Recensione Non è peccato - La quinceañera (2006)

Nessuna grande innovazione se non il merito di raccontare uno spicchio di verità con le parole semplici della strada.

Peccati originali

Si avvicinano i quindici anni di Magdalena e secondo la tradizione azteca tramandata ai nostri giorni, nella comunità messicana di Echo Park a Los Angeles, fervono i preparativi per la grande festa che segnerà il passaggio dalla vita di bambina a quella di donna.
I fatti la travolgeranno al punto che, miracolo o curiosità scientifica, diventerà donna a tutti gli effetti concependo un figlio e venendo per questo allontanata dalla famiglia. A condividere un destino tanto avverso, il cugino Carlos, gay dichiarato.
I ragazzi trovano conforto nello zio Thomas, uomo di mondo dal cuore d'oro ma, quando gli equilibri sembrano raggiunti, ecco nuove passioni a sconvolgere la vita dei tre, fino ad un tragico epilogo.

Commedia dolce-amara, questo godibile filmetto made in USA chiarisce sin dai primi fotogrammi i premi raccolti al Sundance 2006 come miglior film e premio del pubblico. Poche pretese, a partire dal casting, per diciotto giorni di riprese appena, iniziate con una stretta di mano al produttore esecutivo e terminate con danze e balli che hanno coinvolto tutto il cast non professionista.
Le case di Echo Park si sono aperte alla produzione e i suoi abitanti hanno elargito consigli sulla realizzazione del film, nella più ferrea osservanza delle tradizioni messicane. Su una base realistica tanto solida, due storie diverse ma uguali nello spunto di emarginazione, a risaltare come pietre grezze in una società ancora sorprendentemente arretrata.

Durissima la condanna alla comunità gay, yuppie e vendicativa come a quella cattolica praticante. Più moderna una, più conservatrice l'altra; entrambe pronte a giudicare e schiacciare chiunque decida di vivere alla luce del sole. Uno schiaffo all'ipocrisia, attraverso le vite sussurrate di due adolescenti difficili e ancora un po' bambini. Su tutti un grande vecchio, lo splendido Chalo Gonzalez, interprete caro a Peckinpah che domina lo schermo con alcuni intensi silenzi, illuminato dai mille cristalli della serra di zio Thomas.

Nessuna grande innovazione se non il merito di raccontare uno spicchio di verità con le parole semplici della strada. Ancora una volta il Messico conquista il cinema, come nel 2002 con Le donne vere hanno le curve della Cardoso che per ambientazione, temi e stile ricorda molto questa pellicola. Anche allora il Sundance ne fu conquistato.
Ancora conferme per il cinema messicano, affascinante ed inesauribile come già teorizzava il Festival del nuovo cinema di Pesaro nel 2004.