Recensione La leggenda di Zorro (2005)

Un film divertente e adrenalinico, con azione mozzafiato coniugata nei modi più vari ma che sa ritagliarsi i suoi momenti romantici e regalare sprazzi di commedia. Avvincente e ben fatto, poco più di due ore che passano veloci in un'orgia di esplosioni, corse e acrobazie.

Quando gli eroi hanno famiglia

Alejandro De la Vega è un nobile possidente della California all'epoca dell'annessione all'Unione. Insieme alla bella Helena hanno lottato fianco a fianco perché questo sogno di libertà potesse realizzarsi. Sposati da dieci anni, cominciano a sentire il peso della responsabilità e la nostalgia di una vita normale. Helena ha smesso i panni dell'eroina per indossare quelli della madre e della donna di casa ma Alejandro non riesce a dimenticare di essere Zorro, il difensore del popolo, il simbolo della giustizia per i deboli e gli inermi.

Costretto a scegliere tra la fedeltà alla sua missione e l'amore per la sua famiglia dovrà affrontare la separazione della donna che ama e la corte assidua di uno strano viticoltore appena arrivato dalla Francia. Intanto, oscure forze tramano per minare (e il termine non potrebbe essere più calzante) la grandezza e la forza dei nascenti Stati Uniti d'America. Zorro ed Elena si troveranno coinvolti in qualcosa di molto più grande delle prepotenze di un signorotto di campagna; per affrontarla dovranno ricorrere a tutta la loro abilità e all'aiuto del giovanissimo figlio.

C'è molta commedia in questo bel film di Martin Campbell, di quella intelligente, sottile, fatta di satira, sberleffo, ironia; sicuramente d'aiuto è la caratteristica di Zorro di non uccidere mai, cosa che lo porta, per forza di cose, ad assumere un atteggiamento sardonico e irriverente verso il male. Antonio Banderas è straordinario come sempre nello stemperare l'eroismo con l'umorismo, azzeccando i tempi e i modi delle battute, vestendosi di ridicolo ma riuscendo a non intaccare mai la sua credibilità di uomo di muscoli e spada, a non velare mai la grandezza dell'eroe con la burletta. Le sue doti acrobatiche e la tendenza, quando le esigenze di scena lo permettono, a far meno degli stunt-men, vengono ben valorizzate.

L'ottima sceneggiatura usa il comico integrandolo all'azione e non, come troppo spesso accade, a mo' di debole e forzato intermezzo, riuscendo a tenere uniti i fili di una vicenda anche discretamente complessa che porta avanti, parallelamente, la storia d'amore di Alejandro ed Elena, le vicende che regolano l'incerto destino della California e dell'intera nazione, il difficile rapporto col padre del piccolo Joaquin.
Campbell sguazza a suo agio in tutte e tre le salse, punteggiando i cambi di scena con bellissimi paesaggi, disegnando veloci macchiette del popolo che abita la città, abile orchestratore dei concitatissimi duelli in interni, elegante e misurato (parlando soluzioni di regia e movimenti di macchina, per quanto riguarda le situazioni siamo pur sempre in un action movie) nelle scene di massa in esterno. La scena del grande ballo è la ciliegina sulla torta.

Catherine Zeta-Jones è straordinaria nel riuscire a passare in un attimo dalla madre tenera e premurosa alla focosa pasionaria, dalla calda amante all'astuta spia, dalle lacrime disperate all'orgoglio e alla determinazione. Memorabile il duello a colpi di badile contro due avversari.

Peccato che la retorica americanista contemporanea, che sembra ormai tracimare per ogni dove, intervenga incomprensibilmente in più di una occasione con un grado di didascalicismo esasperante, in siparietti moraleggianti gratuiti e ridondanti che sortiscono il solo effetto di allentare la tensione e di contaminare la sanguigna e schietta bontà dei protagonisti con riflessioni forzatamente inserite in un contesto.

Da segnalare, infine, la mediocre resa visiva di alcuni effetti speciali, incomprensibile in una produzione di questo livello. Fortunatamente il film si regge su ben altre qualità e alla fine le esplosioni posticce e qualche scena fasulla si ricordano più come curiosità che come difetti.