Reality Z, la recensione: Su Netflix gli zombi invadono un set televisivo nella serie remake

La recensione di Reality Z, il remake brasiliano targato Netflix della serie creata da Charlie Brooker.

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Reality Z: Sabrina Sato in una scena della serie

Cominciamo questa recensione di Reality Z ricordando la miniserie britannica creata da Charlie Brooker, autore e sceneggiatore di Black Mirror, di cui è il remake. Nel 2008 Dead Set conquistava pubblico e critica con una storia dalle premesse originali e interessanti, che mescolava gore estremo ad una satira sociale assolutamente brillante. L'idea alla base della serie era quella di un'epidemia zombi che dilagava nel Regno Unito, lasciando tra i pochi sopravvissuti i concorrenti del Grande Fratello. Ad unirsi al gruppo per cercare di superare insieme l'apocalisse un'assistente alla regia e la mente dietro al programma, il regista esasperato della superficialità dei suoi concorrenti. La metafora era subito chiara: lo zombi, decerebrato dal morbo, veniva paragonato agli spettatori del Grande Fratello - e della tv spazzatura in generale -, inebetiti davanti ai propri televisori. A più di dieci anni di distanza, Netflix decide di distribuirne il remake brasiliano: la serie scritta da Cláudio Torres e João Costa prova a riproporre la formula originale, riproducendo quasi in toto i cinque episodi di Dead Set (e poi distaccandosene nella sua seconda parte, le successive cinque puntate), ma è piuttosto lontana dai fasti dell'altra serie.

Se nella sua prima parte sembra solo una copia un po' pallida dell'originale, nella seconda Reality Z cerca di fare un passo in più, sviluppando la trama ed esplorando anche personaggi diversi, ma si perde nel tentativo di raccontare qualcosa di nuovo in un genere, quello degli zombie movies, in cui tutto è già stato detto e tutto è già stato fatto. Rinunciare poi alla possibilità di concentrarsi sui personaggi che vengono introdotti nei primi cinque episodi per aggiungerne molti di nuovi non permette allo spettatore di affezionarsi ed empatizzare con nessuno di loro, rendendo la visione della serie nella sua interezza, per questa ragione, a tratti faticosa.

Sopravvivere agli zombi nell'Olimpo

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Reality Z: una scena della serie Netflix

Il reality show al centro della serie si chiama Olimpo, la casa è quella del Grande Fratello in tutto e per tutto, ma a popolarla sono concorrenti vestiti da divinità dell'antica Grecia, e l'occhio onnipotente che tutto vede e che tutto sa è quello di Zeus. Le strade di Rio de Janeiro cominciano a pullulare di zombi e i concorrenti del reality, a cui si uniscono l'assistente Nina (Ana Hartmann) e il regista Brandão (Guilherme Weber), cercheranno di sopravvivere insieme all'orda di non morti che cercano di entrare nel loro rifugio dorato. Dall'altra parte della città, intanto, Ana (Carla Ribas) - che ha progettato la "casa" in cui si svolge il programma - e suo figlio hanno l'idea di entrare nell'Olimpo, che è alimentato a pannelli solari e contiene scorte di cibo per varie settimane. A mettergli i bastoni tra le ruote un politico corrotto (Emílio de Mello), la sua segretaria e un poliziotto cocainomane, che decidono di sfruttare le possibilità offerte di un edificio così moderno e tecnologico come quello creato per il programma.

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Un'idea forse poco attuale

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Reality Z: una scena della serie Netflix

La premessa del reality show, pur ovviamente perdendo l'effetto sorpresa essendo la serie un remake, resta comunque interessante; della seconda parte, quella in cui conosciamo anche i nuovi personaggi, è intrigante l'idea di riprodurre brevemente le dinamiche del programma televisivo tra i sopravvissuti, con alcuni di loro barricati in sala di regia e altri che devono superare delle "prove" per salvarsi. Peccato che quest'aspetto non venga esplorato di più, ma in episodi di poco meno di mezz'ora l'uno sarebbe stato difficile trovare lo spazio. Per questo, ribadiamo, a nostro parere sarebbe stata una scelta vincente sfruttare principalmente i personaggi iniziali (magari aggiungendone pochi di più), cercando poi sviluppi ed escamotage narrativi originali.

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Reality Z: una scena della serie Netflix

Se da Dead Set è stato ripreso il gore eccessivo, così sopra le righe da risultare addirittura divertente più che di cattivo gusto, a questo Reality Z manca l'humor british che rendeva l'altra serie così godibile ed originale. Rispetto al 2008, poi, è difficile immaginare che le stesse premesse possano ancora funzionare così bene: sempre restando che in Brasile la frenesia da reality show non sia la stessa di quindici anni fa, ci chiediamo perché non attualizzare l'idea, magari trasportandola in un contesto più congeniale al pubblico di oggi. Sì, il Grande Fratello continua ad andare in onda e ad essere seguito, ma forse si poteva trovare il modo di sviluppare una premessa che era stata originale in passato, riadattandola alla televisione di oggi per renderla ancor più interessante.

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Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Reality Z, serie Netflix remake della britannica Dead Set, evidenziando come questo show sembri una versione un po' pallida dell'originale. Nella sua seconda parte Reality Z cerca di fare un passo in più sviluppando la trama ed esplorando anche personaggi diversi rispetto all'altra serie, ma si perde nel tentativo di raccontare qualcosa di nuovo in un genere in cui tutto è già stato detto e tutto è già stato fatto.
Una mossa vincente a nostro parere sarebbe stata quella di attualizzare l'idea, che resta comunque molto interessante, adattandola alla televisione di oggi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Gli episodi brevi, perfetti per il binge watching.
  • La premessa interessante...

Cosa non va

  • ..ma che forse andava sviluppata diversamente, attualizzandola.
  • Vengono introdotti troppi personaggi - ce ne sono molti di nuovi rispetto alla serie originale - e lo spettatore fatica ad empatizzare per loro.