Rabbia e dolcezza dalla Corea

Un incontro con il regista di 'Two Sisters' e 'Bittersweet Life' nell'ambito del Samsung Korea Film Fest

Nell'ambito del Samsung Korea Film Fest abbiamo incontrato il regista sudcoreano Kim Ji Woon giunto a Firenze per presentare Bittersweet Life che, dopo l'apparizione allo scorso Festival di Cannes, esce in questi giorni nelle sale italiane distribuito dalla Lucky Red. Jeans, occhialoni neri e cappellino da baseball calcato sugli occhi, Kim Ji-woon risponde volentieri alle domande e dimostra di apprezzare la cinematografia europea auspicando uno scambio culturale sempre più stretto tra la Corea e il nostro paese.

Come è nata la produzione di Bittersweet Life? Kim Ji Woon: Bittersweet Life è un french noir, genere classico che ho personalizzato inserendo una maggiore quantità di violenza per rendere il film più appetibile per il pubblico coreano, ispirandomi ai lavori di Jean-Pierre Melville e a Kill Bill di Quentin Tarantino. Solo che in Corea Kill Bill non ha avuto molto successo e Melville non è conosciuto, perciò sarebbe stato meglio presentare il mio film come un incrocio tra Trappola di cristallo e Terminator. I noir in Corea non hanno grande successo di pubblico.

Di Kill Bill c'è una citazione piuttosto accurata: la mano che esce dalla terra dopo che il protagonista è stato sepolto vivo. Riguardo ai film di Melville, a quali si è ispirato in particolare per il suo noir? Kim Ji Woon:: Io e Tarantino siamo coetanei, anche lui, nei suoi lavori, cita molti altri film quindi è probabile che condividiamo lo stesso background di conoscenze cinematografiche. Per quanto riguarda Melville, ho scelto di aderire a un genere che è il noir ed esso contiene già un argomento preciso insito in sé, gli spettatori sanno già cosa andranno a vedere con questo film. Di Melville ho apprezzato soprattutto Un flic, il suo ultimo lavoro, ispirandomi al cinismo che permea la pellicola e alla scelta del silenzio dei suoi personaggi, che spesso diventa molto più espressivo di tante parole. Ho notato anche delle somiglianze tra il mio protagonista e l'Alain Delon di Frank Costello faccia d'angelo, ma io questo film l'ho visto solo dopo aver girato il mio.

Bittersweet Life è un film notevole sia dal punto di vista emotivo sia da quello estetico. Una scelta che, però, tende a spiazzare lo spettatore è quella di inserire alcuni intermezzi comico-grotteschi in situazioni intensamente drammatiche. Quale è il motivo di questa alternanza di registri? Kim Ji Woon: Perché volevo dare un maggiore senso di realtà. La vita è fatta di tragico e comico; anche in una situazione drammatica mi capita di pensare all'appuntamento che avrò tra un'ora. E' il mio carattere che mi porta a reagire in questo modo, così ho scelto di riprodurre questo aspetto anche nel film.

La violenza estrema presente nel film è un elemento che accomuna moltissime produzioni coreane. Quale è l'origine di questo tema, forse l'esperienza politica della divisione delle due Coree? Kim Ji Woon: L'elemento violenza, intesa sia a livello fisico sia mentale, è un fatto politico, ma anche sociale, rispecchia la struttura della società moderna, anche se in Corea non esistono solo film violenti. In realtà la gran parte del pubblico coreano non ama i film eccessivamente brutali. Il fatto che molti dei film che vengono importati in Occidente presentino un così alto tasso di violenza indica che forse è il pubblico occidentale a richiederli e ad apprezzarli.

La violenza orientale, però, presenta una fortissima componente estetica. In Bittersweet Life, per esempio, viene fatto larghissimo uso di sangue. Kim Ji Woon: Davvero si vede così tanto sangue? (n.d.r. Kim scoppia a ridere) A me piace molto il peso estetico del sangue sullo schermo perché crea eccitazione, non deve disgustare, ma emozionare lo spettatore.

Negli ultimi anni il cinema coreano si è imposto sulla scena internazionale riscuotendo notevole consenso presso larghe fette di pubblico occidentale. Questo successo sta condizionando i giovani registi coreani? Quanto è importante attualmente per voi il mercato europeo? Kim Ji Woon: Sicuramente l'attenzione del pubblico occidentale è uno stimolo notevole allo sviluppo dell'industria, però la cosa fondamentale per noi è mantenere un'identità coreana ben definita, se poi i film vengono apprezzati anche all'estero è meglio. Il legame tra Italia e Corea è importante perché lo scambio della cultura è sicuramente più rilevante del semplice ampliamento del mercato cinematografico.

Abbiamo avuto occasione di vedere in Italia film coreani di vario genere: horror, noir, storie d'amore, film drammatici, ma è rarissimo vedere film politici. Quale è la ragione? Ci sono problemi a livello di censura governativa o semplicemente non ne realizzate più? Kim Ji Woon:: Effettivamente la situazione politica del passato stimolava maggiormente la riflessione politica. Fino ai primi anni '80 si producevano molti film politici. Ora la situazione è più tranquilla perciò è venuta meno la materia d'ispirazione, però un bellissimo film d'argomento politico è The president's last bang di Im Sang-soo che ricostruisce l'omicidio del presidente coreano Park Chung Hee avvenuto nel 1979.

La passione amorosa e il connubio amore/morte sono temi universali. Cosa c'è di tipicamente coreano all'interno di Bittersweet Life? Kim Ji Woon:: In Corea i sentimenti non vengono espressi direttamente. Il protagonista ama e soffre dentro di sé senza esternare nulla. La storia d'amore è l'elemento più forte anche se strutturalmente sembra nascosto dalla violenza, ma i primi piani sugli occhi timidi del protagonista nascondono il vero senso del film.