Questione di cuore tra Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese

Presentato alla stampa Questione di cuore, il nuovo film di Francesca Archibugi incentrato sul rapporto d'amicizia nato nelle corsie di un ospedale tra due uomini poco più che quarantenni colpiti da infarto nella stessa notte. Protagonisti Antonio Albanese e Kim Rossi Stuart.

E' strana la vita, piena di coincidenze e di sorprese. Semplicemente meravigliosa nella sua imprevedibilità, anche nei momenti più bui, quando tutto sembra perduto, riesce a regalarci qualcosa di buono, di positivo, di importante, di intenso e indimenticabile. Quel che accade ai due protagonisti di Questione di Cuore, interpretati da Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese, il nuovo film scritto e diretto dalla regista romana Francesca Archibugi tratto liberamente dal romanzo Una questione di cuore (ed. Feltrinelli) del suo grande amico Umberto Contarello, soggettista e sceneggiatore padovano di successo che vanta importantissime collaborazioni con registi del calibro di Salvatores, Mazzacurati, Bentivoglio, Amelio e Placido.
Ambientato nella Roma ormai dimenticata del Pigneto, del Mandrione e del Prenestino il film racconta l'incontro tra i due mondi, uno più terreno e uno più sulle nuvole, di Angelo e_ Alberto_, un disincantato carrozziere del Pigneto con la passione per le auto d'epoca e uno sceneggiatore cinematografico in crisi esistenziale. Per uno scherzo del destino i due uomini, quasi coetanei ma con alle spalle esperienze di vita completamente opposte, si ritrovano infartuati e vicini di letto in un ospedale. Un romano doc e 'uno del nord' trapiantato nella Capitale, un manovale e un intellettuale, uno che ha trovato nella sua famiglia, nel lavoro e nell'amore della sua donna l'appoggio per affrontare qualsiasi difficoltà contro uno che sembra aver perso il bandolo della matassa e che nel suo lavoro, nella famiglia e nell'amore non è mai riuscito a credere fino in fondo. Una grande amicizia nascerà tra loro, un rapporto di complicità e di comprensione che andrà al di là di qualsiasi spiegazione, un legame doloroso e indistruttibile, di quelli che durano per sempre e che neanche la morte è capace di spezzare.
Prodotto da Cattleya e distribuito nelle sale da _01Distribution _a partire da venerdì 17 aprile, Questione di cuore è stato presentato stamane alla presenza della regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi, dell'autore del libro Umberto Contarello nonché dei due straordinari protagonisti Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese accompagnati dalle rispettive partner sentimentali nel film Micaela Ramazzotti e Francesca Inaudi. Nel cast anche Paolo Villaggio, Chiara Noschese e cammei di registi illustri quali Carlo Verdone (autore di una performance brevissima ma memorabile), Paolo Virzì, Daniele Luchetti, Paolo Sorrentino e dell'attrice Stefania Sandrelli.

Signor Contarello, cosa significa per uno scrittore vedere narrata sul grande schermo una delle sue storie?
Umberto Contarello: E' un grande regalo che Francesca mi ha fatto, mi ha emozionato molto vedere con che livello di intensità e qualità sia riuscita a portare su pellicola la storia tratta dal mio romanzo. E' una di quelle cose che quando ti accadono te le ricordi per tutta la vita, specialmente quando dietro al progetto c'è un'amica.

Qual è secondo Lei il pregio maggiore di quest'opera?
Umberto Contarello: Credo sia uno dei pochi casi in cui è presente uno sguardo perfettamente bilanciato tra i due personaggi protagonisti e tra i loro mondi. Non si fa il tifo per nessuno dei due, né si giudica. Si racconta la storia di due uomini diversi per estrazione sociale e per cultura che si ritrovano accomunati nell'anima da un profondo dolore, dalla malattia, da un'esperienza tragica. Come fossero stati fratelli in un'altra vita ed ora si fossero finalmente ritrovati. Due lavoratori dell'esistenza, uno che usa le mani, l'altro che usa la testa, due entità diverse ma assai vicine.

Una storia d'amicizia ma anche di due solitudini che si incontrano, di un dolore profondo, anche fisico, ma soprattutto psicologico, derivante da un progressivo scollamento dalla realtà. Un riferimento al disagio sociale di questi ultimi anni?
Francesca Archibugi: Spero che il film parli da solo, che tramite le immagini riesca a spiegare il perché ad un certo punto della sua vita Alberto, un uomo solo e spaesato che ha perso fiducia in sé e negli altri, si ritrova a casa di Angelo e diventa un po' l'estraneo destabilizzante pronto a mettere in discussione ogni cosa e a creare subbuglio. Ci abbiamo messo il cuore in questo film con l'intento di esprimere un sentimento e non un'opinione. Ho cercato il più possibile di non essere didascalica e di non far parlare i personaggi per me.

Non c'è quindi nessun riferimento o messaggio lanciato al mondo del cinema nella scena in cui lo sceneggiatore protagonista del film pur avendo molti amici illustri che lo vanno a trovare in realtà si rende conto di essere solo...
Umberto Contarello: Il film sottolinea come il personaggio di Alberto (quello di Albanese, ndr) avverta l'infarto come una grossa ingiustizia e consideri questa scossa tellurica nel suo cuore come una buona scusa per isolarsi dal suo mondo per alimentare un'incomunicabilità emotiva che lo conduce al definitivo esilio dalla realtà.
Francesca Archibugi: Ho iniziato a fare questo lavoro quando ero molto giovane, ho avuto sempre molti amici tra i colleghi, persone che mi hanno insegnato molto, consigliata, sostenuta e con le quali mi sono sempre confrontata. Ringraziando il cielo faccio questo lavoro con passione, esattamente come fanno molti altri registi e attori, è impensabile svolgere al meglio una professione come questa senza mai scambiarsi esperienze, consigli, pareri e idee.

