuola Diaz, dove i sette imputati nel processo seguito alla retata del 21 luglio 2001, attivisti provenienti da Inghilterra, Spagna e Germania, vengono riportati nelle asettiche aule della scuola per ricostruire con dovizia di dettagli l'esperienza vissuta. Le testimonianze di Muli, Lena, Niels, Chabi, Mina, Dan e Michael sono forti, dure, difficili da ascoltare. Dalle loro parole trapelano l'orrore, lo shock e le sofferenze vissute nella notte in cui una schiera di agenti di polizia in tenuta antisommossa forzò le porte della scuola picchiando e trascinando fuori dalla struttura quasi cento giovani colti di sorpresa mentre si preparavano a trascorrere la notte nei loro sacchi a pelo. A suffragare il racconto dei sette testimoni ci pensano le raccapriccianti immagini raccolte sul luogo che documentano i fatti, mostrando giovani ricoperti di sangue trascinati a braccia o su barelle in ospedale per curare in modo grossolano le ferite provocate dai manganelli, dai pugni e dai calci degli agenti prima del fermo a Bolzaneto.

Il finale del documentario ripercorre brevemente la vicenda giudiziaria seguita ai fatti della Diaz, vicenda che ha visto tutti i no global assolti e gli agenti di polizia condannati (ma le varie pene, in attesa della Cassazione, non sono state scontate e tutti gli agenti sono rimasti al loro posto, qualcuno godendo anche di scatti di anzianità), e mostra come tutti i giovani coinvolti nel racconto abbiano deciso di non rinunciare alla politica. L'impegno in prima linea, dopo i terribili fatti di Genova, per molti è venuto meno, ma i protagonisti del documentario hanno continuato a partecipare alle attività del movimento no global, anche se in forme diverse. L'azione volta a intimorire e soffocare gli ideali alla base del movimento attraverso la repressione violenta, di fatto è fallito. Per capirlo bastano le parole appassionate pronunciate da Muli a spasso per Berlino insieme al figlio oggi: "Ho deciso di partecipare attivamente alla politica perché non voglio lasciarmi influenzare dalla società, ma voglio provare a influenzarla".

Movieplayer.it

3.0/5