Recensione Amori elementari (2013)

Sergio Basso porta lo spettatore in un mondo dove l'imponderabile e l'imprevisto spingono a rintracciare il lato infantile nascosto in qualche parte del nostro animo, esponendolo nuovamente ad un sogno che chiamavamo infanzia.

Amarsi un po'

L'amore è consultare le stelle in attesa di un segno favorevole, lasciarsi coinvolgere da rituali portafortuna e attirare con la forza del pensiero l'attenzione dell'amato. Ma è anche compilare bizzarri questionari sull'affinità di coppia, temere una rivale inaspettata e cambiare idea nel caso l'oggetto dell' interesse amoroso prenda strade alterne. E se a provare tutto questo sono dei ragazzini di dieci anni alla prese con i primi batticuori e l'arrivo di una emotività forte e sconosciuta, l'insieme diventa folle, irrazionale e dotato di una straordinaria immaginazione che rende il tutto sognante e sperimentale. Insomma, l'amore al tempo delle elementari mantiene ancora quello stato privilegiato di scoperta e coinvolgimento nel quale la sofferenza, se proprio non viene esclusa, sicuramente è percepita con minor intensità e ridotta ad una breve durata. Perché prima dei tormenti adolescenziali e delle delusioni c'è l'entusiasmo per un nuovo stato d'animo che, pur differenziandosi dall'amicizia, ancora non crea rancori e separazioni. Per questo motivo la dolce Matilde, pur temendo l'arrivo della misteriosa Agata, non si lascia andare ai drammi della gelosia e, dopo un iniziale tentennamento, sposta la sua attenzione dal tanto desiderato Tobia al tenero Bonny, disposto per lei ad abbandonare anche il fedele amico immaginario. A questi amori in corso risponde la coppia ormai "consolidata" di Katerina e Alexsej, due ragazzini russi consapevoli dei loro sentimenti, almeno fino a prova contraria. Il tutto si svolge in un palazzo del ghiaccio tra leggiadre pattinatrici e giocatori di hockey. Sullo sfondo l'imponenza delle Dolomiti e il disorientamento di un mondo adulto che, con stupore, guarda all'amore "infantile" con pizzico d'invidia e rimpianto.


Quando il documentario incontra la commedia adolescenziale
Sarà per il suo background da narratore del reale, ma da Sergio Basso non ci si aspettava un esordio nel lungometraggio di finzione con una commedia sentimentale dedicata niente meno che ai più giovani. Eppure, nonostante le titubanze iniziali, Amori Elementari ha un esito più che positivo tanto da consegnare allo spettatore l'immagine reale di un mondo giovane in cui la totale assenza di schemi logici è l'elemento fondamentale su cui basare pensieri e azioni. Perché al cinema come nella quotidianità non si può chiedere a dei bambini di applicare delle strutture mentali razionali tipiche del mondo adulto, ne di rinunciare alla costruzione di una serie di immagini fantasiose. Tutto questo, però, introduce un mondo a parte tanto affascinante quanto pericoloso perché nella sua rappresentazione si può spesso cadere in superficialità e semplificazioni imperdonabili. Una serie di passi falsi evitati accuratamente da Basso grazie a due elementi fondamentali. Il primo è la stesura di una sceneggiatura che unisce la tecnica della scrittura per il cinema alla disponibilità nel lasciarsi travolgere dall'imprevedibile. Il secondo, invece, è rappresentato proprio dall'esperienza del regista ottenuta con documentari come Giallo Milano, Il Viaggio di Gesù e Quando capita. Perché mettersi per molto tempo a disposizione del reale insegna a non pretendere la gestione completa della materia. La realtà non accetta certo di piegarsi alle tempistiche cinematografiche come alle necessità del set, proprio come la ricchezza espressiva dei bambini. E ad un regista non rimane che mettere da parte la propria "presunzione" e lasciarsi sorprendere dall'imponderabile.

In Russia con amore

Partendo da un piccolo paese nel cuore delle Dolomiti, la vicenda si sposta a Mosca nel segno della neve e del ghiaccio. Pattinatrici e giocatori di hockey, questo gruppetto di neo innamorati viaggia verso la Russia per partecipare ad un ambito torneo sportivo. O, almeno, è quello che sembra in apparenza. In realtà a spingerli è il desiderio di un'avventura indimenticabile, la prima delle loro giovani vite, e il progetto di una fuga per raggiungere un amore virtuale. Ma perché scegliere logisticamente proprio Mosca? In questa favola moderna, dove il segreto per lasciarsi coinvolgere è osservare tutto ad altezza bambino e lasciarsi trasportare da una esagerazione senza limiti, la Russia è utilizzata come una terra magica in cui sono state sfornate molte favole ammalianti. Così, tra cupole che agli occhi dei ragazzi assumono la forma di marshmallows multi colorati, pope dal cuore d'oro trasformati momentaneamente in mostri minacciosi e una vastità di neve accecante, il film prende l'aspetto di una moderna fairy tale dal retrogusto andersiano. E non stupirebbe vedere uscire dal nulla una strega Baba Jaga, tanto per animare ulteriormente l'intreccio. Se a queste atmosfere, poi, si aggiunge il gusto di Basso per una mescolanza di generi, come i libri di Bosch e la genialità di Gianni Rodari e delle sue Favole al telefono, il gioco è fatto. Purché naturalmente si accetti il "rischio" di rintracciare il lato infantile nascosto in qualche parte del nostro animo ed esporlo nuovamente ad un sogno che chiamavamo infanzia.

Movieplayer.it

3.0/5