Pastorale cilentana: Mario Martone riscopre il richiamo della terra ad Expo

L'autore de Il giovane favoloso presenta a Locarno il suo corto bucolico ambientato in Cilento e realizzato su commissione per il Padiglione Zero di Expo.

I prodotti audiovisivi commissionati da Expo per i padiglioni italiani ci hanno regalato una bella sorpresa. Dopo il successo de Il giovane favoloso, Mario Martone è stato chiamato a realizzare un corto di diciannove minuti intitolato Pastorale cilentana, un inno alla vita campestre, ai valori e alle tradizioni del passato, un'opera al tempo stesso idilliaca ed estetizzante.

Pastorale cilentana: Mattia Oricchio insieme a un'altra giovane attrice
Pastorale cilentana: Mattia Oricchio insieme a un'altra giovane attrice

Su proposta dello stesso Martone, il cortometraggio è stato selezionato dal Festival di locarno che lo ha presentato in Piazza Grande, lo spazio ideale per un'opera concepita proprio per le grandi dimensioni. "Sono stato io a proporre il mio film al direttore Carlo Chatrian" ci spiega Martone "perché la mia opera è nata per essere proiettata in uno spazio di 45 metri. Le dimensioni erano una sfida perciò, per adattare il film allo spazio offerto dall'Expo, abbiamo girato con un mascherino, ma a Locarno il pubblico avrà la possibilità di godere del film nel suo formato cinematografico".

Mario martone presenta Pastorale cilentana a Locarno 2015
Mario martone presenta Pastorale cilentana a Locarno 2015

Mario Martone ci racconta come è nata la sua avventura a Expo. Avventura che, in un primo tempo, lo vedeva intenzionato a rinunciare per via dei suoi impegni teatrali. "Palomar ha vinto la gara per la realizzazione del corto nel Padiglione Zero di Expo, così il produttore de Il giovane favoloso Carlo Degli Esposti mi ha chiamato per dirigere il film. Io ero impegnato a teatro perciò ho detto subito di no, ma Ippolita Di Majo, la mia sceneggiatrice, ha avuto l'intuizione giusta suggerendo di girare il corto in Cilento, territorio che io conosco molto bene fin da piccolo e che ho esplorato in lungo e largo durante lo scouting location per Noi credevamo. Il film è concepito come la giornata di un bambino pastore. Lo avevamo pensato come un prodotto che i visitatori di Expo vedono passando mentre percorrono il padiglione, ma con nostro gran stupore ora si siedono in terra per vedere il film dall'inizio alla fine".

Cilento, terra di resistenza

Pastorale cilentana: Mattia Oricchio conduce le capre al pascolo
Pastorale cilentana: Mattia Oricchio conduce le capre al pascolo

La location prescelta da Martone e dalla moglie e collaboratrice Ippolita Di Majo non si discosta dalla natia Campania. "Con il Cilento eravamo avvantaggiati perché avevamo studiato centimetro per centimetro un'area piuttosto ampia durante i sopralluoghi di Noi credevamo perciò non correvamo il rischio di ottenere un 'effetto cartolina'. Il Cilento è un paese che conserva un'aria arcaica, primordiale, inoltre ha un paesaggio molto vario. Al suo interno si trovano la montagna, il fiume, il mare, le colline. Ci sembrava un posto che potesse parlare della terra, del suo utilizzo, ma non dello sfruttamento selvaggio". Se Mario Martone ha schivato l'effetto cartolina, è vero che il Cilento medievale percorso in lungo e in largo dal piccolo protagonista offre una visione ideale, idilliaca di una terra profondamente ferita quale è la Campania. Mario Martone, però, mette le mani avanti. "Anche all'interno della Campania il Cilento si distingue. Non è un territorio devastato dalla camorra, sa vivere di ciò che ha, non è una regione povera. Anche per questa ragione fece molta impressione l'omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Fatto questo che testimonia la volontà dei cilentani di resistere alle infiltrazioni. E' un esempio economico anomalo, perché le terre abbandonate sono state rimesse a coltivazione e oggi hanno stretto una rete di rapporti con Slow Food".

