Recensione L'uomo dell'anno (2006)

Dopo Sesso & potere Levinson attenua i toni e vira alla commedia per dare maggior risalto al triste momento d'incertezza storica.

Politica comica: finalmente qualcuno che dice la verità

Il comico televisivo Tom Dobbs accetta provocatoriamente di concorrere alle elezioni presidenziali. Il consenso degli elettori è tanto, ma ancor più sorprendente il fatto che Tom vinca le elezioni.
Tutto sembra procedere nel migliore dei modi quando emergono ombre sull'attendibilità del voto elettronico decretato attraverso l'avveniristico metodo di una multinazionale.

Barry Levinson torna a dirigere Robin Williams in uno stravagante film sul mondo politico. Dopo Sesso & potere Levinson attenua i toni e vira alla commedia per dare maggior risalto al triste momento d'incertezza storica. Descrive un'America priva di certezze e di quel sogno americano che l'ha contraddistinta sin dal dopoguerra. Gli elettori, confusi, si affidano al primo volto nuovo alla ribalta che ha il sorriso leale di Dobbs, presentatore di Talk Show. Dapprima costretto nel ruolo ad una seriosità imbarazzante poi, sempre più padrone della sua innata comicità, diventa improvvisamente credibile sbaragliando gli avversari. La sua popolarità d'imbonitore da televendita è più ammaliante di qualunque promessa elettorale ed immediata la risposta dei votanti in cerca di un progetto, parole in cui credere. Molto ottimista la sceneggiatura che vede Tom procedere passo dopo passo verso la Casa Bianca, mantenendo la sua perfetta integrità. La ricerca della verità lo spinge verso un epilogo glorioso che lo premierà con i dovuti allori: la fama, il successo, l'amore, tutto quello che verosimilmente sarebbe difficile da ottenere dopo uno scandalo elettorale. Stucchevole la nota di buonismo imperante che divide il mondo in buoni ai limiti della beatificazione e cattivi da antologia. Personaggi tagliati con l'accetta per una favola moderna che veste insoliti panni.
La sceneggiatura tocca temi forti della società moderna che rendono l'idea di Levinson tutt'altro che bizzarra. Meglio un comico alla Beppe Grillo che un vero presidente?
Perché no, quando il primo può aiutare a far luce sui nervi scoperti del Paese? Peccato che la sete di potere non sia così facile da spegnere così come la brama di denaro e di successo. Difficile non abbandonarsi a riflessioni ciniche sulla sanità delle decisioni prese dal protagonista, ad un passo dal divenire l'uomo più potente del pianeta. Ancor meno plausibile che incontri una timida impiegatuccia capace di scoperchiare con lui il vaso di Pandora mettendo a repentaglio la propria incolumità col solo obiettivo di perseguire la verità. Troppa nobiltà di sentimenti, troppa purezza tutte insieme per non rendere grottesca questa commedia che rimane comunque un singolare campanello d'allarme per l'attuale panorama storico.
Ottimo il cast ricco d'attori esperti capitanato da un Robin Williams di travolgente simpatia. Con lui, Christopher Walken, Laura Linney, Jeff Goldblum e Lewis Black.

Iteressante lo spunto ma deludente la realizzazione per una pellicola che decolla senza incertezze e mantiene un buon ritmo per tutta la fase pre-elettorale, con tanto di comizi stile concerto rock, per smorzarsi lentamente, fino a svanire, in una stucchevole storia d'amore a stelle e strisce della quale non si sarebbe sofferto la mancanza.