Su quali basi ha scelto una coppia inedita di attori così diversi tra loro per emozionare il pubblico?
Francesca Archibugi: Avevo bisogno di due maschiacci, di due uomini dalla vita e dalle fattezze assai diverse, e non crediate che sia stato facile arrivare a focalizzare la scelta su Antonio e Kim. Non è stata una scelta fatta di getto ma ben ponderata. Avevo molta stima di entrambi, avevo potuto apprezzare Kim in diverse pellicole di alto spessore drammatico e Antonio nelle sue straordinarie performance comiche sia a teatro che in tv ma anche negli ultimi film impegnati che lo hanno visto protagonista su grande schermo. In maniera un po' egocentrica ho pensato a loro come due attori che erano in attesa di sprigionare la loro potenza atomica in un ruolo scritto su misura per loro.

Il fatto che fossero due registi l'ha in qualche modo spaventata durante la lavorazione del film?
Francesca Archibugi: Ero emozionata all'inizio, entusiasta di avere a che fare con due personaggi da 'maneggiare con cura', due registi che stimo e che in qualche modo si sono lasciati guidare da me e mi hanno anche guidata. Praticamente eravamo in tre a dirigere il film a un certo punto. La carta è carta e come tale resta lì; quando poi quel che vi è scritto sopra gli attori se lo tatuano addosso diventa qualcosa di inspiegabilmente emozionante. Merito anche di Umberto, un grande scrittore che è stato il motore propulsivo di questo progetto, senza soggettisti come lui il cinema italiano morirebbe.

Cosa ci può dire dell'ambientazione del film in zone periferiche di Roma che hanno fatto la storia del cinema italiano e che sono poi scomparse dal grande schermo?
Francesca Archibugi: Da Roma città aperta di Rossellini ai film di Pasolini, passando per Fellini, zone come il Pigneto, il Mandrione e San Lorenzo sono state lo scenario preferito dai grandi registi del nostro cinema e hanno portato l'immagine non solo di Roma ma di tutta l'Italia in giro per il mondo. Cinque kilometri in linea d'aria in cui si concentrava l'essenza di un Paese e che ora sono cambiate irrimediabilmente, nella forma e nella sostanza. Mentre scrivevo il film giravo per questi quartieri fotografando ogni angolo per coglierne l'atmosfera e le mutazioni. Da sempre cerco di fare film occultamente politici, e con la scelta di queste location ho voluto sottolineare come la città sia cambiata, come i suoi abitanti siano cambiati, come sia tutto stravolto rispetto al passato.

Come ha affrontato Kim Rossi Stuart questo difficile ruolo nuovamente a contatto con la malattia dopo il recente Piano, solo?
Kim Rossi Stuart: Una delle cose che ho trovato più intriganti e affascinanti di questo film è stata la voglia di lavorare con Antonio Albanese, un attore che stimo moltissimo da tempo, ma a incuriosirmi è stato dall'inizio il mio modo di vedere la sceneggiatura come una partitura musicale, in cui armonizzare nel migliore dei modi i momenti comici ed ironici con quelli più drammatici. Ho cercato spesso di portare il mio personaggio da un estremo all'altro, dalla commedia al dramma con il minimo sforzo possibile.

C'è stato da parte sua un grande lavoro a livello di voce anche qui come in Romanzo Criminale?
Kim Rossi Stuart: Mi sono lasciato molto trasportare dalle emozioni, non ho pensato a lavorare sulla voce stavolta ma più a delineare il carattere del mio personaggio usando espressioni, intonazioni e modi di fare di persone che ho conosciuto nella mia vita, un po' come faceva il Verdone dei vecchi tempi per intenderci.

Cos'ha emozionato di più Antonio Albanese di questa storia e del suo personaggio?
Antonio Albanese: Quando ami il tuo mestiere e lo fai con passione come me è un piacere, oltre che un dovere, affrontare personaggi difficili, sempre nuovi, drammatici e comici insieme. Questo filmi mi ha permesso di lavorare con un compagno di viaggio come Kim che è riuscito a regalarmi sorrisi, lacrime e momenti di eccitazione che non avevo mai provato prima di quel momento. Tra noi c'è stata grande sintonia, spesso mi sono commosso guardandolo recitare, e non c'è niente di più bello che lavorare emozionandosi.

Ha dovuto fare su di sé il famoso lavoro di 'sottrazione' per riuscire a rendere al meglio in un film a tratti così drammatico?
Antonio Albanese: Mi sono fatto guidare dal romanzo e dalle indicazioni di Francesca, con questi elementi ho poi svolto il mio solito lavoro certosino sul personaggio documentandomi con esperti in materia di patologie cardiologiche. Ho parlato a lungo con Kim e con Micaela e ci siamo detti che per rendere al meglio e cucirci addosso al meglio i nostri personaggi dovevamo lavorare in regime di massima libertà, usando frasi, modi di parlare, gestualità e quant'altro per dare loro la caratterizzazione migliore. E Francesca su questo è stata fantastica, ci ha lasciato carta bianca. Quello sul set è stato un incontro tra attori professionisti che si stimano, ma soprattutto un incontro tra amici.