Un Medioevo idilliaco

Pastorale cilentana: due donne lavorano in casa
Pastorale cilentana: due donne lavorano in casa

Pastorale cilentana, lavoro su commissione, presentava fin dall'inizio dei paletti ben precisi sul tema da trattare. "C'era dall'inizio l'idea di uno sguardo alla terra, di un focus sul rapporto tra uomo e natura, e c'era la presenza di un bambino. E' stata Ippolita ad avere l'idea di raccontare la giornata di un piccolo pastore. Il piccolo protagonista, Mattia Oricchio, ha un vero rapporto con la terra e gli animali. Dovevamo finire le riprese in tempo perché lui dopo le riprese voleva tornare a dar da mangiare alle caprette. La vita vera ha invaso lo schermo e siamo stati fortunati a trovarlo perché sarebbe stato complicato insegnare a un bambino a mungere e guidare le capre in un tempo così ristretto". Anche la scelta di ambientare Pastorale cilentana in un Medioevo sospeso è legata al background di Ippolita Di Majo, storica dell'arte medievale. "Abbamo scelto il Medioevo perché le tecniche agricole erano molto avanzate, ma al tempo stesso lo sfruttamento della terra era agli albori. Le risorse naturali e gli animali vengono usati con un rapporto di reciprocità e non di sfruttamento totale e selvaggio. Per ricreare il nostro Medioevo abbiamo utilizzato fonti storiche e documenti scientifici, ma al tempo stesso volevo un rapporto lieve con la storicizzazione. Per quanto riguarda l'assenza di musiche, ho scelto di dar voce alla terra, perché tutto nasce da lì, per questa ragione ho scelto di usare solo i rumori della natura".

Uno sguardo fiducioso sul cinema italiano

Pastorale cilentana: una scena del film in interni
Pastorale cilentana: una scena del film in interni

Senza prendere la definizione in modo troppo stringente, il filo sottile che lega Noi credevamo, Il giovane favoloso e Pastorale cilentana farebbe propendere per una trilogia che scandaglia il rapporto tra uomo, storia e natura e il corto locarnese rappresenterebbe la chiusura ideale del cerchio. Martone non confuta questa lettura critica, anzi conferma che "questo è un lavoro gemmato sul percorso dei miei film precedenti. Leopardi canta del pastore errante e qui raccontiamo un giovane pastore. Noi credevamo è un film molto lungo, Pastorale cilentana, pur essendo un corto, ha delle inquadrature molto lunghe. Ci sono rimandi di vario genere tra i miei lavori. Non mi piace porre vincoli al mio cinema. Io mi sono formato alla fine degli anni '70. Il mio riferimento era l'avanguardia quindi ho sempre amato tutto ciò che sconfinava, che non era chiuso dentro le regole del mercato. Oggi il cinema si sta rimettendo in gioco. C'è una produzione italiana molto vitale e molto varia che va dai film ai documentari. Ci sono molti attori che hanno scelto di dirigere come Kim Rossi Stuart e Valeria Golino. I loro sono film molto speciali perché gli attori hanno la possibilità di guardare le cose da un punto di vista meno costrittivo rispetto ai registi. C'è lo scambio con il teatro e con le altre arti e poi c'è il boom delle serie dove il cinema entra nella tv, la modifica e si reimpone come cinema".

In questa vivacità, quale sarà il prossimo lavoro di Mario Martone? "Ho ricominciato a scrivere, anche se al momento sono impegnato con numerose produzioni teatrali. L'immersione nel nuovo lavoro sarà come le precedenti, ma se Noi credevamo e Il giovane favoloso erano lunghi viaggi questa potrebbe essere una passeggiata".