Per Valeria Golino il Festival di Cannes sa di Miele

Dopo l'approvazione della stampa italiana, l'attrice arriva sulla Croisette con la sua prima regia presentata all'interno di Un Certain Regard.

Il Festival di Cannes inizia a parlare italiano. A dettare questo piccolo cambiamento è la presentazione nella sezione Un Certain Regard di Miele, esordio alla regia di Valeria Golino. Il film, già distribuito da BIM nelle sale italiane dai primi di maggio, ora lancia la sfida anche al pubblico francese. Un confronto non facile soprattutto dal punto di vista etico, dato che il film apre la discussione intorno al suicidio assistito e ai così detti angeli della morte. Uno di questi è proprio Miele che, per scelta e convinzione, ha deciso di guidare verso una fine volontaria malati terminali decisi a mantenere una condizione dignitosa anche e soprattutto nella scelta della propria morte. Tutto questo, almeno, fino a quando incrocia la sua strada con un uomo che porta i segni di una malattia non fisica ma interiore. Un male che, pur non deperendolo nel corpo, logora profondamente la sua resistenza interiore. Ad accompagnare la regista sulla Croisette il cast al completo formato da Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Vinicio Marchioni e Libero De Rienzo.

Dopo essere stato accolto con interesse dalla critica e dal pubblico italiano Miele sta per essere presentato nella sezione Un Certain Regard. Quanta emozione c'è in questo esordio da regista sulla croisette?
Valeria Golino: Il nervosismo è alle stelle, ma sono contenta per quello che sta accadendo. Tra qualche mese, quando tutto si sarà calmato, realizzerò veramente quanto questa esperienza sia stata straordinaria. Per ora sono curiosa di vedere il film proiettato in una sala straniera. In modo particolare questa sala.

Nonostante lei sia conosciuta per il suo lavoro di attrice, in questo caso ha deciso di mettersi in gioco solamente come regista e di confrontarsi con dei grandi autori. Quanto coraggio c'è in questa scelta?
Valeria Golino: Non credo che il coraggio faccia parte delle mie decisioni, anche se mi fa piacere che mi venga attribuito. Non mi sento mai così quando mi trovo a dover fare una scelta piuttosto di un'altra. Per quanto riguarda questo film, molto semplicemente non volevo essere protagonista. Il personaggio era indubbiamente nelle mie corde, ma serviva una donna più giovane di me, con un background diverso. Senza dubbio qualche hanno fa avrei fatto di tutto per rubare la parte a Jasmine. Comunque, a parte gli scherzi, non avevo la curiosità di starmi dietro e di filmarmi. Nel desiderio di un altra persona mi piace essere attrice, ma come regista non riesco ad avere interesse per me stessa.

Come abbiamo detto, il film è già uscito nelle sale italiane. Quali sono le reazioni che l'hanno colpita di più?
Valeria Golino: Durante il tour di promozione mi sono accorta che il pubblico è molto più preparato a comprendere un'estetica e ad accogliere dei problemi etici. Non mi è sembrato bigotto o disabituato a pensare. L'impressione che noi abbiamo è sempre peggiore. Il fatto è che chi ci rappresenta, senza fare inutili polemiche, sembra stare un passo indietro rispetto alle persone comuni che sono più aperte, consapevoli e pensanti.

Signor Cecchi, lei non è un attore che non frequenta molto il cinema. Cosa l'ha spinta ad accettare questo progetto?
Carlo Cecchi: La sceneggiatura era molto bella, ben scritta e l'argomento era una sfida non banale. È vero, non lavoro molto al cinema, sono una specie di clandestino cui non è stato dato il permesso di soggiorno. Ma, a dire il vero, non ci tengo poi molto. Di Miele, comunque, mi ha colpito l'argomento e come come era stato scritto. Inoltre sono un grande ammiratore di Valeria, credo che sia una delle donne più belle che abbia conosciuto. Poi, per quanto riguarda la mia interpretazione, credo che ogni personaggio si riferisca ad un archetipo ben preciso. In questo caso si tratta di Amleto. Figura controversa che ho molto frequentato sul palcoscenico. Sarà per questo che, fronteggiandomi con le inquietudini del mio personaggio, mi sono trovato a maneggiare un materiale che conoscevo molto bene artisticamente. A facilitare il tutto, poi, c'è stato il rapporto splendido con una neo regista non spaventata ma ferma nelle proprie decisioni senza rinunciare alla sua naturale grazia femminile.
Valeria Golino: In realtà avevo molta paura di dirigere una persona per cui provo una reverenza assoluta. Quindi ho dovuto superare il mio innamoramento per lui cercando di dirigerlo. Da parte sua si è messo a mia disposizione senza problemi, nonostante abbia una certa naturale reticenza e tenda ad annoiarsi.

Jasmine, tu sembri essere la porta bandiera del cinema italiano ai festival internazionali. Basta pensare al Sundance con il film di Giorgio Diritti ed ora a Cannes con Miele...
Jasmine Trinca: Diciamo che quest'ultimo anno è stato particolarmente fortunato. Per me non è necessario fare film e non ho idea di cosa voglia dire far carriera. Più di ogni altra cosa ci dobbiamo rendere conto di dove si sta, dove si vuole andare e cosa fare con le proprie scelte. Con il film di Diritti e di Valeria credo di aver preso le cose migliori che mi potessero capitare in questo momento. Ed è limitante definirli solo come dei prodotti italiani visto che vengono compresi ed entrano in empatia anche con altre realtà.

Vinicio, come è stato essere diretto da una collega?
Vinicio Marchioni: Per essere al livello di Valeria devo mangiarne ancora di polvere. Quindi non credo di potermi definire un suo collega. Lei è un'attrice incredibilmente intelligente e questo ha fatto la differenza. Non c'è un singolo momento che lei non abbia discusso con noi per trovare la giusta temperatura delle scene.

Quanti ostacoli di credibilità deve affrontare un'attrice quando decide ci passare dietro la macchina da presa?
Valeria Golino: Molti, ma credo anche che sia naturale. Per quanto mi riguarda non credo che nessuno dei dubbi espressi nei miei confronti sia stato fatto con malevolenza. Anche amici carissimi, che solitamente credono nella mia intelligenza, hanno dimostrato poca fiducia nella possibilità del progetto. Certo, dopo hanno avuto anche l'onestà di ricredersi. Non dico che faccia piacere, ma tutti noi abbiamo dei pregiudizi.

Uno dei temi del film, oltre al suicidio assistito, sembra essere quello della solitudine. Quanto è sentito o ignorato dalla nostra società?
Carlo Cecchi: A dire il vero io sono un difensore della solitudine. Con questo non voglio dire che fuggo gli altri, ma ogni giorno ho bisogno di avere un paio d'ore tutte per me. D'altra parte la solitudine è terribile quando viene imposta per motivi sociali nei confronti dei poveri o degli svantaggiati. In questo caso si tratta di un vero e proprio rifiuto. Per quanto riguarda il mio personaggio, il suo problema è la noia. Non ha alcun interesse per nulla e si è stufato di questa condizione. Non vede una via d'uscita e quindi vuole farla finita. In fondo è uno stoico dei nostri tempi. Però, siccome gli ripugna un atto brutale, si rivolge a Miele, una pusher per suicidi assistiti.