Recensione Bends (2013)

A dispetto di una messa in scena curata e la buona fotografia di Christopher Doyle, Bends non riesce a superare la freddezza con cui racconta i suoi personaggi ed approfondire le tematiche sociali che riguardano il background in cui si muovono.

A spasso con Anna

Anna e Fai, due figure le cui vite procedono parallele a Shensen, al confine tra Cina ed Hong Kong. Lei donna facoltosa che lotta per portare avanti il suo costoso stile di vita alla scomparsa improvvisa del marito per problemi finanziari; Fai è l'umile autista della signora, alla disperata ricerca di un modo per portare la moglie incinta a partorire il loro secondo figlio oltre il confine ad Hong Kong.
Bends racconta il loro rapporto quotidiano, una inaspettata amicizia che li unisce mentre cercano di superare le pressioni di una città che vive il difficile rapporto con la Cina continentale. I due appartengono a due mondi diversi, ma entrambi sono confinati nella loro condizione: se Fai deve lottare per ottenere qualcosa al di fuori della sua portata, Anna è costretta a farlo per non perdere ciò che ha già.

Due mondi separati che entrano in contatto ogni giorno nello spazio ristretto dell'auto, che rappresenta un luogo di incontro tra i questi due mondi ed in qualche modo li isola e protegge dall'esterno, fornendo nutrimento al loro legame.
E sono pur bravi i due interpreti Carina Lau e Chen Kun a mettere in scena i disagi dei loro personaggi, con misura ed equilibrio.
E' una prima riflessione di Flora Lau, la giovane regista di Bends, quella che riguarda la gerarchia sociale ed i limiti e vincoli che impone. Una riflessione interessante che la regista di Hong Kong, proveniente da studi in USA, Inghilterra ed inserita nel Talent Campus berlinese del 2010, avrebbe potuto approfondire ulteriormente.
Invece aggiunge a questa prima riflessione un ulteriore tentativo di raccontare, attraverso le vicissitudini ed i disagi dei suoi protagonisti, il difficile rapporto tra la realtà di Hong Kong e quella cinese. Ma questo secondo tema resta solo accennato in modo superficiale, un background che non riesce ad incidere sulla storia, e non offre allo spettatore un quadro interessante di quella realtà, contrariamente a quanto riesce a fare, per esempio, Jia Zhang-ke con il suo A Touch of Sin nello stesso contesto di Cannes 2013, dove Bends è stato presentato nella sezione Un Certain Regard.
Se a questo sommiamo una certa freddezza e distacco nel trattare i personaggi, a dispetto di una messa in scena di buon livello, grazie alla scelta delle inquadrature e la fotografia di una sicurezza come Christopher Doyle, possiamo considerare l'operazione non del tutto riuscita.

Movieplayer.it

2.0/5